Quanto costa la libertà? /2

Quando la Svizzera accolse i «figli dei traditori» del 20 luglio 1944
/ 23.11.2020
di Simona Sala

L’iniziativa «Buchenwald-Kinder» (di cui parliamo nell'articolo Quanto costa la libertà) non fu isolata. Nel 1947 il pediatra e colonnello bernese Albert von Erlach, medico della Croce Rossa Internazionale per la quale era delegato alle visite dei prigionieri inglesi nei lager nazisti, invitò in Svizzera i «bambini di Bad Sachsa». Fra questi vi era il professor Friedrich-Wilhelm von Hase, figlio del generale Paul von Hase, imparentato con il pastore Dieter Bonhoeffer e giustiziato per avere partecipato all’Operazione Valchiria del 20 luglio 1944. Dopo la guerra von Hase trascorse lunghi periodi in Svizzera, ospitato dalla famiglia von Erlach di Muri.

Prof. von Hase, la Svizzera ospitò anche i figli dei «traditori» che parteciparono all’Operazione Valchiria. Cosa ricorda di quel periodo?
All’epoca dell’attentato avevo sette anni e abitavo da amici in campagna, dove ero stato mandato dopo l’inizio dei bombardamenti nel 42. L’appartamento di famiglia si trovava nel cuore di Berlino, al prestigioso indirizzo di Unter den Linden 1, lo stesso della Stadtkommandatur (il comando centrale, Ndt). Al primo piano c’erano il nostro appartamento e gli uffici di mio padre, che rivestiva anche funzioni diplomatiche nei confronti degli Alleati e aveva contatti con gli attaché militari, davanti a casa nostra, un imponente palazzo dell’Ottocento, passavano le parate militari.

Suo padre, pur lavorando per il regime, era contrario a Hitler…
Mio padre era nemico di Hitler. Nel 1938 avrebbe partecipato anche al piano Witzleben-Halder, che saltò con l’incontro di Monaco tra Mussolini, Hitler, Chamberlain e Daladier, dove si scongiurò temporaneamente la guerra. Dopo l’attentato organizzato dal colonnello Stauffenberg, la Gestapo istituì una commissione che in poco tempo scoprì tutti i collegamenti; si decise di punire le famiglie degli attentatori attraverso la Sippenhaftung (il sequestro della stirpe, Ndt). Gli adulti furono mandati nei lager o in prigione, noi bambini fummo portati a Bad Sachsa. Eravamo in 46, di un’età compresa da pochi mesi a 15 anni. Ci diedero nuovi nomi nella speranza che avremmo dimenticato le nostre origini. Forse volevano affidarci a brave famiglie SS affinché crescessimo secondo l’ideologia nazista.

In casa percepiva scetticismo verso Hitler?
In casa eravamo consapevoli che mio padre non lo sopportava, ma non se ne parlava: si stava in guardia perché le spie erano ovunque. Il suo pensiero lo si evince leggendo Resistenza e resa, una raccolta di lettere di Dieter Bonhoeffer, che mio padre ebbe modo di visitare in carcere.

Come furono trattati in Germania i figli degli attentatori?
Il 20 luglio del 1957 fu una data cruciale per la percezione della Seconda guerra mondiale grazie al discorso del presidente Theodor Heuss. Con l’elaborazione storica la percezione dei fatti del 20 luglio è cambiata radicalmente. Ma dobbiamo continuare a lottare per quest’eredità.

Ha ricordi di Bad Sachsa?
Me ne sono rimasti pochi, sono come spezzoni di film. Dieci anni or sono a Bad Sachsa ci fu un convegno cui partecipò anche la sindaca, psicologa, e in quell’occasione emersero molti traumi. La pubblicazione di Hitlers Rache (SCM Hännsler, 2014) o di un mio discorso sul tema delle persecuzioni subite nei primi anni del dopoguerra, negli atti del convegno di Dresda del 2019, intitolati Für Freiheit, Recht, Zivilcourage. Der 20. Juli 1944 (be.bra wissenschaft Verlag, Berlin 2020) mi ha aiutato tanto.

Cosa ricorda del suo arrivo in Svizzera?
Finii dai parenti di Albert von Erlach a Muri, vicino a Berna. Avevo dieci anni, ero intimorito, senza più una vita familiare. La Svizzera per me era come un paradiso: tutto era intatto e disponibile, anche se si parlava un tedesco incomprensibile! Fui trattato come un figlio, e il colonnello brigadiere Hans Ulrich von Erlach per me è stato un vicepadre. Oggi siamo come parenti. Non ho mai dimenticato cosa ha fatto la Svizzera per me.

Colonnello von Erlach, come si arrivò a ospitare i bambini di Bad Sachsa in Svizzera?
L’operazione era stata avviata da mio zio Albert von Erlach, che aveva contatti a Berlino e conosceva le condizioni delle famiglie degli attentatori: non avevano diritto ad alcuna pensione e il cibo scarseggiava. Piazzò molti bambini, alcuni in famiglia e altri nell’istituto «Maiezyt» di Habkern, vicino a Interlaken.

Ricorda il primo incontro con F.-W. von Hase?
Quando «Friewi» venne per la prima volta a casa nostra nel 1947, avevo cinque anni. Ero impressionato perché sapevo dai miei genitori che suo padre era stato nella resistenza e che era stato impiccato. Un bambino che aveva perso il padre in quel modo, a casa nostra!

Come era visto il fatto che questo piccolo tedesco venisse in vacanza da voi?
Non è mai stato un argomento di discussione, né con i vicini né con gli amici di famiglia. Per un certo periodo Friewi frequentò perfino la mia scuola a Muri. Mia nonna era tedesca, per cui in casa non ci sono mai stati pregiudizi. Abbiamo sempre ospitato studenti stranieri, tra cui anche Gerritt, il figlio della sorella di Friewi, che nel frattempo è diventato svizzero. Per me Friewi è un fratello.