Bibliografia
Massimo Arcangeli, Senza parole. Piccolo dizionario per salvare la nostra lingua, Milano, il Saggiatore, 2020.


Parole in quarantena

L’elenco di parole per salvare la nostra lingua italiana e il taglio originale e sorprendente del nuovo libro di Massimo Arcangeli
/ 04.05.2020
di Stefano Vassere

«È abbastanza comune l’espressione mettere (o tenere) in contumacia, in cui il sostantivo, sinonimo di isolamento, segregazione, quarantena, ha tutto il senso di una costrizione: mettiamo in contumacia per un tempo determinato, al fine di evitare pericoli per la salute pubblica, cose o persone che riteniamo possano essere veicolo di malattie contagiose capaci di far esplodere epidemie».

Sarà anche «abbastanza comune», ma non è capitato, di questi tempi, quando tanto si parla di contagi ed epidemia, di sentire usare contumacia invece di quarantena; né in Italia né nella Svizzera italiana. A riprova del fatto che il lessico e le parole sono lo strato più imprevedibile e capriccioso di una lingua, quello che meno facilmente precipita nel sistema e ne traccia gli aspetti più sostanziali. Quello lessicale è però per contro il settore linguistico che più ci àncora alla realtà e al suo divenire. Spesso le parole ci dicono, insomma, dell’evoluzione della storia, che sedimenta a suo modo nelle parole di una lingua.

Senza parole. Piccolo dizionario per salvare la nostra lingua è titolo probabilmente non abbastanza lontano da certo canone troppo à la page nel mondo editoriale contemporaneo, che vede una sovrabbondanza di saggi dedicati alle parole e al loro potere, per non parlare della retorica loro dedicata e degli stupidari con usi e abusi lessicali. Questo perché il suo autore, Massimo Arcangeli, che insegna linguistica italiana all’Università di Cagliari, dimostra una volta di più (già lo aveva fatto in qualche sua spiazzante opera precedente) la sua capacità di prendere temi e generi molto frequentati e di impastarli con tecniche sorprendenti.

La rassegna di questo libro corrisponde più a una micro-enciclopedia che a un dizionario. Le cinquanta parole elencate sono spesso l’occasione, aiutata anche da un apparato iconografico ricchissimo, per dirci molto degli aspetti linguistici ma anche di quelli storici, artistici, letterari. Così non è un caso che più che alla conservazione di singoli lessemi, questo libro inviti al recupero di mentalità e consuetudini, costumi culturali che Arcangeli richiama con struggente nostalgia. Da adepto a catarsi, da ermetico a morigerati, da ostico a reprobo, la vertiginosa serie selezionata ci aiuta a restare attaccati a un mondo più che a un vocabolario.

Qua e là, si legge il desolato richiamo a quanto poco queste parole emergano, in avvilente statistica, nella competenza degli studenti delle superiori e dei primi anni di università. A loro il compilatore ha coraggiosamente sottoposto questo lessico evanescente ricavandone sempre definizioni e giudizi di fronte ai quali per non piangere si tende a sorridere.

Il filone delle parole da salvare, del tipo «adotta una parola» è canone piuttosto affermato in certa pubblicistica anche italiana. Non in questo libro, che, se ancora non fosse chiaro, ha qualifiche e competenze di livello. Almeno altrettanta ribalta meriterebbe però una potenziale altra moda editoriale, quella delle parole cui ad alcuni di noi piacerebbe dare un calcione, per rispedirle nel dimenticatoio lessicale o almeno nei linguaggi specialistici da cui sono state incautamente estratte.

Una parola su tutte, di questi tempi, è resilienza. Come spesso accade questo termine ha sinonimi più diretti, che, per moda o per vezzo, si comincia per abitudine posticcia a evitare. Tra di essi c’è certamente l’assonante resistenza, che fa già il suo bel dovere nella quasi totalità dei casi dove gli si preferisce, da un po’, la fastidiosa parola. Scomodare quest’ultima per dire quello che più economicamente si direbbe con quell’altro termine è sintomo di costume linguistico velleitario: come lucidare un’automobile di quarta mano per fare bella figura. Il lessico sarà pure la cenerentola delle discipline linguistiche, ma un po’ più di attenzione, anche qui, non gli farebbe danno.