Josef Weiss, tipografo, grafico, editore, è scomparso improvvisamente lo scorso 5 agosto a 76 anni. Era nato a Romanshorn, nel canton Turgovia il 4.11.44. Dopo aver frequentato la Schule für Gestaltung come rilegatore e grafico si era formato in Botteghe d’arte prestigiose in varie località d’Europa. Nell’81 era giunto in Ticino e aveva fondato l’Atelier Josef Weiss: Laboratorio di rilegatura, grafica e letterpress printing. Nel 1989 aveva collocato il suo laboratorio nel centro storico di Mendrisio, dove un’affascinante vetrina incuriosiva i passanti.
Qui, con il prezioso contributo della moglie Giuliana Weiss, creatrice di artistiche carte marmorizzate, produceva libri d’artista, opere su carta, rilegature con antiche tecniche artigianali, qui aveva anche fondato una collana cui hanno partecipato poeti, scrittori, artisti e architetti contemporanei. Sarebbe troppo lungo l’elenco dei luoghi prestigiosi in cui Josef Weiss veniva invitato ad esporre e dove sono collocate le sue opere, e stupirebbero i nomi dei personaggi di fama mondiale che gli hanno commissionato restauri di opere antiche.
Nel 2012 il documentario Il libro deve morire per nascere a nuova vita, centrato sulla sua opera, era stato presentato al 66esimo festival di Locarno, mentre nel 2016 era stata la volta del film, con Alberto Casiraghi, dal titolo Il fiume ha sempre ragione del regista Silvio Soldini, sempre sulla sua opera. Il suo rammarico, aveva detto, era che i giovani non mostrassero interesse a proseguire un lavoro come il suo.
Nella nostra era digitale il libro ha perso per sempre la sua aura, entrando nell’uso comune come un qualsiasi oggetto di mercato. Josef Weiss si sforzava di riesumarne il valore perduto, la sacralità di un oggetto che i secoli ci hanno consegnato. Era fra i pochi, ma per fortuna ancora ben presenti, custodi del nostro passato: curava e sceglieva con attenzione i libri di cui era editore, tipografo e impaginatore, li concepiva come pezzi d’arte, ricongiungendoci così all’antica tradizione dell’arte del libro.
Poiché la stampa è sempre a specchio, come un tempo facevano i tipografi, Weiss stampava i suoi testi con i caratteri mobili, ossia con lettere di piombo rovesciate, assemblate, legate assieme, in seguito inchiostrate con la carta stesa sopra cui passava una macchina meccanica avviata manualmente, oggi fornita di motore. Con questo procedimento la stampa penetra veramente la carta e può conservarsi per secoli.
Evidentemente tutto questo non si verifica con la tipografia elettronica. Weiss possedeva un grande assortimento di tali caratteri contrassegnati ognuno da un nome che risaliva al suo creatore, come ad esempio Garamond o Bodoni. Una volta stampato, arricchito con interventi originali di artisti, il libro veniva rilegato con magistrali tecniche artigianali che proteggevano la carta dall’invasione e dal cedimento delle colle.
A guidarlo in ogni momento era l’amore per ciò che produceva.
Quel grande amore per la parola scritta
È scomparso il tipografo, rilegatore ed editore Josef Weiss
/ 24.08.2020
di Eliana Bernasconi
di Eliana Bernasconi