Una donna, una femminista e una persona politicamente impegnata. Ecco in poche ma significative parole come si descrive l’internazionalissima regista svizzera Petra Volpe, la mente (e l’occhio) che si nasconde dietro il potente Die Göttliche Ordnung («L’ordine divino», ndr), film sostenuto dal Percento culturale Migros. Con quella risolutezza ed allo stesso tempo quella leggerezza che la contraddistinguono, Petra Volpe sforna un film che ha le sembianze di una bomba impacchettata con della carta regalo, la cui onda d’urto si espande fin oltre oceano, dove Die Göttliche Ordnung si è aggiudicato il prestigioso Nora Ephron Prize al Tribeca Film Festival.
Difficile definire il femminismo al giorno d’oggi. Il termine si dirama in così tante direzioni e «scuole di pensiero» più o meno dogmatiche, da sembrare a volte quasi un concetto astruso, disdegnato da una maggioranza ben contenta di soffocarlo. Eppure Petra Volpe con il suo Die Göttliche Ordnung realizza senz’altro un’opera femminista. Senza voler diventare il manifesto di un movimento, l’ultimo film della regista newyorchese d’adozione, ci sussurra con determinazione e catartico umorismo una verità che non dovrebbe mai essere data per scontata, o peggio dimenticata: anche le donne hanno il diritto alla libertà, il diritto a sbagliarsi, a inciampare, a rialzarsi e correre a perdifiato. Sempre e ovunque. Una verità che a distanza di quasi cinquant’anni rispetto alla storia raccontata in Die Göttliche Ordnung non è di certo universalmente accettata.
Con il suo ultimo film, Petra Volpe continua a parlarci di donne, delle loro piccole grandi lotte, del loro coraggio di esistere rivendicando la propria individualità. Questa volta è su un fatto decisamente poco lodevole che Petra Volpe basa la sua storia: il diritto di voto alle donne svizzere, diventato effettivo solamente nel 1971! Un segreto ben custodito fra le pareti rocciose di un paese insospettabile. Petra Volpe, come una bambina curiosa di scoprire cosa si nasconde nel ventre di una piñata multicolore, colpisce senza tregua il suo animale di carta fino a distruggerlo facendone fuoriuscire un mare di caramelle dal gusto agrodolce.
La storia raccontata in Die Göttliche Ordnung è quella di un gruppo di donne comuni, capitanate dall’apparentemente docile Nora – interpretata dall’incredibile Marie Leuenberger, miglior attrice al Premio del cinema svizzero e miglior interpretazione femminile al Tribeca – che nella campagna che attornia Zurigo (ma non solo) hanno avuto il coraggio di lottare per rivendicare il diritto di voto. Un gruppo di donne al di là di ogni sospetto che ha saputo trasformare piccole ma significative rivendicazioni domestiche (chiedere ai figli sbigottiti di sbarazzare la tavola, per non citare che un esempio) in rivendicazioni ben più grandi. Un’euforia sempre più incontenibile, un impeto rivoluzionario che nasce dal profondo e aleggia fra le montagne svizzere, custodi di un «ordine divino» sempre più antiquato. Senza volerci dare una lezione di storia, Petra Volpe rende omaggio a tutte quelle donne che, dall’ombra del loro anonimato hanno saputo, insieme, fare la differenza. Donne che quasi loro malgrado sono state capaci di rielaborare il proprio vocabolario gestuale: non più timido e limitato ma infine libero, in costante mutamento.
A spingere l’insospettabile Nora a ribellarsi contro l’immagine polverosa di moglie e madre veicolata dai discorsi dei suoi compaesani (uomini e donne!) aggrappati in modo quasi tragicomico a un ordine immutabile perché divinamento concepito, è stata la famosa goccia che fa traboccare il vaso: nel suo caso il rifiuto del marito di permetterle di riprendere il lavoro, nonché l’allontanamento di una nipote «ribelle», spedita in un cosiddetto istituto di riabilitazione. Come una pentola a pressione alla quale tolgono improvvisamente il coperchio, Nora esplode ma lo fa con un ritegno tutto svizzero che la rende straordinariamente toccante.
Die Göttliche Ordnung è un piccolo capolavoro d’equilibrio: quello fra dramma e commedia, temi cupi e inaspettata gioia di vivere. Petra Volpe fa uso della sua grande capacità di essere autoironica e di restare distaccata, allo stesso tempo però riesce paradossalmente a mostrarsi empatica. Un’attitudine che nasce, forse, dai lunghi anni passati all’estero (Germania, Polonia, Finlandia e infine Stati Uniti dove tutt’ora risiede) che le hanno permesso di osservare la sua terra natale da una necessaria distanza di sicurezza. Quella che forse all’inizio era rabbia verso le ingiustizie si è gradualmente trasformata nell’acuta e tenera osservazione di un mondo al quale appartiene senza davvero volerlo. Come affermato dalla regista stessa, una delle più grandi sfide del film è stata proprio quella di bilanciare humour e dramma. Avvicinarsi alla storia con spiccato senso dell’umorismo (memorabile la scena in cui Nora e le sue compagne frequentano un workshop a Zurigo diretto da una sorta di santona hippie che fa scoprire loro le esaltanti gioie dell’essere donna) per mettere i cuori degli spettatori in condizione di affrontare aspetti più dolorosi della storia. Una sorta di riscaldamento che rende in qualche modo il dolore più sopportabile (ma non per questo meno intenso). Lo scopo di Die Göttliche Ordnung, se di scopo si può parlare, non è tanto quello di fare un processo a quanti del voto alle donne non volevano proprio sentire parlare, quanto quello di rendere omaggio a tutte le donne che hanno rischiato tutto pur di fare cambiare idea alla società.
Invece di imporre una verità che oggi salta agli occhi come un’evidenza (la possibilità delle donne di votare), Petra Volpe decide di giocare la carta del ridicolo, mettendo davanti agli occhi di despoti e potenti uno specchio che riflette l’assurdità grottesca delle loro rivendicazioni, necessarie a mantenere un ordine estremamente comodo per alcuni e umiliante per altri(e). Attraverso l’umorismo, la risata catartica, la regista sbeffeggia quanti ancora si aggrappano a un’ineguaglianza che non può che reggersi sull’assurdità.
Die Göttliche Ordnung relega in un angolo quanti brandiscono l’ingiustizia come arma, per mettere sotto i riflettori tutte le donne (ma non solo) costrette a rimanere nell’ombra. Un rovesciamento dei ruoli che si rivela assai affascinante.
Die Göttliche Ordnung racchiude in sé il fresco e gioioso coraggio delle sue eroine, un coraggio che accompagna lo spettatore anche fuori della sala cinematografica.