Alla voce «Chick Corea (Armando Anthony Corea), b. Juni 12, 1941, Chelsea, MA», la All Music Guide to Jazz, edizione di una quindicina d’anni fa, suggerisce ai suoi lettori tre pagine fitte fitte di referenze discografiche (Ella Fitzgerald, per dire, ne ha solo due e mezzo). La proposta d’ascolto è solo una scelta, un «best of», ma vista l’importanza dell’opera di Corea, finisce per apparire come una semplice discografia cronologica, dal 1966 ai primi anni 2000. Una scelta di oltre 50 album. Scorrendola ci si rende conto che più della metà sono dischi indimenticabili, indispensabili, ineludibili.
Quello che stupisce in questo variegato panorama è quanto tanta ricchezza rispecchi, nella sua multiforme fisionomia, la personalità del pianista americano, scomparso nelle scorse settimane. Corea è stato un unicum, un artista dalla varietà di interessi e dalla facilità musicale che possiamo forse paragonare a quella di Mozart. Corea non sembra aver sbagliato nulla, non sembra aver compromesso in alcun modo il suo genio in ognuna delle imprese in cui si è cimentato. Niente è al di sotto del massimo, apparentemente, in ogni cosa che ha fatto.
Eppure i campi su cui ha «giocato» sono i più vari: dalla classica al jazz-rock elettrico, dal piano solo alla grande orchestra sinfonica. Corea è stato uno stilista eccelso. La dote che spiccava di più, in lui, era comunque la grande carica umana, la simpatia, la vivacità. Nei post su Facebook, di questi giorni, spiccano i molti selfie che gli appassionati e gli addetti ai lavori si sono scattati vicino a lui e che tutti tengono oggi a mostrare con comprensibile e anche commovente fierezza.
Noi lo ricordiamo semplicemente in uno degli Estival di qualche anno fa quando dopo il concerto con una delle sue strabilianti band elettriche, si era fermato a chiacchierare alla transenna, di fianco al palco, con il pubblico. Ricordiamo proprio quel suo fare sorridente e simpatico. Una situazione dalla naturalezza straordinaria, che forse proprio solo i fan di questa musica possono capire in tutta la sua esemplarità.
Corea aveva il dono, indubbio, della musicalità e poi, una grande capacità di comunicarla al pubblico. Pare che dopo l’esperienza vissuta alla fine degli anni 60 con il suo gruppo Circle, con Dave Holland, Anthony Braxton e Barry Altschul, una delle formazioni più avanzate nel jazz sperimentale di allora, avesse sentito il bisogno di tornare a una musica più abbordabile: «Quando vedo un artista usare le sue energie e la sua tecnica andando oltre l’abilità del suo pubblico di mettersi in relazione con lui, vedo queste abilità andare sprecate» aveva affermato, per giustificarsi, in un’intervista.
Il fatto è che una considerazione di questo tipo non l’ha spinto certo a cercare soluzioni meno valide dal punto di vista artistico, anzi. Proprio da quella scelta era nata l’esperienza dei Return to forever, forse una delle più riuscite fusioni di rock e jazz mai architettate. A quell’epoca risale anche la sua adesione a Scientology. Una scelta che ha fatto discutere tutto sommato molto meno di quelle analoghe di un Tom Cruise o un John Travolta. Onestamente non se ne è mai capita la necessità, ecco, ma tant’è.
La solarità, l’intelligenza positiva di Corea sembravano connaturate con il suo carattere. Torna alla memoria un concerto di qualche anno fa al KKL di Lucerna, in cui il pianista si era esibito in duo con Bobby McFerrin. Tanto istrionico e sconclusionato quest’ultimo, nella sua verve da mattatore (in certi momenti anche un po’ fuori luogo) quanto serio, amichevole e accondiscendente l’altro. E quando McFerrin si è allontanato dal palco per lasciare spazio a un intermezzo di piano solo, ecco scendere dal cielo una versione di Walz for Debby giocata con una maestria e una compiutezza miracolose.
Ironia della sorte, quest’anno il lettori di «Downbeat» avevano eletto il suo gruppo Chick Corea Trilogy come migliore band del 2020. Non avremo più modo di ascoltarla live. Si tratterà, per i posteri, solo dell’ultimo tassello di un mosaico strabiliante, di un’eredità che ha avuto davvero un posto unico nella storia della musica.
Omaggio al Cappellaio matto
In Memoriam - Un ricordo del grande pianista jazz Chick Corea
/ 22.02.2021
di Alessandro Zanoli
di Alessandro Zanoli