Dove e quando

Public Arp. Jean Arp. Arte e architettura in dialogo. Fondazione Marguerite Arp, Locarno-Solduno. Orari: do 14.00-18-00. Fino all’8 novembre 2020. fondazionearp.ch

Jean Arp, Constellation, 1958-1959 (Fondazione Marguerite Arp, Locarno, foto R. Pellegrini)


Public Arp

Le opere pubbliche fanno oggi parte della quotidianità: le troviamo nelle università, nelle stazioni, vicino alle chiese; Jean Arp ebbe un ruolo di spicco in questo processo
/ 19.10.2020
di Ada Cattaneo

Cosa si intende con il concetto di arte pubblica? Per prima cosa, significa parlare di opere collocate in uno spazio accessibile a tutti, senza bisogno di pagare il biglietto d’entrata a un museo o di varcare la soglia di una galleria. Ma questo non basta. Oggi, affinché un’opera possa dirsi «pubblica», si auspica che essa sia sviluppata in qualche misura con il coinvolgimento della collettività, secondo la definizione inglese di «community based art». Allora va da sé che le opere siano anche sviluppate espressamente per il contesto in cui verranno collocate, per durare nel tempo.

Oggi è per noi consueto incontrare opere di questo tipo nello spazio pubblico: per le strade, nel cortile di una scuola, di fronte a un edificio occupato da uffici. Eppure questa presenza non era così scontata prima del Secondo dopoguerra. Facevano certo eccezione i monumenti con qualche valenza politica o commemorativa. Ma quella è un’altra categoria, peraltro molto discussa dalla semiotica dell’arte, ma per la quale poco importava il parere della collettività.

Fu nel periodo della ricostruzione a seguito del Secondo conflitto mondiale che architetti ed artisti cominciarono a interrogarsi su come fosse possibile rendere l’arte contemporanea alla portata di tutti. Il coinvolgimento del pubblico nella progettazione sarebbe stata una conquista successiva, i cui primi tentativi risalgono solo agli anni Sessanta. Ma già dagli anni Quaranta la necessità di ristabilire il contatto con il fruitore – o forse di stabilirlo davvero per la prima volta – era una delle premure di architetti come Le Corbusier e di artisti come Matisse.

Come potevano queste due categorie insieme avvicinare il cittadino comune alla creazione artistica? La riflessione nasceva anche dalla natura stessa dell’architettura moderna che, avendo levato ogni artificio decorativo dagli edifici, si trovava ora a dover loro restituire una componente di emotività. Ecco allora il senso per artisti e architetti di provare a lavorare in maniera congiunta già al momento della progettazione, ancor più quando si tratti di luoghi con destinazione pubblica.

Jean Arp fu tra quegli artisti che per primi e con una considerevole frequenza vennero invitati a intervenire sulle nuove architetture pubbliche. Certamente influì il fatto che egli era un artista di consolidata reputazione internazionale, sancita ancor più dal Premio per la scultura alla Biennale di Venezia del 1954. Ma forse fu anche per la natura limpida – non banale, né semplice – della sua arte. Arp, inoltre, era favorevole a un percorso creativo collettivo, paragonabile a quello delle maestranze medievali, e contrario invece all’egocentrismo tipico del genio artistico rinascimentale. Collaborava volentieri con altri autori e non era riluttante a mettere in discussione i suoi lavori per meglio adattarli al contesto. Un aspetto quanto mai pregevole in un grande artista.

Alla Fondazione Arp di Solduno, fino all’8 novembre, viene raccontato in sette capitoli, corrispondenti ad altrettanti edifici, il lavoro di Jean Arp per le architetture pubbliche in Svizzera e all’estero. Le tipologie sono prevalentemente quelle dell’edilizia scolastica e dei luoghi di culto. Per chi si recasse nel Canton Basilea, qui si delinea un interessante percorso di visita sulle tracce di Arp, con due interventi presso chiese cattoliche, dove fu invitato dagli architetti Hermann e Hans-Peter Baur, a lui legati da un rapporto di sincera amicizia, e quello alla Scuola di arti applicate. Grande capitolo anche quello delle opere realizzate presso le università, da Harvard a Bonn, fino a San Gallo.

In mostra sono presentati i casi di Caracas, presso l’edificio disegnato dall’architetto modernista Carlos Raúl Villanueva, e della splendida scia di nuvole che ancora oggi si trova sulla facciata dell’auditorio del politecnico di Braunschweig. Del tutto a sé per genesi e per qualità è il grande cantiere dell’Unesco a Parigi, progettato addirittura da Marcel Breuer con Pier Luigi Nervi. Qui il coinvolgimento degli artisti – Mirò, Calder, Noguchi, oltre ad Arp – è un segno fortissimo, che vuole essere esemplare, per convincere che la sintesi delle arti era davvero la via giusta.