Con i musei di mezzo mondo chiusi al pubblico e con l’impossibilità di viaggiare non resta che tentare qualche avventura virtuale, approfittando del fatto che molte istituzioni e siti archeologici propongono visite senza muoversi di casa. Non è la stessa cosa che vedere di persona ma, come si dice, meglio di niente. La grande mostra sugli Etruschi è attualmente chiusa, ma l’intenzione è quella di tornare presto a riaprire al pubblico le sale del Museo archeologico di Bologna, appena la situazione sanitaria lo permetterà. Chi non volesse aspettare può averne un assaggio cliccando su youtube (youtube.com/watch?v=5ietqZJGX7c) e su www.lepida.tv/video/museo-archeologico-di-bologna.
Quella di Bologna una mostra che racconta la vita degli Etruschi (vent’anni dopo quella famosa di Palazzo Grassi a Venezia dove furono definiti riduttivamente «i giapponesi dell’antichità») che, oltre al piacere di presentare reperti noti di rilevanza archeologica e di grande valore estetico, aggiunge ulteriori elementi di conoscenza. Infatti negli ultimi decenni sono state effettuate nuove ricerche, acquisiti reperti importanti e ri-studiati oggetti nei depositi dei musei che hanno un po’ cambiato le carte in tavola e che ora la mostra vuole illustrare, dando agli Etruschi il ruolo centrale che spetta loro nella storia; con prestiti da una sessantina di istituzioni italiane ed estere per un totale di 1400 oggetti e un catalogo con saggi inediti che fanno il punto sulle ricerche.
Vent’anni orsono Massimo Pallottino aveva dato una sterzata alle interpretazioni sull’origine degli Etruschi introducendo il concetto di formazione in loco di una cultura (poi definibile come etrusca), abbandonando quindi le teorie di una migrazione massiccia da terre lontane; ma recentemente notizie di iscrizioni in una lingua apparentata con l’etrusco sono saltate fuori sull’isola greca di Lemnos (terra metallifera per eccellenza) già considerata dagli studiosi possibile tappa del loro viaggio verso occidente.
Comunque sia, le recenti acquisizioni sembrano portare alla conclusione che tra il XII e il X sec. a.C. abbia cominciato a prendere lentamente forma nell’Italia centrale una cultura originale, sfaccettata ma con caratteristiche comuni, grazie all’incontro di genti locali e di gruppi di popolazione provenienti dalla Grecia, abili navigatori e artigiani metallurgici. Una civiltà che nel I millennio a.C. ha marcato, in modi e fasi diversi, la penisola italiana dalla Lombardia alla Campania, passando per la Toscana, l’Emilia-Romagna e il Lazio, con intensi contatti commerciali e culturali, scambi di persone e idee con altri popoli del bacino mediterraneo e con quelli circostanti: Latini, Galli, Veneti, Liguri, Sanniti e naturalmente i Romani, che poi assorbirono il tutto.
La mostra Viaggio nelle terre dei Rasna (come gli Etruschi chiamavano sé stessi) è un doppio invito che oggi rimane purtroppo sospeso in attesa di tempi migliori: da una parte a conoscere la civiltà etrusca partendo dalle origini per proseguire con la nascita delle città, il potere dei Principi nell’VIII-VI secolo, lo sviluppo di una forma di democrazia e la fine del mondo etrusco verso il I secolo a.C.; dall’altra a percorrere in prima persona, quando sarà possibile, le regioni d’Italia dove questo straordinario popolo ha lasciato tracce fondamentali alla scoperta di alcuni significativi paesaggi naturali e culturali, non limitandosi alle necropoli ma parlando anche di architettura civile, templi ed empori commerciali: Pyrgi, Cerveteri, Veio, Vulci, Populonia, Tarquinia e tanti altri ancora, dal Po a Pompei.
Per l’occasione sono esposti una serie di reperti di grande impatto emotivo ed estetico in una cornice museografica moderna ed essenziale. Spettacolare la celebre tomba delle hydriae di Meidias con oggetti di tradizione greca, quali suppellettili in bronzo e i due grandi vasi dipinti a figure rosse che danno il nome alla tomba principesca di fine V sec. a.C.; oppure la curiosa sepoltura bolognese con un corredo in legno (un soppalco sul quale era deposto il cinerario coperto da un manto in pelle dal quale spuntavano i piedi rifatti in legno, sgabelli e un tavolo a 12 zampe con offerte votive) perfettamente conservatisi nei secoli. Ancora, un grande vaso da Chianciano con la rappresentazione simbolica in rilievo del viaggio di un’anima verso l’eternità, un trono pieghevole di magistrato in zanne di elefante e una tavola con la rappresentazione della città celeste in parallelo con quella terrestre. Per intanto vediamoceli virtualmente con la speranza di poterli godere presto con gli occhi e con il cuore.