Nell’ossessione di Terry

Uno, cento, mille Figli di Sam: un true crime ad alto livello ansiogeno
/ 07.06.2021
di Fabrizio Coli

David Berkowitz, il Figlio di Sam. Tra il 1976 e il 1977 il famigerato serial killer ha terrorizzato New York, uccidendo sei persone e ferendone altre sette. Si trattava di aggressioni apparentemente casuali, per lo più a giovani coppie sorprese in macchina in luoghi appartati e freddate a colpi di 44 Magnum. Arrestato il 10 agosto del 1977, Berkowitz dichiarò di aver preso ordini dal cane del vicino, secondo lui un demone che gli parlava. È tutt’ora in carcere.

La mini serie true crime, Figli di Sam: verso le tenebre, torna ora su questa storia già sfruttata da cinema e tv. Il caso ha costituito lo sfondo di Summer of Sam di Spike Lee e anche nel documentario in quattro puntate targato Netflix l’accento non cade tanto sul killer. Certo, non mancano i dettagli degli efferati omicidi o della personalità di Berkowitz che scriveva lettere di sfida alla polizia. Ma il vero protagonista è Maury Terry, giornalista scomparso nel 2015 e sconosciuto ai più fuori dagli Stati Uniti. Inimicandosi gran parte del dipartimento di polizia di New York, Terry ha dedicato la vita a cercare di rovesciare la versione ufficiale del killer solitario e a dimostrare senza successo la sua verità. Cioè che Berkowitz non avesse agito da solo ma fosse invece la punta dell’iceberg di un enorme complotto satanista.

Ex redattore della rivista aziendale dell’IBM, Terry sente subito puzza di bruciato. Uno degli identikit diffusi durante il regno di terrore del Figlio di Sam, pseudonimo con cui il killer si è ribattezzato, non somiglia per niente a Berkowitz, bensì a uno dei suoi vicini di casa, uno dei figli del proprietario del famoso cane. Negli anni, la tela in cui Terry intesse fatti verificabili e congetture si estende a dismisura. Vi confluiscono la morte violenta del vicino di Berkowitz, un’oscura chiesa chiamata The Process fondata da alcuni ex membri di Scientology, un’altrettanto misteriosa setta dal nome di The Children, il brutale omicidio di una studentessa in California… Si arriva perfino a tirare in ballo la Manson Family, ma le prove inconfutabili di questi collegamenti scarseggiano. A stuzzicare Terry, in più ci si mette lo stesso Berkowitz, che gli scrive dal carcere e alla fine accetta di incontrarlo.

Ricorrendo al consueto arsenale di materiali d’archivio, interviste e testimonianze, il regista Joshua Zeman confeziona un prodotto ansiogeno e serrato ma anche sovrabbondante di informazioni che, poste tutte sullo stesso piano, risultano poco a fuoco. Per di più il suo ruolo non è neutro. Proprio a lui, che negli anni ne è diventato amico, Terry ha lasciato in eredità tutto il suo archivio e Zeman sembra intenzionato a rendergli una giustizia tardiva. Ma per quanto si sforzi non riesce a cancellare la palpabile frustrazione di Terry, che forse sognava un Pulitzer mentre le sue indagini – raccolte nel libro The Ultimate Evil – sono state pane per tabloid e talk show viscerali.

Alla fine, la parola che riassume Figli di Sam è ossessione: l’ossessione personale di Terry, che sprofonda in un pozzo senza fondo, attaccandosi alla bottiglia e mandando a rotoli il suo matrimonio, ma anche l’ossessione generale del pubblico per i serial killer e i crimini violenti che tanto ci disgustano quanto ci attraggono.

I dubbi però restano. Sotto le mille teorie complottiste, alcune intuizioni di Terry si sono dimostrate esatte, come quella sul colpevole dell’efferato omicidio della studentessa californiana, catturato anni dopo. Solo perché sei paranoico, non vuol dire che qualcuno non ti stia osservando davvero.