Camminando di sera nel Parco Ciani dispiace vedere le luci della villa spente. Per quella che fu la dimora luganese dei Fratelli Giacomo e Filippo ancora oggi non c’è una destinazione definitiva. Negli anni ha avuto innumerevoli impieghi e sono stati molti i tentativi, da quando è proprietà della Città, di darle un utilizzo stabile, come quando fu sede del Museo Storico ed archeologico (dal 1915 al 1963) o quando in seguito fu impiegata come sede secondaria del museo cittadino d’arte, prima dell’apertura del LAC.
Sulla sua destinazione si continua a discutere, ma ciò che non dovrebbe essere mai snaturato è il suo ruolo di casa cittadina della cultura. Sarebbe bello ripensarla come uno spazio sempre aperto, anche per chi è solo di passaggio, magari come Villa Wesendock a Zurigo, edificio appartenente al complesso del Museum Rietberg di Zurigo, che ospita talvolta sezioni della collezione permanente o esposizioni temporanee, ma ogni giorno accoglie i visitatori nelle sale del suo caffè.
Villa Ciani ospita fino al 9 gennaio una mostra che certamente ne rispetta e anzi ne incoraggia il ruolo culturale. Si tratta di La Regionale, «prima grande mostra collettiva che riunisce i lavori delle artiste e degli artisti provenienti dal Ticino e dal Grigioni italiano». Raccoglie i lavori di venti artisti selezionati fra le 160 candidature attentamente esaminate da una giuria indipendente di esperti, secondo un meccanismo trasparente e imparziale, che molto sta a cuore agli organizzatori.
Sono questi i membri dell’associazione ACXSI (Arte contemporanea per la Svizzera italiana) appositamente fondata da Daniele Agostini, Giada Olivotto, Sibilla Panzeri e Sébastien Peter, tutti storici dell’arte o curatori attivi a vario titolo nell’ambito del contemporaneo. Sempre i quattro membri fondatori si sono occupati di curare l’allestimento delle opere. Gli unici criteri imposti alla giuria erano dare spazio a generazioni diverse, mantenere la parità di genere e lasciare spazio a vari tipi di medium.
Il caso ha voluto che dalle ricerche d’archivio dei membri dell’Associazione ACXSI sia emerso che proprio a Villa Ciani negli anni Sessanta e Settanta già si svolgeva una biennale dedicata a opere di artisti ticinesi, precedente fortuito e fortunata concomitanza. Daniele Agostini spiega: «L’idea era già nata prima di scoprire quest’esperienza del passato, ma a cinquant’anni di distanza si torna ad avere a Villa Ciani, da troppo tempo chiusa al pubblico se non per eventi estemporanei, una manifestazione che vada nel senso della promozione degli artisti del territorio».
Il concetto alla base de La Regionale si rifà alle mostre regionali o cantonali diffuse nel resto della Svizzera, finalizzate a consolidare la scena creativa locale attorno a un progetto, dove si offra agli autori l’opportunità di presentare le proprie opere. Accade per esempio nella regione di Basilea, Mulhouse e Freiburg, a cavallo quindi fra tre nazioni, ma anche con la mostra Lemaniana, durante la quale il Centre d’art contemporain di Ginevra dà spazio alle esperienze artistiche della regione che circonda il Lemano. Molti artisti – un esempio potrebbe essere Ugo Rondinone – che in seguito si sono affermati sulla scena internazionale hanno avuto proprio in queste occasioni i primi momenti di confronto con il pubblico.
La collaborazione con istituzioni museali di rilievo, come è avvenuto in questo caso con il MASI, il cui direttore presiedeva la giuria, è poi l’opportunità per convalidare lo spessore culturale delle manifestazioni, oltre che per svolgere l’attività di promozione in maniera organica sul territorio. Sébastien Peter spiega: «Siamo tutti attivi da diversi anni in Ticino, constatando che la scena è molto frammentata. Il motivo principale è che gli artisti vanno a studiare all’estero o in altre città della Svizzera. Le esperienze artistiche, poi, sono compartimentate entro fasce di età omogenee, ma non ci sono progetti trasversali fra generazioni.
La popolazione spesso non conosce i progetti di arte contemporanea, se non nel caso delle grandi mostre, come quelle che si tengono al MASI. Il nostro obiettivo era quindi di creare anche per la Svizzera italiana una manifestazione analoga a quelle delle altre regioni. Anche se non in termini numerici, culturalmente e simbolicamente si tratta di un quarto della Svizzera, che ha bisogno di una sua espressione».
Aspetto notevole è quindi anche il dialogo fra autori di generazioni diverse: non è infatti stato posto alcun limite d’età ai partecipanti, consentendo la presenza di autori unanimemente riconosciuti, che hanno da subito aderito con entusiasmo al progetto, e giovani artisti che da poco hanno concluso la formazione e si trovano alle prime esperienze espositive.
Dal punto di vista dei contenuti, non si tratta di una mostra tematica. Daniele Agostini spiega che l’obiettivo principale è stato di dare voce ai venti artisti invitati per mostrarne anche le differenti posizioni: «Come curatori abbiamo cercato di mettere in dialogo alcuni artisti che potevano avere degli elementi assonanti. I limiti erano piuttosto costituiti dallo spazio espositivo e dai medium artistici, ma si è cercato di rispettare sempre le opere, anche talvolta chiedendo l’aiuto degli autori per presentarle al meglio».
L’esposizione ritornerà fra due anni, anche grazie al sostegno da parte delle istituzioni culturali cittadine che hanno incoraggiato questa prima edizione. Sempre Sébastien Peter conclude: «È stato anche per noi il modo per scoprire il lavoro di tante artiste e artisti di cui non eravamo a conoscenza. L’ambizione per la prossima edizione è di lavorare di più per rappresentare quello che avviene nel Grigioni italiano. Speriamo che sia anche in futuro l’occasione per riscoprire artisti storicizzati che assumono una nuova luce in dialogo con gli autori più giovani, per fare il punto della situazione e per mettere in contatto le persone».