Correva il XVII secolo. In Cina governava ancora la Dinastia Ming (1368-1644) considerata ora da molti studiosi la più avanzata nella storia del Paese, mentre in Europa i Paesi Bassi vivevano il loro cosiddetto Secolo d’oro.
Le provincie olandesi erano infatti diventate una potenza economica, scientifica e artistica grazie alla libertà di pensiero che aveva attirato lì personalità da tutta l’Europa e soprattutto grazie ai commerci internazionali, che facevano capo ai porti di Anversa e Amsterdam, sotto l’egida della Compagnia Olandese delle Indie orientali. Tra queste due culture, pur tra di loro lontane mille miglia, non poteva non nascere una reciproca attrazione, che si manifesterà attraverso intensi scambi culturali, di merci e di prodotti artistici di alto livello.
È così che in Europa, se guardiamo dal nostro punto di vista, cominciarono ad affluire le famose porcellane Ming bianche e blu che la ricca borghesia e i mercanti olandesi iniziarono a collezionare come curiosità esotiche; una specie di status symbol ante litteram che doveva fare bella mostra di sé nelle residenze di Amsterdam, a testimonianza del benessere dei proprietari, della loro apertura sul mondo e del loro buon gusto. Non a caso queste preziose porcellane compariranno anche nelle pitture commissionate ai più famosi artisti dell’epoca quali elementi presenti nella vita quotidiana degli olandesi facoltosi.
L’Oriente, a sua volta, sarà influenzato dall’arte e dalla tecnica occidentali; la corte e i notabili cinesi si circonderanno infatti volentieri di oggetti e manufatti provenienti dai nostri paesi, come ad esempio gli orologi svizzeri e gli automi. Quando poi verso la metà dello stesso secolo una guerra civile sconvolse la Cina e frenò le esportazioni di ceramiche, sui mercati europei apparvero porcellane provenienti dalla Persia e dal Giappone, copie degli originali ma anche che si ispiravano a quelle cinesi pur conservando caratteristiche proprie.
Nella mostra viene proposto al visitatore uno straordinario viaggio in tre dimensioni tra paesi e culture diversi: vi sono le opere pittoriche di nature morte nelle quali sono rappresentate anche le famose porcellane bianco-blu in voga in quegli anni, che quindi avevano impressionato gli artisti occidentali oltre che i collezionisti. Vicine vengono esposte le porcellane originali che quelle opere hanno ispirato e infine le copie giapponesi e le preziose miniature persiane nelle quali rifanno capolino gli originali cinesi che quindi, si può facilmente capire, avevano influenzato il mondo intero. Un dialogo tra culture e reciproche influenze che hanno finito per arricchirsi vicendevolmente; e che potrebbero farci riflettere, pur con mille differenze, anche su problemi attuali di convivenza tra le varie civiltà del nostro piccolo mondo.
A proposito di prestiti: bisogna ricordare la storia degli oggetti esposti che provengono dalle stesse Collezioni che fanno capo alla Fondazione Baur, in particolare dalle donazioni recenti dei coniugi Blum e Müller (2002-2004), come pure da una serie di grandi musei e istituzioni svizzere e internazionali: Rietberg e Kunsthaus di Zurigo, MAH e Ariana di Ginevra, Victoria and Albert Museum di Londra, Guimet di Parigi e Prado di Madrid.
La mostra è accompagnata da un catalogo illustrato a cura di Monique Crick e altri e da una serie di iniziative collaterali che si rivolgono agli appassionati, alle famiglie e alle scuole ginevrine.