Bibliografia
Claudia Bianchi, Hate speech. Il lato oscuro del linguaggio, Roma-Bari, Laterza editore, 2021


Odio e linguaggio

Nella ormai ricca serie di studi dedicati al linguaggio d’odio, l’ultima pubblicazione della pragmaticista Claudia Bianchi
/ 22.03.2021
di Stefano Vassere

Lo studio del discorso d’odio alimenta, anche in Italia, una disciplina che negli ultimi anni è costantemente cresciuta e maturata. Questo settore dell’analisi linguistica (e socioculturale) pare essere diventato uno degli argomenti più produttivamente frequentati della sociolinguistica contemporanea, dalle prime raccolte di parole con tutt’al più qualche glossa o postilla, all’assunzione della teoria pragmatica degli atti linguistici, all’applicazione decisa e inesorabile di questo modello con tutta la sua energia classificatoria e interpretativa.

Con la teoria degli atti linguistici di John Austin siamo nelle parti più coraggiose della linguistica novecentesca, della cui onda lunga fanno buon uso spiegazioni anche molto attuali. Le parole che fanno cose, che determinano un’azione concreta sul mondo e sui nostri interlocutori; le cose che fanno parole, la direzione inversa dove la lingua è influenzata dai contesti nei quali è usata; la concezione della lingua come uno strumento potente, che può letteralmente fare del bene e del male, che piega le vite altrui, che riduce i margini del prossimo; la lingua che da sola non va da nessuna parte e che è necessario affiancare a un contesto dove gli interlocutori interagiscono per avere, appunto e infine, una vera ed efficace comunicazione. La pragmatica è in un certo senso la disciplina più utile dell’intera scienza linguistica; è da quei crocevia che transita infatti il piano della comunicazione reale.

Claudia Bianchi è autrice di uno dei migliori manuali in questo campo, Pragmatica del linguaggio, pubblicato ormai quasi venti anni fa e che porta, a titolare i suoi capitoli, le intestazioni storiche dello stesso Austin: Fare cose con le parole, Fare parole con le cose. Ora, nel flusso dinamico dei contributi su odio e linguaggio, esce questo Hate speech. Il lato oscuro del linguaggio, libro di peso e spessore, come si deve alla serietà dei temi e alla dignità dell’approccio ormai conquistata. I temi sono la trasmissione del disprezzo e della violenza all’indirizzo di un interlocutore individuale o collettivo; il ruolo di chi assiste a questa trasmissione; ma anche il potere di incitamento del linguaggio d’odio, la sua banalizzazione, la sua condivisione.

Alla trattazione delle parole d’odio, gli approcci più recenti associano lo studio delle forzature sul piano della comunicazione stessa. Una sorta di «ingiustizia discorsiva», dove la persona con cui si parla appare ridotta se non addirittura annichilita e impossibilitata a fare valere le sue ragioni. Accanto alle conseguenze visibili e toccabili sull’integrità di chi è raggiunto da questo linguaggio e di chi gli sta in un qualche modo vicino, sono le stesse sue posture comunicative a venirne compromesse. Nell’ampio capitolo dedicato alla violenza sessuale, si cita l’immagine simbolica e fulminante della filosofa femminista Rae Langton, secondo la quale «la donna che cerca di rifiutare un rapporto sessuale è come l’attore sul palcoscenico che tenta di avvertire il pubblico di un incendio scoppiato in teatro: per quanto si sforzi, i suoi tentativi verranno interpretati come parte di un copione, e sono votati al fallimento»

Originale e rassicurante nella prospettiva della leggibilità è la scelta di questo libro di aprire ogni capitolo con la trascrizione di un esteso passo letterario, dove quanto poi verrà analizzato nelle pagine a seguire trova una sua anticipazione narrativa esemplare: lo scontro tra Miranda e Calibano nella Tempesta di Shakespeare, l’elegante descrizione della proposta di matrimonio del capitano Blifil a Miss Bridget in Tom Jones di Henry Fielding o quella di analoga situazione protagonisti Elizabeth Bennett e «l’orribile cugino sig. Collins» in Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen. Libri di questo tipo sono infine di notevole valore civile, per la materia trattata e per la serietà degli strumenti applicati. Insomma, fanno del bene alla società e al cittadino.