Dove e quando
Mille ans de Monochromes. Vaisselle sacrée et profane des Empereurs de Chine, Fondation Baur, musée des arts d’Extrème-Orient, Ginevra. Fino al 3 febbraio 2019. www.fondationbaur.ch

Ritratto di una concubina; Ulanara (1718-1766), seconda sposa imperatore Qianlong; attribuito a Jean-Denis Attiret (1702-1768)(© Musée des Beaux-Arts di Dole, foto Jean-Loup Mathieu)


Preziose porcellane

Tutti i colori dei vasi imperiali cinesi, in esposizione a Ginevra
/ 14.01.2019
di Marco Horat

«Una sinfonia monocroma» è stata definita la mostra eccezionale – come dicono i responsabili della Fondazione Baur, museo delle arti dell’Estremo Oriente di Ginevra – che riunisce per la prima volta in Europa duecento pezzi ceramici provenienti da due collezioni private uniche al mondo: quella del fondatore del museo ginevrino Alfred Baur, che con la collaborazione del mercante d’arte giapponese Tomita Kumasaku riunì una serie di capolavori negli anni tra il 1928 e il 1951; e quella ancor più straordinaria proveniente da Hong Kong, messa assieme da Richard Kan, che costituisce l’insieme detto Zhuyuetang cioè Il Padiglione di bambù e della luna.

Kan è un appassionato e competente collezionista di origine cinese, discendente da una famiglia che aveva fondato una grande impresa per la produzione e il commercio del tabacco; con studi ingegneristici anche in Europa. Dopo aver acquistato da Sotheby’s la sua prima teiera imperiale monocroma non si è più fermato nell’acquisire i capolavori che il mercato internazionale offriva, sempre all’insegna del motto «buy only the best»; una passione che è diventata una ragione di vita. È così nata una eccezionale raccolta (sembra sia la più grande al mondo) di porcellane di un solo colore che sono un vero incanto per gli occhi, sia quando la tinta è unica – verde, celeste o il giallo, riservato al sovrano – sia quando invece presenta quelle sfumature cangianti che creano effetti iridescenti sulle forme armoniche del vasellame. Un tempo riservate alla Corte imperiale cinese e ai suoi funzionari, sono oggi fortunatamente visibili a tutti.

Nella presentazione della mostra si parla della «forza suggestiva che questi colori sanno infondere in chi li osserva, grazie alla loro purezza e alla mancanza di orpelli decorativi, così da avvicinarsi al concetto di bellezza assoluta»; e questo al di là delle mode e del contesto storico, artistico e tecnico che nelle sale del museo si è pur ricostruito per fornire al visitatore ulteriori informazioni utili a inquadrare questa straordinaria espressione che attiene alla sfera del sacro e del profano. Il periodo storico di riferimento è ampio e va dalla Dinastia Tang (618-907) ai Song (960-1279), ai Ming (1368-1644) e ai Qing (1644-1911) con i quali si chiude un po’ tristemente, nella persona di Pu Yi, la storia millenaria del Celeste Impero, o Impero di mezzo che dir si voglia.

Da due musei francesi provengono invece i ritratti di un imperatore e di una concubina imperiale del periodo Qing detta «la Gioconda cinese», dovuta al pennello di un artista missionario gesuita; il sovrano invece è l’Imperatore Qianlong (1736-1795), dipinto su fondo di porcellana di Sèvres, quasi a rendere tangibile l’incontro tra due tradizioni culturali diverse. Per i curiosi e gli appassionati di chimica e degli aspetti tecnici legati agli ossidi metallici utilizzati nella colorazione della porcellana, il Musée d’Histoire naturelle di Ginevra presenta una raccolta di minerali che stanno alla base, unitamente all’estro e alle competenze degli artigiani-artisti cinesi, di quel miracolo cromatico che sono le porcellane imperiali esposte ora alla Fondazione Baur.