Natale si avvicina, è tempo di idee regalo anche nell’ambito musicale. I dischi sono sempre oggetti magici, contenitori di scoperte e atmosfere che arricchiscono la vita. Ecco quindi una rassegna di suggerimenti, che sono anche in un certo senso un «best of» (molto personale) dei migliori lavori ascoltati quest’anno.
Iniziamo la carrellata parlando di un album molto particolare e ben fatto, uscito già lo scorso anno. Si tratta di Duo, raccolta di duetti chitarristici proposti da Stefano Romerio e Roberto Pianca, CD pubblicato da Altrisuoni. La sfida che i nostri due musicisti propongono agli ascoltatori più allenati è, naturalmente, quella di riconoscerli all’ascolto, grazie al loro stile personale. Le note di copertina ci informano del fatto che ognuno di loro occupa un canale audio, dei due a disposizione. Questo ci permette anche di sottolineare che l’album è registrato con la tecnica binaurale, un sistema che, già dalla fase di registrazione, cerca di riprodurre una situazione di ascolto ottimale, con l’obiettivo di dare all’ascoltatore l’impressione di essere davvero dal vivo, in presenza dei due musicisti. Detto questo, e fatti i complimenti per la consueta perizia a Lara Persia, che ha implementato questa tecnica nel suo studio Lemura di Montagnola, all’ascoltatore non resta che il compito di immergersi in una bellissima carrellata di standards eseguiti in grande relax dai due chitarristi, con molta tranquillità e understatement.
Il secondo album che vogliamo segnalare è Mysterium Lunae del quartetto di Lorenzo De Finti. Il pianista ticinese è tornato da poco da una tournée che è stata per lui l’occasione di portare il suo lavoro all’ascolto di un pubblico mondiale. Per noi che lo conosciamo e che siamo abituati a vedere i nostri musicisti molto ancorati alla nostra realtà «elvetocentrica» fa effetto seguirlo su Facebook e vedere come si sposta da un continente all’altro. De Finti, come altri suoi colleghi ticinesi del resto, sembra viaggiare su una lunghezza d’onda veramente ampia. La sua ricerca musicale mantiene sempre un occhio aperto verso orizzonti artisticamente «globali». Il nuovo album conferma le premesse espresse dal precedente We live here, del 2016. Il suono del gruppo, composto questa volta dal compagno d’avventure di sempre Stefano Dall’Ora al basso, da Alberto Mandarini alla tromba e da Marco Castiglioni alla batteria, possiede quell’impronta di tensione e densità di idee tipiche delle composizioni di De Finti. Le atmosfere dei brani sono in qualche modo «nordiche» (e la stessa scelta di pubblicare il disco sotto l’egida della norvegese Losen Records è significativa) ma, di nuovo, l’impronta eclettica del pianista e compositore è sempre ben presente. De Finti ha infatti al suo arco molte frecce, nate da una sensibilità musicale che va dall’influenza della musica classica alla fascinazione per le situazioni più ritmate e fusion. E questo caleidoscopio di ingredienti rende come sempre la sua musica estremamente interessante.
Parliamo infine di Luca Pagano, che abbiamo sentito con piacere poche settimane fa a Jazz in Bess. Il chitarrista luganese, da anni trapiantato a Ginevra, vi si era presentato con un quartetto dalle grandi ambizioni. Pagano, però, ha registrato quest’anno il suo nuovo album da bandleader, Fai bei sogni. Anche in questo caso, come per quello segnalato più sopra, si tratta di una registrazione in duo, ma il dialogo strumentale è sostenuto questa volta da una chitarra e da un pianoforte, quello di Jean Ferrarini. Il compito di un pianista e di un chitarrista è, come ci ha ricordato Pagano con una battuta durante una chiacchierata prima del concerto luganese, quello di «non pestarsi i piedi a vicenda»: due strumenti armonici rischiano di sovrapporsi e rendere troppo densa la tessitura dei brani. Occorre molta attenzione e ascolto reciproco per un esperimento di questo genere, e poi anche molto affiatamento e gusto musicale. Ai due protagonisti sembra che l’esperimento sia molto piaciuto e che li abbia divertiti anche, come necessario. Nonostante sia intitolato a entrambi i partner, l’album propone in prevalenza composizioni di Pagano, che recupera qui brani proposti nelle sue precedenti pubblicazioni. Molto ben riuscita, a nostro parere, la versione di Sotto il grande ulivo, che era la title track del suo disco omonimo del 2009.