Dove e quando

Lo spazio ritrovato. Rassegna di arte pubblica. Morcote. Fino al 23 settembre 2018. Nel borgo le opere sono fruibili gratuitamente e senza limiti di accesso. Orari Parco Scherrer: 10.00-17.00, luglio e agosto 10.00-18.00.

Karolina Halatek Ray, 2018, Vetro acrilico, ferro, legno (© Daniela & Tonatiuh)


Morcote museo a cielo aperto

Il borgo lacustre ospita la seconda edizione della rassegna di arte pubblica
/ 27.08.2018
di Alessia Brughera

Da tempo l’arte non vive più soltanto nelle sedi convenzionalmente deputate all’esposizione ma si espande nel tessuto urbano, intrecciando una rete di relazioni culturali con la società attraverso azioni e forme legate alle urgenze del contemporaneo.

Molti artisti sentono forte l’esigenza di portare il proprio lavoro in un luogo che per definizione è un’area di scambio e di dialogo. Abbattendo le inibizioni e i limiti che contenitori chiusi quali musei e gallerie creano nel rapporto tra opera e spettatore, l’arte pubblica invade l’esistenza comune delle persone mutando la loro abituale visione degli spazi quotidiani.

È un’arte che la gente spesso fruisce in maniera casuale e inattesa, e che proprio per questo può innescare reazioni e riflessioni più spontanee rispetto al confronto consapevole che si instaura con le opere nelle sale museali. L’elemento inconsueto si insinua così nei contesti della vita di tutti i giorni e si fa incentivo per l’occhio e per la mente: il non-familiare si trasforma in familiare diventando parte di un immaginario condiviso e metafora di come la collettività riesca ad assorbire uno stimolo facendolo confluire nella propria storia.

Strumento privilegiato per sviluppare connessioni tra opera, persone e tessuto cittadino, l’arte pubblica carica di nuovi significati i paesaggi sociali e genera meccanismi inediti di partecipazione. Lo spettatore diviene attore, l’opera d’arte smette di essere considerata come qualcosa di lontano e avulso dalla comunità, l’artista scende dal suo piedistallo per mischiarsi tra la gente e penetrare la realtà del mondo esterno.

Non è quindi un caso che la rassegna di arte pubblica di Morcote, giunta alla sua seconda edizione, abbia come titolo Lo spazio ritrovato, a sottolineare come l’arte possa valorizzare la città e condurre i visitatori a una sua riscoperta attraverso la forza motrice della creatività.

La mostra si dispiega per tutto il villaggio, costellando di segni artistici della contemporaneità il lungolago, le viuzze del paese, i monumenti storici e le bellezze naturalistiche. L’itinerario, che ha come punto di partenza ideale l’autosilo comunale Garavello (dove ci si può munire di un’utile mappa) e come punto di arrivo il Parco Scherrer, è costituito da quindici opere di artisti provenienti dal nostro cantone, dalla Svizzera e dall’estero. Nella maggior parte dei casi i lavori sono site-specific, concepiti dagli autori per colloquiare con le peculiarità di Morcote.

Tra gli interventi che incontriamo a inizio percorso, di particolare interesse è l’installazione che la giovane ticinese Elisa Storelli ha realizzato in collaborazione con l’artista tedesco Constantin Engelmann, un lavoro intitolato Reality Glitch in cui due anemoscopi per la misurazione del vento segnano direzioni opposte del flusso dell’aria: ciò che si crea è un inganno visivo, testimonianza della capacità dei due autori di manipolare in maniera ludica le leggi fisiche.

Un’altra coppia di artisti, Sabina Lang e Daniel Baumann, ha giocato con lo spettatore e con il contesto urbano di Morcote collocando nelle finestre di un edificio dei cilindri in poliuretano che, gonfiandosi, diventano grandi sfere trasparenti. Significativi rappresentanti della scena artistica bernese, i due amano sollecitare l’immaginazione attraverso opere effimere fatte con materiali modesti, sfidando le regole della percezione in stretto dialogo con lo spazio.

Di una semplicità solo apparente è il lavoro di Adriana Beretta, artista nata a Brissago la cui produzione si muove tra pittura, fotografia, disegno e installazione. A Morcote la Beretta è intervenuta all’interno di un’edicola con un’opera in marmo bianco che ridefinisce l’ambiente delineando nuove traiettorie visive. Nella sua essenzialità, essa risulta emblematica di una ricerca volta a svelare la complessità dei processi percettivi.

Agli antipodi per l’effetto spettacolare che ha sul fruitore è l’installazione dell’italiano Alberto Biasi, figura vicina all’arte cinetica fin dagli anni Cinquanta, momento di massima notorietà di questa corrente legata allo studio dei meccanismi della visione e dei fenomeni ottici e della luce. L’opera che l’artista ha portato a Morcote è un lavoro storico riadattato per l’occasione: inserito nell’Oratorio di Sant’Antonio da Padova, Light Prism coinvolge lo spettatore con giochi luminosi e illusioni di movimento che generano uno scenografico arcobaleno cangiante.

Nella poliedrica cornice del Parco Scherrer, bella è l’opera del duo ticinese Gysin-Vanetti, espressione dello spirito ludico che anima la coppia e della sua abilità nel dar vita a lavori che sanno sorprendere rivoluzionando la conoscenza che abbiamo degli oggetti quotidiani. È così che alcuni ostacoli per cavalli, sottratti alla loro abituale funzione, vengono adagiati sul prato, uno accanto all’altro, a creare colorati schemi geometrici che li rendono imprevisti veicoli d’arte.

Altro artista presente nel lussureggiante contesto del parco è Arthur Duff, nato in Germania da genitori americani e vicentino d’adozione, interessato all’utilizzo di neon, LED e diodi laser per produrre complesse strutture esperienziali che esortano la percezione. Nella limonaia, Duff ha inserito una delle sue tipiche opere in cui luce e parola sono gli strumenti per plasmare l’ambiente e caricarlo di nuove accezioni: le scritte al neon appese a lunghe corde in poliestere non hanno solo un valore narrativo ma divengono vere e proprie presenze scultoree che modulano lo spazio in maniera sottile e penetrante.

Ciò che emerge dalla rassegna di Morcote è come tutti gli artisti coinvolti siano riusciti, cosa non facile, a bilanciare la dimensione collettiva dell’arte pubblica con la ricerca di un contatto intimo con il singolo fruitore, attivando così un dialogo aperto e stimolante con la comunità e l’individuo.