Inesauribile fonte di sorprese, il Monte Verità annovera oggi un nuovo tassello nel percorso di riscoperta e presentazione delle proprie vicende. Se ci eravamo lasciati nel maggio 2017 con la riapertura di Casa Anatta, dallo scorso primo aprile è visitabile un’altra sezione del complesso museale: si tratta dell’allestimento, a seguito del restauro, del dipinto di Elisàr von Kupffer Il chiaro mondo dei beati. Un vero e proprio panorama, ovvero quel tipo di veduta circolare, molto in voga nell’Ottocento, che offre all’osservatore l’illusione di entrare d’un tratto nel mezzo di un paesaggio dipinto, che si sviluppa a trecentosessanta gradi. In questo caso, ci ritroviamo in un ambiente idilliaco, abitato da figure efebiche ritratte attraverso le quattro stagioni.
Quando Harald Szeemann venne a conoscenza di quest’opera nel contesto delle sue ricerche sulla Lebensreform, ne rimase affascinato, rilevando anche lo sforzo dell’autore per creare un ambiente suggestivo, determinato da luci, colori e concatenazione delle opere, quasi alla stregua dei moderni environment. Szeemann volle quindi includere Il chiaro mondo dei beati nella sua mostra Le mammelle della verità, che dal 1978 viaggiò da Ascona a Zurigo, Berlino, Vienna e Monaco di Baviera. Fu proprio l’interesse del curatore bernese ad attivare il meccanismo di salvaguardia di quest’opera – e della storia che porta con sé – che con ogni probabilità sarebbe altrimenti andata dimenticata. È David Streiff, già direttore dell’Ufficio federale della cultura e oggi membro dell’Associazione Pro Elisarion, a raccontarne in questa intervista.
Elisàr von Kupffer è un personaggio affascinante: potrebbe dirci qualcosa su di lui, anche per capire la sua presenza in Ticino?
Elisàr nasce nel 1872 da una famiglia della piccola nobiltà tedesca del Baltico. A San Pietroburgo studia lingue e giurisprudenza, decidendo poi di diventare scrittore. Qui incontra anche Eduard von Mayer, figlio di un medico. I due diventano amici inseparabili e compagni di vita. La loro formazione prosegue a Berlino e Monaco di Baviera. Elisàr pubblica nel 1900 Lieblingsminne und Freundesliebe in der Weltliteratur, la prima antologia di testi omoerotici. Seguono viaggi in Grecia e Italia e un lungo soggiorno fiorentino dal 1902 al 1915.
Viste le tensioni politiche antitedesche dovute alla Prima guerra mondiale, i due si spostano in Ticino. Vivono a Muralto, finché – nel 1925 – acquistano un terreno a Minusio. È in questo periodo che Elisàr comincia a dipingere. Sulla base di un progetto architettonico che combina casa e tempio, viene eretto il «Sanctuarium Artis Elisarion», che apre al pubblico nel 1927. Von Kupffer muore nel 1942, mentre von Mayer nel 1960. Non si realizza il desiderio che sia il Cantone a occuparsi dell’edificio: erede diventa il Comune di Minusio.
Von Kupffer arrivò a fondare una religione, il Clarismo, un culto definito «antipatriarcale». Che cosa auspicava questa dottrina?
Già durante gli anni in Italia Mayer e Kupffer sognano di creare una nuova religione, che chiameranno «Clarismo». Non sono gli unici a farlo in questo periodo: molto più successo, per esempio, ebbero Rudolf Steiner e la sua antroposofia. È un tentativo di superare le differenze fra generi, verso una fusione di caratteristiche maschili e femminili. A questo sottende senza dubbio un’apologia dell’omosessualità. Questo è ciò che si intendeva con «religione antipatriarcale». Per un certo tempo riscosse successo e in Germania furono perfino aperti dei centri claristi. Oggi, il loro programma può essere considerato come un’anticipazione delle attuali discussioni sulla diversità di gender e sulla questione LGBTQ.
Qual è il valore storico del dipinto appena restaurato Chiaro mondo dei Beati e del Santuario, che tanto suscitarono l’interesse di Szeemann? Egli gli dedicò ampio spazio nel suo progetto sul Monte Verità.
