**** Neruda di Pablo Larrain, con Luis Gnecco, Gael Garcia Bernal, Alfredo Castro, Mercedes Moran (Cile 2015)
Con quattro film di grande qualità nell’arco di tre anni (No, El club, Neruda e Jackie) Pablo Larrain è ormai uno dei più importanti oltre che prolifici cineasti contemporanei. Girata poco prima di Jackie, questa pseudo-biografia del celebre poeta e politico cileno rappresenta il suo primo capolavoro.
Perché pseudo-biografia? Perché questa definizione riassume da sola l’incredibile originalità del film, che ha poco a che fare con i tanti biopic in circolazione. Il film è il risultato di una sorta di work in progress sulla traccia di fatti reali destinati a essere progressivamente elaborati. Un itinerario fisico effettivamente vissuto da una figura che conserva un carisma inestinguibile in Cile. Il tragitto si fa però sempre più interiore: inventato, certo, ma infinitamente più prezioso, oltre che coinvolgente.
Il film si concentra sui pochi mesi dell’esistenza di un grande della letteratura e della politica dedito alla sopravvivenza della democrazia nel proprio Paese. Nel Cile del 1948 il governo di Videla condanna il comunismo alla clandestinità e ordina l’arresto del poeta, dopo averlo destituito dalla carica di senatore. D’intesa con il partito, Neruda rinuncia al mito della propria presenza tutelare fra i manifestanti delle strade di Santiago e sceglie l’esilio: attraverso le Ande raggiungerà Parigi.
Ma il film è interessante soprattutto per la sceneggiatura geniale, che permette alla regia, al montaggio e alle musiche di Pablo Larrain di abbandonarsi a continue, splendide invenzioni, in una dimensione sempre più fantastica. Già la descrizione del Neruda iniziale, letteralmente incarnato da uno straordinario Luis Gnecco, è lungi dall’essere agiografica. C’è la grande nobiltà dei versi declamati che si contrappone allo scrittore, descritto in modo giocoso, a volte irrispettoso: un libertino dal fisico sfatto, frequentatore di bordelli, commediante impenitente.
Poi, la svolta: la voce narrante infatti appartiene all’altro «eroe» del film, Oscar Peluchonneau, l’ispettore di polizia che dà la caccia a Neruda. Personaggio impossibile più che spregevole (che Gael Garcia Bernal interpreta alla meraviglia), in preda a una crescente identificazione con l’illustre preda. La presunta vittima e il carnefice si confondono in una fascinazione che da poliziesca si fa farsesca, e infine estetica. Trasfigurata nella luce delle Ande, la presenza abbagliante dello sfondo confonde definitivamente la realtà della storia con il sogno dell’utopia. In un gioco sempre più astratto l’arte di filmare di Larrain si avvicina in modo memorabile all’immaginario squisitamente letterario del futuro premio Nobel.