Per alleviare il rimpianto

Nel primo anniversario della scomparsa, una curatissima antologia celebra il talento di Tom Petty
/ 19.11.2018
di Benedicta Froelich

A distanza di ormai un anno da un simile, inaspettato lutto, è ormai evidente come, nell’ottobre del 2017, non siano stati soltanto gli appassionati di rock americano a rimanere a dir poco turbati dalla prematura morte di Tom Petty. Scomparso all’improvviso per un infarto fulminante, senza aver dato agli spiazzati fan alcuna avvisaglia di una fine imminente, il 66enne rocker statunitense se n’è andato con lo stesso stile con cui aveva condotto la sua intera vita artistica – in modo educato e sommesso, quasi senza far rumore, in netto contrasto con le ostentazioni tipiche dello star system.

Del resto, è anche grazie a questo suo eterno e quasi fanciullesco understatement che Tom ha sempre occupato un posto speciale nel cuore di molti, e non soltanto di chi ha fatto del pop internazionale la propria passione. Star atipica, scevro da qualsiasi megalomania o presunzione e dotato di una professionalità rara quanto assoluta, per oltre quarant’anni Petty è stato, insieme ai suoi amati Heartbreakers, prolifico autore e performer di una personale forma di onesto quanto irresistibile «American rock», da sempre condito da un pizzico di sano Southern style (il nostro veniva, del resto, dalla Florida): caratteristiche che l’hanno portato a un’evoluzione intrigante quanto sorprendente, il cui picco assoluto è arrivato proprio alle soglie della mezza età, grazie alla tagliente critica sociale di un capolavoro come il concept album The Last DJ (2002) – personale attacco di Tom contro la spietata macchina delle multinazionali discografiche e la sua tendenza a «masticare e sputare» senza alcun riguardo i migliori talenti sulla piazza.

Fortunatamente, ora che è da poco stata superata la boa del primo anniversario della scomparsa, la Reprise Records si è decisa a pubblicare il tributo finale all’artista in cui molti speravano: e nonostante l’apprensione che sempre circonda gli omaggi postumi, stavolta il risultato è davvero valso l’attesa. An American Treasure si presenta infatti come una sorta di cofanetto celebrativo, una retrospettiva dell’intera carriera di Tom, a partire dagli esordi, negli anni 70, fino agli exploit più recenti; e nella migliore tradizione del box set monografico, la collezione rappresenta una vera e propria carrellata di piccole gemme, dove tracce inedite, oscuri demo di brani noti, versioni dal vivo e incisioni alternative di grandi classici si avvicendano nell’arco di ben quattro CD (ognuno dei quali dedicato a un decennio specifico) – in un autentico flashback non solo della carriera, ma dell’intera vita del rocker. Tanto che, ammirando questa eccellente raccolta, non si può negare come, dopo il superbo cofanetto The Live Anthology di quasi dieci anni fa, i tempi fossero ormai maturi per una nuova compilation di spessore dedicata a un artista del calibro di Petty; soprattutto, mancava un’opera che, come nel caso di American Treasure, si concentrasse su versioni e canzoni meno note (se non sconosciute) dall’immensa produzione del maestro. In quest’ambito, i compilatori – tra cui Adria Petty, figlia di Tom – hanno fatto un ottimo lavoro: non solo la qualità sonora del materiale si mantiene eccellente lungo l’intera tracklist, senza variazioni troppo evidenti tra un CD e l’altro, ma, in più, il criterio di selezione dei brani permette anche ai completisti più sfegatati di trovare comunque qualche sorpresa inaspettata, in grado di stuzzicare perfino i palati più esigenti.

Così, se il primo disco costituisce una panoramica degli esordi di Tom e della sua produzione anni 70 (includendo la formazione dei Mudcrutch, sorta di «prova generale» dei fenomenali Heartbreakers), il secondo e terzo CD coprono il periodo che ha visto il rocker all’apice del successo – dapprima, appunto, con la sua leggendaria band, e poi anche come solista, con dischi di culto quali Full Moon Fever (1989) e l’intimista e disilluso Wildflowers (1994). L’ultimo blocco del cofanetto è invece dedicato alla fase finale della carriera di Tom: un periodo stimolante, visto che, lungi dal trovarlo imbolsito e annoiato come accaduto ad altre stelle della sua generazione, l’avvento del nuovo millennio lo ha mostrato più che mai entusiasta e pieno di idee, pronto a reinventarsi con album di spessore quali Highway Companion (2006) e Hypnotic Eye (2014).

In tal senso, bisogna ammettere che un’antologia quale An American Treasure sottolinea ulteriormente la perdita che la morte prematura di Tom Petty ha rappresentato non solo per il rock statunitense, ma per l’intera scena pop internazionale. Anche per questo, ricordare la sua arte e produzione diviene, per certi versi, più importante che mai – facendo di questa raccolta un’ occasione per permettere ai più giovani di riscoprire un artista unico.