Bibliografia
Jonas Marti, Lugano, la bella sconosciuta. Una città inaspettata e curiosa, Fontana Edizioni, 2021, pp. 358


Quel che resta, a Lugano

Il giornalista Jonas Marti ha dato alle stampe un’imperdibile guida che invita alla scoperta della città sul Ceresio
/ 05.07.2021
di Manuel Rossello

Per una fortuita quanto felice coincidenza, due recenti iniziative permettono di approfondire la conoscenza di Lugano in molti dei suoi aspetti più interessanti. La prima riguarda la posa, davanti agli edifici più significativi della città, di cinquantacinque pannelli o «totem» storico-culturali. I testi, molto accurati, sono a cura dell’Archivio storico e rappresentano un invito a esplorare il patrimonio architettonico apprezzandone appieno le peculiarità. La seconda (ed è su quest’ultima che vogliamo soffermarci) è un sorprendente volume di Jonas Marti (Lugano, la bella sconosciuta. Una città inaspettata e curiosa), che con piglio agile ma senza mai rinunciare alla completezza delle informazioni, guida il lettore in un affascinante tour alla scoperta di innumerevoli luoghi, edifici, monumenti, episodi, personaggi, aneddoti e storie curiose, dal passato più lontano della città fino agli anni recenti. Un piacevolissimo viaggio che in quasi duecento voci da Piazza Riforma (che nel Settecento si chiamava Piazza Grande) si spinge fino ai 1541 metri del passo di San Lucio.

L’acribia indagatrice dell’autore è tale che anche per coloro che come il sottoscritto sono nati e cresciuti a Lugano, le sorprese non sono poche. Quante volte, per esempio, si è passati lungo la murata di Via Zurigo senza notare che lì incastonata c’è ancora l’entrata del comando della protezione antiaerea durante la Seconda guerra mondiale? Oppure quanti sanno (io lo ignoravo) che al primo piano del bar Argentino si trovava la cosiddetta «Sala Nera», covo dei fascisti luganesi durante il Ventennio? O che fino al 1861 Capo San Martino faceva parte dell’enclave di Campione?

In questa foresta pur così lussureggiante di informazioni (credo che il volume non sarebbe dispiaciuto a Mario Agliati), l’autore ha dovuto operare una selezione ed è perciò gioco facile, per chi legge (un gioco che potrebbe essere praticato anche online) aggiungere qualche personale chicca. Per quel che mi riguarda non riesco a trattenermi dal segnalare due «oggetti» forse degni di nota. Il primo è architettonico ed è la graziosa torretta che sormonta l’edificio del liceo e che un tempo ospitava un piccolo osservatorio astronomico: un fantastico belvedere sulla città e sul lago, per chi riesca ad accedervi. Il secondo è di ordine botanico e vuole segnalare il più bell’esemplare di corbezzolo di tutta Lugano, che si trova nel parco dell’ex municipio di Castagnola.

Non si può tuttavia nascondere che leggendo questa ricchissima rassegna delle superstiti bellezze luganesi, cali un velo di malinconia per gli altrettanti, ne non più, segni della Lugano di un tempo che per qualche motivo non esistono più o che sono stati sacrificati sotto il rullo compressore dell’edilizia di speculazione, il vero cancro della nostra città (con beffarda ironia, in molti casi la furia cementificatrice che ha sostituito tante dimore ottocentesche con anonime palazzine ha risparmiato i cancelli in ferro battuto, spesso splendidi).

Tra le molte bellezze grandi e piccole di Lugano che questo volume elenca manca infatti, necessariamente, la gemma più preziosa, che le è stata sottratta nel 1992: la collezione Thyssen-Bornemisza, ossia la più importante raccolta privata al mondo di pittura rinascimentale. Tra le trecento tele esposte nella grande villa sul lago figuravano opere di Antonello da Messina, Caravaggio, Dürer, El Greco, Tiziano, Il Ghirlandaio, Giovanni Bellini, Paolo Uccello... Con una mobilitazione dei settori economici non sarebbe stato impossibile trattenerla a Lugano, se solo fossero stati presenti la consapevolezza del suo valore e la volontà di agire. Chi fu il sostanziale responsabile di questa catastrofe culturale non ha invece subito alcuna conseguenza per l’atto scellerato; anzi, ancor oggi si esibisce in narcisistici, senili sermoni con cui impartire lezioncine di buongoverno.

Il fatto che il Lido sia un oggetto tutelato non ha per esempio impedito che venissero sciaguratamente eliminate le incantevoli docce a forma di tempietto greco (se ne veda l’immagine a p. 203 del volume). Si sono invece salvate due delle tre colonne Morris che abbellivano viale Castagnola e che ancora oggi gli danno un tocco parigino. E che dire della distruzione delle antiche stalle di villa Ciani, nel 1976, per far posto al Palazzo dei Congressi, con il suo banale stile internazionale? O ancora, molti ricorderanno la graziosa edicola ottagonale verde che da sempre faceva bella mostra di sé accanto al busto di George Washington in Riva Caccia...

Per il capitolo «prossime distruzioni» segnalo due gioielli assoluti a Besso: la villa liberty di via Coremmo e la casa realizzata in un eccentrico e fiabesco stile d’inizio Novecento in via Borromini. Possibile che nessuno si faccia sentire per salvarle?

Ma smettiamola, altrimenti questa recensione diventa una geremiade, e tributiamo un plauso a Jonas Marti, che con il suo intelligente lavoro di scavo ci ha regalato un baedecker indispensabile per ogni luganese curioso e culturalmente avvertito. Un volume che ha scalato fulmineamente la classifica dei libri più venduti e che non finirà nel dimenticatoio, come invece accade a molte episodiche pubblicazioni dedicate alla nostra città.