Bibliografia
Juli Zeh, Cuori vuoti, traduzione di Madeira Giacci, Fazi editore, p. 270, € 18,50


Quando nel cuore non c’è nulla

Nel nuovo romanzo di Juli Zehun mondo ancor più distopico di quelloche stiamo vivendo
/ 15.02.2021
di Luigi Forte

Che ne sarà politicamente della Germania dopo l’uscita di scena di An-gela Merkel? A raccontarcelo ci prova Juli Zeh nel suo ultimo romanzo Cuori vuoti tradotto per Fazi da Madeira Giacci con un balzo nel futuro e una buona dose di suspence. Con l’aria che tira un po’ dovunque in Europa, fra populismi di vario genere e destre baldanzose, la nascita di un «Movimento dei cittadini preoccupati» (BBB suona l’acronimo tedesco) pronto a smantellare uno dopo l’altro i diritti democratici sotto la guida della nuova cancelliera Regula Freyer, getta molte ombre sul futuro del paese.  Eppure la gente sta bene, forse meglio di prima; vive con la testa sotto la sabbia e pensa «che la morale sia un dovere per i deboli, i forti detengono la cura». Situazioni e frasi che proiettano il lettore sulla scena tedesca del 2025 in un thriller politico che richiama le distopie di Orwell e, più recentemente, del francese Michel Houllebecq con il romanzo Sottomissione (Bompiani, 2015) e dell’algerino Boua-lem Sansal con 2084. La fine del mondo (Neri Pozza 2016), dove un terribile regime totalitario controlla pensieri e azioni di ogni singolo cittadino.

La giurista e scrittrice Juli Zeh, nata a Bonn nel 1974, una delle figure più significative della narrativa tedesca di questi anni, usa da sempre il genere noir – come in Un semplice caso crudele – per riflettere su grandi temi come libero arbitrio e responsabilità individuale, giustizia e morale, aprendo non di rado drammatici spiragli sui disastri della storia e le contraddizioni del mondo. Altrove, come in Corpus delicti, una sorta di legal thriller alla maniera di Carofiglio, evoca un regime salutista, uno Stato in cui tabacco e alcol sono tabù, e dove la gente vive in case predisposte contro i microbi. Una vita all’insegna della sicurezza e dell’igiene, apparentemente sana e felice, senza rischi ma anche senza libertà.

Nel mondo di Cuori vuoti regna invece una sorta di indifferenza, forse anche di cinica strategia, se si pensa all’attività professionale della protagonista Britta e del suo collega iracheno Babek, conosciuto casualmente dodici anni prima su un ponte della ferrovia urbana di Lipsia mentre stava forse per mettere fine alla propria vita. Allora era un giovane gay in rotta con la propria famiglia, solitario e poco socievole, e con una sfrenata passione per la tecnologia e l’informatica. Ne approfitta Britta che lo coinvolge in un originale progetto: un servizio di prevenzione suicidi con uno studio a Braunschweig che Babak decide di chiamare il Ponte. Si dividono i compiti: lui sviluppa un algoritmo che riesce a pescare dalla rete gli individui più a rischio, mentre Britta mette a punto una serie di test psicologici e comportamentali per misurare scientificamente la determinazione dei soggetti che vengono inseriti in un programma che prevede dodici fasi. Già a metà strada la maggior parte dei candidati abbandona l’idea del suicidio e torna con coraggio alla vita. I pochi che proseguono sono merce preziosa e redditizia da proporre come attentatori suicidi a organizzazioni internazionali: l’ISIS, ad esempio, o il PKK e l’ecologista Green Power che ritiene che il pianeta sarebbe migliore senza esseri umani. Una strategia che Babek difende con una buona dose di cinismo: «Noi ci limitiamo a fare da intermediari – asserisce –. Siamo fornitori di servizi, non terroristi». Del resto sia lui che Britta ritengono che il Ponte abbia messo fine all’anarchismo terrorista, creando i presupposti per un equilibrio tra le forze, «un bilanciamento fra caos e ordine, tra pulizia e sporcizia». Ottimi propositi e splendidi guadagni. Ma qualcosa sembra andare storto, quando arriva la notizia di un attacco terroristico all’aeroporto di Lipsia sventato all’ultimo minuto. Uno degli attentatori è morto, l’altro è stato catturato. Com’è possibile, se il settore è del tutto sotto il controllo dei nostri due anomali imprenditori all’oscuro di tale iniziativa? Forse c’è qualche altra organizzazione che fa loro concorrenza?

Sullo sfondo di una società sempre più manipolabile grazie alle nuove tecnologie comunicative e magari disposta a svendere la propria libertà in cambio di un’apparente sicurezza e di un certo benessere, Juli Zeh trasforma una riflessione politica in un vero e proprio giallo. Ancora una volta riesce a coinvolgere il lettore in un plot che va ben oltre i colpi di scena, perché – futuro a parte – il suo scopo ultimo è riflettere sulle contraddizioni del presente.

Quello di Britta scorre alla perfezione fra la sua apparente attività di analista e la vita familiare, l’affetto per il marito Richard e la figlioletta Vera e gli amici Knut e Janina con la loro bambina Cora. Si ritrovano spesso insieme a festeggiare, ma Britta, specie dopo gli ultimi eventi, sembra sempre più aliena, bloccata in un ruolo professionale che annebbia la sua coscienza in bilico fra terapia e iniziazione al suicidio. Forse in questo ruolo e nell’attività stessa del Ponte la scrittrice proietta quell’indifferenza umana che a livello sociale rende sempre più fragile una democrazia.

Certo gli eventi incalzano e nuove figure si affacciano sulla scena. Come la bella e affascinante Julietta che crea nuove dinamiche all’interno del Ponte. E soprattutto il misterioso e ricco Guido Hatz che vorrebbe investire molto denaro nella ditta di Richard, ma in realtà intende mettere il naso negli affari di Britta. Ne segue i movimenti a più riprese fino a scoprire il luogo dove lei, Babek e la giovane Julietta si sono rifugiati temendo di essere inseguiti da una sedicente organizzazione rivale, gli Empty Hearts, i cuori vuoti, come suona il testo di una canzone della stessa Zeh, da lei attribuito alla giovane cantante del 2025 Molly Richter. Parole che in questo inquietante psicothriller, in cui anche il destino di Julietta sarà sacrificato invano, rimandano a una generazione che nel proprio cuore non racchiude né fede né idee o convinzioni. Britta, che prosegue per la sua strada come un automa, ne ha alcune, che non portano però da nessuna parte se non in un futuro senza speranza.

Juli Zeh ci ricorda ancora una volta, in una tesa e serrata narrazione, quanto fragile sia la democrazia e sempre più scarsa l’attenzione verso i veri, profondi valori della convivenza umana. Mentre sullo sfondo risuonano incalzanti e provocatori gli interrogativi della sua canzone: «Che cosa hai fatto allorché tutto questo succedeva? Sei fuggito o sei rimasto?».