Nouvelle vague rosa?

Alla vigilia del Premio del cinema svizzero spicca il numero importante di donne in gara
/ 22.03.2021
di Nicola Mazzi

Il film favorito del Premio del cinema svizzero 2021 (i Quartz) – che si tiene il 26 marzo a Ginevra – è Schwesterlein delle registe Véronique Reymond e Stéphanie Chuat. Candidato per la Svizzera all’Oscar (anche se purtroppo non è entrato nella shortlist dei 15 Paesi in corsa per il premio nella categoria dei film stranieri), ha dalla sua ben sei nominations. È seguito da Platzspitzbaby di Pierre Monnard con quattro e da Mare di Andrea Štaka con tre. Bene anche Atlas, di Niccolò Castelli, che tiene alta la bandiera del Ticino con due candidature (miglior film e miglior fotografia). 

Diciamolo subito: l’opera delle due registe losannesi è il migliore in lizza. La storia di Lisa (una bravissima Nina Hoss), drammaturga che ha smesso di scrivere e che fa il possibile per far risalire sul palco il fratello attore gravemente malato di tumore, è di quelle che colpiscono. Già nel concorso principale a Berlino nel 2020, Schwesterlein commuove per il modo in cui viene messo in scena il rapporto tra i fratelli e soprattutto per l’abnegazione con la quale la sorella cerca di far vivere nel migliore dei modi gli ultimi giorni di vita al fratello. Una storia, anche un poco autobiografica, in quanto la stessa Stéphanie Chuat – proprio durante la lavorazione del film – è stata colpita dalla malattia della madre che ha accompagnato sino alla morte. Un fatto al quale le due registe hanno attinto per aumentare il realismo di alcune scene. 

Un tema, quello del prendersi cura di altre persone, che è centrale anche in Mare di Andrea Štaka (già vincitrice a Locarno nel 2006). In questo caso seguiamo la vita troppo tranquilla e monotona di Mare che vive con i figli e il marito, se ne prende appunto cura, in una modesta casa vicino a un aeroporto (simbolo della fuga), fino a quando non incontra un giovane lavoratore che sconvolgerà la sua routine. 

Il terzo film in lizza per il Quartz è Platzspitzbaby, che ci fa fare un tuffo negli anni 90, in quel famigerato parco zurighese, ritrovo dei tossici di tutta Europa. Anche in questo caso la protagonista è una donna, anzi una ragazza, Mia, la quale cerca in tutti i modi di aiutare la madre a disintossicarsi: ancora una volta torna il tema della presa a carico di una persona che ha bisogno di un aiuto. Soggetto presente anche in Wanda, Mein Wunder (che aveva aperto il Festival di Zurigo dopo un premio al Tribeca di New York), nel quale una madre polacca lascia i suoi due figli e il suo paese per occuparsi di un uomo paralizzato dopo un ictus, in una villa sul lago di Zurigo. 

Infine, nella cinquina per il miglior film, abbiamo anche il ticinese Atlas (presentato in apertura a Soletta) di cui abbiamo già parlato, evidenziandone pregi e difetti. In fondo, se ci pensiamo bene e collegandoci al nostro tema, anche in questo caso siamo di fronte alla cura, ma rivolta a sé stessi e al proprio dolore dopo l’uccisione degli amici. 

La presenza «ticinese» non si limita al film di Castelli, ma comprende anche altre opere. Per esempio, Il mio corpo di Michele Pennetta nella sezione «Documentari» che racconta di come alcune persone cercano di sopravvivere in una Sicilia abbandonata. Tra i cortometraggi è stato nominato Tuffo di Jean-Guillaume Sonnier. Ambientato sulle rive del Gambarogno, mette in scena un mistero: da generazioni alcune donne scompaiono nel lago senza lasciare traccia. E, tra i migliori film d’animazione, è presente anche Only a Child di Simone Giampaolo, il quale assembla le tavole di 20 disegnatori che accompagnano le parole ambientaliste di una 12enne, pronunciate al Summit di Rio nel 1992. 

Quella di quest’anno è un’edizione particolarmente al femminile, con molte donne davanti e dietro alla macchina da presa. E del resto la tendenza era stata ben presente nei maggiori festival svizzeri del 2020. Partendo da Soletta, passando per Nyon e Locarno per arrivare a Zurigo e a Castellinaria di Bellinzona. A dimostrazione della bravura di una nuova generazione di registe e attrici e forse della presenza in Svizzera di una nuova Nouvelle Vague a tinte rosa.