Le librerie americane sono stracolme. L’editore Blackwell ha addirittura una collana dedicata: la dirige William Irwin, professore di filosofia in Pennsylvania; lo conosciamo grazie a un libro uscito da ISBN: I Simpson e la filosofia. Come illustrazione – purtroppo non in copertina, lì campeggiava il codice a barre, chiamato appunto ISBN – le caricature in giallo Homer di Marx, Sartre, Wittgenstein, Nietzsche, Foucault e Kant. Volendo, i Simpson rendono meno ostica anche la matematica, come insegna Simon Singh in La formula segreta dei Simpson. In copertina una ciambella, che altro ci doveva stare? Sappiate che in geometria quella forma – anche del salvagente – viene chiamata «toro».
La collana diretta da William Irwin esplora le fascinose relazioni tra pop culture e filosofia. Precisazione necessaria: non diciamo «cultura popolare», giacché in italiano le parole non evocano i grandi film, i grandi fumetti, le grandi serie o i grandi romanzi che allietano le nostre giornate e serate con personaggi di fantasia. Evocano piuttosto le orchestrine e le sagre della luganiga.
Si intitola «Philosophy and pop culture», vanta una quarantina di titoli arricchiti da un ricco sito, non dimentica proprio nulla. Da The Big Lebowsky dei fratelli Ethan e Joel Coen al recentissimo Wonder Woman, primo campione di incassi con una strepitosa e sexy supereroina femmina diretto dalla regista Patti Jenkins (speriamo che Hollywood guardi al piatto ricco e prosegua: non vogliamo le quote, preferiamo il merito). Friedrich Nietzsche serve per decifrare la serie Game of Thrones (tremano i fan, la HBO ha subito un attacco informatico, si teme per la prossima e ultima stagione). Martin Heidegger serve a leggere il supereroe Daredevil (o il contrario, magari: può essere la volta che afferriamo qualcosa dell’antipatico pensatore tedesco).
Altri titoli si trovano curiosando su Amazon (anche nella nostra libreria, volendo, abbiamo sempre trovato irresistibili gli intrecci tra quel che abbiamo studiato all’università e la pop culture). Oltre alla filosofia dei Simpson, abbiamo la filosofia dei Soprano, la filosofia di Mad Men, la filosofia di Seinfeld, quel che possiamo imparare da Breaking Bad, e – gettonatissimo – cosa possiamo imparare sulla vita dal Grande Lebowsky. Oltre, si intende, a indossare il cardigan con le greche – disponibile su internet – e a calzare sandali di plastica. (Confessione per confessione, abbiamo anche un Big Lebowsky riscritto alla maniera di William Shakespeare.)
In Italia, quasi dieci anni fa, il collettivo «Blitris» si era esercitato sulla filosofia del Dr House, il dottore che chiede ai pazienti «preferisci un burbero che ti guarisca o uno che ti tenga la mano mentre muori?». Simone Regazzoni, che faceva parte del gruppo, poi provò a smontare e filosoficamente a rimontare Lost, aiutandosi con Derrida.
Non è un terreno vergine, quindi, quello su cui si incammina Tommaso Ariemma, con La filosofia spiegata con le serie tv, appena uscito da Mondadori. Cambia però la prospettiva. I titoli citati all’inizio erano rivolti agli appassionati di serie tv, quindi espertissimi di trame e personaggi. Anche un po’ stufi di sentirsi dire – come era accaduto per i fumetti – che perdevano tempo guardando sciocchezze. Questo libretto è invece rivolto agli insegnanti di filosofia – anche Ariemma esercita la professione – perché cerchino di acchiappare la sempre più fluttuante attenzione dei ragazzi parlando di qualcosa che sentono vicino più di Giovanni Pascoli.
Si comincia dall’inizio. Dai presocratici – come già ebbe a fare Luciano De Crescenzo nella sua Storia della filosofia (con risultati per nulla spregevoli, va detto). Da Parmenide e dalla sua frase «l’essere è e non può non essere». La serie tv che viene in soccorso a mo’ di bigino è la prima stagione di True Detective, con Woody Harrelson e Matthew McConaughey che gli spiega il nichilismo – o almeno così sembrava a noi – più che il filosofo greco.
Si continua con Platone – ma si arriverà fino a Sartre, passando per Hegel, per Kant, per Spinoza – usando come stampella la serie britannica Black Mirror, ambientata in un futuro dove i social e la rete sono un po’ più invasivi di adesso (ma basta un niente per trasformare il mondo dei «like» nel mondo della sorveglianza totale). La stessa serie, che prende il titolo dallo schermo nero degli smartphone e dei tablet, serve a Tommaso Ariemma per illuminare le idee di Cartesio che finora la pop philosophy aveva spiegato con la pillola rossa e la pillola blu di Matrix.
Bibliografia
Tommaso Ariemma, La filosofia spiegata con le serie TV, Mondadori, 2017, 140 p.