Movida all’acqua di rose

Con Sotto il sole di Riccione si è cercato di realizzare un prodotto che non scontentasse nessuno
/ 03.08.2020
di Nicola Falcinella

Il film italiano dell’estate di Netflix è una commedia che sembra arrivare dagli anni ’80. Sotto il Sole di Riccione, diretto dall’esordiente duo YouNuts! partendo da un soggetto di Enrico Vanzina, è un omaggio dichiarato a un titolo che ha segnato quel decennio, ossia Sapore di mare (1983). Anche qui si parte da una canzone tormentone estivo, quella dei The Giornalisti con lo stesso titolo, per raccontare una stagione e una vacanza al mare.

Siamo nella nota località romagnola, che prende il posto della toscana Forte dei Marmi, del resto i tempi e le mode sono cambiate. Là eravamo negli anni ’60, stavolta al giorno d’oggi, ma l’ambientazione è abbastanza atemporale e, se non fosse per gli onnipresenti telefoni, potremmo benissimo credere di essere tornati negli ’80, cui occhieggiano le scenografie e i costumi. Non è una scelta dettata da una nostalgia per un’epoca, come lo era per il film di Carlo Vanzina, quanto di mero gusto estetico. Del resto in Sotto il Sole di Riccione non c’è il minimo riferimento all’attualità, è tutto molto neutro, la realtà non irrompe mai, è come se i personaggi vivessero in una bolla.

Va bene che la vacanza è per definizione un momento di distacco, ma forse qui è troppo, non appare una notizia da un telegiornale, un problema reale, un contatto con il mondo di oggi o, quantomeno, dell’anno scorso. È la storia corale di diversi giovani arrivati in Romagna per qualche settimana all’insegna del divertimento, compreso il cantante Ciro, giunto per partecipare a un concorso canoro, che si ritrova a fare il bagnino. Non c’è un filo principale a reggere la trama, che è un alternarsi e susseguirsi di episodi che coinvolgono i tanti personaggi, fino a culminare in un concerto di Tommaso Paradiso.

Gli interpreti sono in prevalenza esponenti dello star system emergente italiano, protagonisti di film o di serie come Skam o Baby. C’è anche Isabella Ferrari, altro esplicito richiamo al modello di cui sopra, nella parte dell’apprensiva madre di un ragazzo cieco, Vincenzo, protagonista di una vicenda amorosa attraverso i social. Questa della complementarietà tra vita affettiva reale e digitale dei protagonisti è una delle cose più curate e riuscite. Tutto sommato è un film senza troppi lampi, forse piatto, dalla regia anonima e che si limita a una ricerca estetica superficiale un po’ videoclippara. Nonostante la presenza di Andrea Roncati, noto per i suoi ruoli leggermente trash e qui ben calato nei panni del vecchio dongiovanni di provincia, Sotto il sole di Riccione è un film pudico e casto, ripulito da ogni possibile eccesso.

Si tratta di una scelta precisa della committenza Netflix, in parte per abbassare il target di spettatori, in parte per non avere alcun tipo di censura o limitazione nei 190 Paesi nei quali è disponibile. L’effetto del mercato globale porta a prodotti uniformi e a un nuovo conformismo, come neanche la Hollywood dei momenti più bigotti.