In amore, per ogni gaudenza ci vuole sofferenza. È il titolo di un popolare film del 1971 di Gianfranco De Bosio ispirato a La Betìa del Ruzante (al secolo Angelo Beolco), una commedia legata al filone delle farse matrimoniali, genere poco discosto dai contrasti giullareschi del ’500.
Lo prendiamo in prestito, anche se può far sorridere, per parafrasare l’impegno richiesto in campo digitale per sopperire all’assenza della liturgia teatrale tradizionale. È una soluzione immateriale, talvolta ambiziosa, orientata verso scenari oggi opportuni e necessari per alimentare la fiamma del desiderio prima di uscire dall’inquietudine generata da un lungo fioretto pandemico. Dunque, come per ogni atto d’amore vero, continuiamo a soffrire alla ricerca del piacere con proposte messe in rete. E fra le iniziative più sostanziose, ma anche piuttosto impegnative per la loro dimensione concettuale, certamente sono da annoverare quelle di Lingua Madre, il progetto creato e prodotto dal LAC.
Dopo il debutto delle Poesie anatomiche di Francesca Sangalli con i movimenti di Camilla Parini e di Aspettando una nuova aurora di Cosimo Terlizzi, le capsule per il futuro del polo culturale luganese hanno proseguito la loro gemmazione digitale con Ci guardano. Prontuario di un innocente di Carmelo Rifici e Uncanny Valley di Stefan Kaegi. Con la prima l’autore punta la videocamera di Olmo Cerri (RAC) sugli allievi della Scuola «Luca Ronconi» del Piccolo di Milano per illustrare altrettanti monologhi. Un volo metaforico sull’essenza del teatro, sul linguaggio, sul corpo ma soprattutto sulla parola che circonda l’atto sacrificale alle origini della rappresentazione, fra il sacro e il profano, attraverso l’evocazione di temi e personaggi analizzati dal regista in questi ultimi anni.
È un flusso di coscienza, come annota Rifici, che lascia trasparire la dimensione primordiale, onirica, cosmica e religiosa del teatro: da Isacco a Ifigenia, da Telemaco a Emily Dickinson, da Gesù Cristo a Artaud passando per Alfredino Rampi con belle e studiate immagini che rivivono la dimensione pittorica e simbolica di Velasquez, rincorrendo le origini del mito. Un lavoro altamente professionale in cui, accanto alle poetiche care al regista, emergono le qualità dei giovani interpreti insieme all’eccellente realizzazione filmata, curata nei minimi dettagli.
Se questa produzione è ancora visibile sul sito, e la consigliamo, Uncanny Valley di Stefan Kaegi (Rimini Protokoll) è stato purtroppo lasciato in visione solo per un giorno ma verrà replicato il 22 aprile (22.00-23.00). Scritto con il drammaturgo Thomas Melle, affronta il tema degli androidi e della loro somiglianza agli esseri umani. Il video, in inglese sottotitolato in italiano, documenta il lavoro teatrale.