Prima la salute o l’economia?

Massimario classico - La sfida dei governi del mondo è riuscire a trovare il difficile equilibrio tra salute ed economia
/ 01.03.2021
di Elio Marinoni

«Nella vita, nulla è più importante della salute»
(Menandro, 562 Jaekel)

L’infuriare della pandemia da Covid-19 ha reso di drammatica attualità un’antica questione, quella del rapporto tra salute ed economia, tra benessere fisico e mentale da un lato e prosperità economica dall’altro: si tratta di un rapporto conflittuale o è possibile trovare una conciliazione? E nel primo caso, quale dei due beni è prioritario?

A parole, è generalmente considerata prioritaria la salute, a partire dal verso del commediografo greco Menandro (fine del IV sec. a.C.) citato in epigrafe. La contrapposizione con il benessere economico è poi esplicitata in questi due versi di Orazio: «Se stai bene di pancia, di polmoni e di piedi, niente di più ti potranno dare ricchezze regali» (Epistole, I, 12, vv. 5-6). Una formulazione meno radicale si trova però nell’Epistola I, 4, dove, in una sorta di ricetta della felicità, la buona salute è elencata accanto ad altri valori, tra i quali una certa agiatezza: «che cosa di più potrebbe augurare la balia al suo caro lattante, se non che abbia senno e sappia esprimere ciò che pensa, e che gli tocchino in abbondanza favore, buona reputazione, salute e un tenore di vita decoroso con la borsa sempre fornita?» (Orazio, Epistole, I, 4, vv. 8-11).

Un secolo e mezzo dopo Orazio, la salute, fisica e mentale (mens sana in corpore sano) è indicata dal poeta satirico Giovenale come il bene assolutamente prioritario, l’unico che abbia senso chiedere agli dei: «Se si vuole chiedere qualcosa e dedicare agli dei nei tempietti le viscere e la sacra carne di un bianco porco, si deve pregare di avere una mente sana in un corpo sano» (Satire, X, vv. 354-356, trad. di Giuliana Boirivant). Che cosa si debba intendere per «mente sana» è esemplificato dall’autore nei versi successivi: «chiedi un animo forte, che la morte non tema, che consideri una vita lunga l’ultimo tra i doni della natura, che sopporti qualunque fatica, che ignori la collera, che non desideri nulla e preferisca le dure fatiche di Ercole e i suoi travagli agli amori lascivi, ai banchetti e alle piume di Sardanapalo» (vv. 357-362, trad. cit; Sardanapalo è il re Assiro proverbiale per lussi e lussuria). Come si vede, siamo in un ordine di idee profondamente diverso da quello con cui l’espressione mens sana in corpore sano, assunta come motto da società sportive di tutto il mondo, viene comunemente citata.

Il luogo comune sulla salute come bene assolutamente prioritario, ben radicato nella letteratura classica, è stato poi recepito dalla tradizione popolare, trovando espressione nei proverbi, a partire da «Quando c’è la salute c’è tutto». Come recita una canzone in dialetto romanesco resa famosa da Nino Manfredi: «Basta ’a salute. / Quanno c’è ’a salute c’è tutto / Basta ’a salute e un par de scarpe nove / e poi girà tutto er monno» (Tanto pe’ cantà, di Ettore Petrolini e Alberto Simeoni). Talora l’antinomia salute/ricchezza e la priorità della prima sono sottolineate dalla rima o da altre figure di suono. In italiano: «Chi è sano è da più del Sultano», «Chi ha sanità è ricco e non lo sa». In inglese: «Health is above wealth», «la salute è al di sopra della prosperità».

Ma una cosa è la scelta personale di un ideale di vita, coerente con la propria scala di valori; un’altra è la situazione drammatica, in cui la pandemia pone i governi di tutto il mondo, di dover cercare un difficile punto di equilibrio tra le esigenze della salute pubblica e quelle dell’economia, che permetta di superare l’apparente dicotomia di questi due valori.