Il Chiaro mondo dei Beati è l’opera centrale di Elisàr, l’apoteosi della religione che ideò, insieme a von Mayer, e della sua opera pittorica. Per esso, al secondo piano, fu costruita nel 1939 un’apposita sala circolare, fulcro del santuario Elisarion. Il «Chiaro mondo» conclude un percorso spirituale all’interno dell’edificio, lungo il quale si passava dal caos del mondo reale a una sorta di eden. Anche al pianterreno i visitatori potevano ammirare un gran numero di dipinti di Elisàr, che completavano questo pellegrinaggio.
Il valore storico sta nella singolarità di questo grande dipinto che rappresenta il peculiare paradiso clarista nella forma di un dipinto circolare. Lo stile si inserisce nel concetto di «Arte ossessiva» e di sogno di una vita alternativa che affascinava tanto Harald Szeemann e che tanto lo interessava al Monte Verità.
Le esperienze del Monte Verità e il santuario di Minusio non ebbero una relazione diretta, ma secondo Szeemann il secondo fu quasi una continuazione ideale del primo. Come si inserisce oggi il dipinto nel contesto museale?
Gli interni originali dell’Elisarion di Minusio furono distrutti alla fine degli anni Settanta per trasformare l’edificio in un centro culturale. Szeemann, che aveva salvato in extremis il Chiaro mondo e tante altre opere, trovò una soluzione sistemandolo al Monte Verità. Fece costruire una sorta di capanna per esporre il Chiaro mondo e alcuni altri quadri.
Come segnala lei, Mayer e von Kupffer non erano in contatto con la comunità del Monte Verità, ma Szeemann aveva ragione: sono movimenti riformatori paralleli, sorti all’insegna della ricerca di un mondo migliore. Oggi il padiglione Elisarion restaurato è diventato uno dei luoghi emblematici del complesso museale Monte Verità, accanto all’albergo in stile Bauhaus e a Casa Anatta.
Come è stato svolto il lavoro di sensibilizzazione sul valore storico e culturale dell’Elisarion?
Dopo la morte di Szeemann nel 2005 e la pubblicazione di un primo studio scientifico sull’arte di Elisàr, nel 2008 alcuni amici si sono riuniti per fondare la «Pro Elisarion». Lo scopo era «la salvaguardia del lascito di Elisàr von Kupffer», «il restauro del dipinto circolare attualmente al Monte Verità» e «la sistemazione del lascito fotografico ed epistolare di Elisàr von Kupffer ed Eduard von Mayer». Proprio come Harald Szeemann, anche noi ci siamo molto appassionati a questo lascito che per tanto tempo fu in pericolo.
Grazie a Joel Morgantini, già membro del Consiglio comunale, nel 2011 il Comune di Minusio ci concesse la possibilità di realizzare nella casa stessa una mostra dedicata ai fondatori dell’Elisarion. Per la prima volta le fotografie diedero un’idea di ciò che rappresentava l’Elisarion in termini di «Gesamtkunstwerk»: diventava comprensibile il programma iconografico della casa e la funzione del Chiaro Mondo nella rotonda del secondo piano.
La Pro Elisarion rappresenta un esempio emblematico di sostegno attivo alla cultura da parte della cittadinanza. Vuole raccontarci come siete arrivati fino ai risultati attuali?
La mostra del 2011 ha dato il via a un percorso di raccolta fondi e di lavori che, dieci anni più tardi, hanno permesso l’apertura del padiglione con una nuova mise-en-scène del dipinto circolare restaurato. Il contributo finanziario iniziale è stato dato dal Comune di Minusio, al quale hanno fatto seguito i contributi del Cantone, ma anche la «Pro Elisarion» è riuscita a trovare finanziamenti decisivi, anche grazie alla «Pro Patria».
Così, il Chiaro Mondo dei Beati, che oggi è conservato nelle corrette condizioni di temperatura e umidità, ha trovato di nuovo la sua forma originale di «panorama», una tipologia di opera davvero rara in Svizzera e senz’altro questo ne è l’unico esemplare in Ticino.