Pompei stupisce ancora

Dagli scavi riaffiora un termopolio intatto, il fast food degli antichi romani
/ 18.01.2021
di Alessia Brughera

Un’altissima nuvola di fumo mista a cenere e lapilli si elevò nel cielo assumendo l’aspetto di un albero di pino dalla cui cima si disperdevano formazioni somiglianti a rami: con questa similitudine lo scrittore latino Plinio il Giovane descriveva in una lettera indirizzata allo storico Publio Cornelio Tacito l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., da lui osservata nella sua forza devastante da Miseno, nella baia di Napoli. Il 24 agosto di quell’anno la montagna che fino a quel momento era stata considerata un’innocua altura, fertile e vivibile, provocò la distruzione della città di Pompei, oltre a quelle di Ercolano, di Stabia e di Oplontis, trasformando tutta l’area attorno al vulcano in un deserto grigio.

Da quando nella metà del Settecento le rovine pompeiane rimaste sepolte sotto strati di pomici hanno incominciato a essere riportate alla luce, è stato scoperto uno straordinario patrimonio di architetture, sculture, pitture e mosaici che costituisce una delle migliori testimonianze della vita romana dell’epoca.

Ultimo eccezionale ritrovamento a Pompei in ordine di tempo, arrivato quasi come una sorta di dono di buon auspicio dopo un anno terribile anche per la cultura, è un thermopolium in ottimo stato di conservazione rinvenuto nella Regio V, davanti a una piazza che doveva essere sicuramente di grande passaggio, all’angolo tra il vicolo dei Balconi e la via della Casa delle Nozze d’Argento.

Che gli antichi romani fossero piuttosto indaffarati nelle loro attività tanto da restare spesso e volentieri fuori casa per il pranzo lo attestano i numerosi termopòli pompeiani già ritrovati in passato (un’ottantina circa), vere e proprie «tavole calde» dove era possibile acquistare bevande e cibi pronti per il consumo. Questi esercizi commerciali affacciati sulla strada avevano una struttura semplice e funzionale, con grandi giare in terracotta incassate nel bancone in cui venivano riposte le vivande da servire.

Nessuno dei tanti termopoli di Pompei, però, è stato rinvenuto così integro come quello appena scoperto, unico caso in cui il bancone è giunto a noi interamente decorato. Gli scavi, proseguiti senza sosta anche durante il lockdown, avevano in realtà individuato e fatto riemergere in maniera parziale già nel 2019 alcuni dettagli di questa bottega di alimentari con smercio di street food. Come la parte del bancone prospiciente la piazza, che aveva rivelato un’elegante pittura a tema mitologico in cui una Nereide, con cetra alla mano, cavalca un ippocampo dal corpo dipinto con un arcobaleno di colori.

Soltanto con il procedere dei lavori di scavo, arrivati al loro apice proprio in queste ultime settimane, è stato possibile restituire l’ambiente nella sua totalità, con una grande mole di materiali che potranno ampliare le conoscenze sulla vita quotidiana a Pompei. Tutto è stato ritrovato fermo nel tempo al giorno dell’eruzione, imprigionato per duemila anni dai depositi piroclastici del Vesuvio che ne hanno conservato la condizione originaria.

E difatti, con i loro colori ancora sfavillanti, sono affiorate le altre decorazioni del bancone, scene di nature morte che riproducono, proprio come accade negli odierni fast food, i cibi presenti nel menu. Due anatre germane appese a testa in giù e un baldanzoso galletto di un realismo impressionante sono gli animali scelti dal padrone di questo termopolio per catturare l’occhio e il palato dei possibili avventori. Accanto a essi è emerso anche il dipinto di un grande cane al guinzaglio (probabilmente un cave canem di avvertimento per i clienti) su cui un buontempone dell’epoca, forse per schernire il proprietario, ha inciso un insulto omofobo.

Di estremo interesse sono poi le tracce di alimenti rinvenute nelle pentole e nelle giare del locale che rivelano molti particolari sulle tecniche culinarie degli antichi romani, dall’impiego di mammiferi, uccelli, pesci e lumache nella medesima pietanza, una specie di paella ante litteram, all’utilizzo di fave macinate per sbiancare il vino e migliorarne il gusto.

Nel termopolio pompeiano non sono mancati nemmeno i ritrovamenti di ossa animali e umane. È il caso ad esempio dello scheletro di un cane adulto ma di piccola taglia scoperto vicino al bancone, che può far pensare a come già a quei tempi ci fosse la consuetudine di circondarsi di razze canine da compagnia. O ancora dei resti del corpo di un uomo rinvenuti all’interno di un grande vaso in terracotta (con probabilità collocati lì nei secoli scorsi dai primi scavatori) a eccezione di un piede, scovato invece a terra, vicino al coperchio di una pentola, particolare che lascia supporre che l’individuo in questione fosse un ladro entrato nella bottega alla ricerca di qualcosa da mangiare.

Il lavoro di studio di tutto il materiale sta adesso procedendo sia sul campo sia in laboratorio, occupando un team di esperti che annovera, tra gli altri, storici dell’arte, restauratori, antropologi, vulcanologi, archeobotanici e archeozoologi. E se l’emergenza sanitaria lo permetterà, forse già in primavera il termopolio potrà essere ammirato in tutta la sua bellezza.