Monte Verità, le origini

Sono entrate nel vivo le riprese della produzione Monte Verità, in cui si ripercorre l’affascinante storia di un luogo fuori da qualsiasi schema
/ 31.08.2020
di Nicola Falcinella

L’attrice tedesca Julia Jentsch, nota per Sophie Scholl, si affaccia alla veranda della Casa centrale del Monte Verità e si guarda attorno pensosa, nei panni della fondatrice Ida Hofmann. Sembra di essere tornati indietro di più di cent’anni, nel grande prato di Aurigeno, in Valle Maggia, dove si sta girando un film intitolato proprio Monte Verità e dove è stato ricostruito l’edificio. Il regista Stefan Jäger fa ripetere più volte la scena, poi, dopo una pausa, effettua una ripresa simile con la protagonista, l’austriaca Maresi Riegner. Intanto si preparano le comparse, sul set arrivano due asinelli, gli altri attori provano una scena nell’orto.

Tutto appare come se fossimo nel 1906, l’anno in cui è ambientata la pellicola, l’unico anacronismo è costituito dalle mascherine che le comparse e gli attori indossano fino al ciak e che tutta la troupe indossa costantemente. Le regole anti Covid-19 sono molto strette e rispettate sul set. Tutti hanno effettuato un tampone preventivo e ne faranno uno alla settimana per l’intera lavorazione. «Paradossalmente il Covid-19 presenta anche aspetti positivi, commenta il regista, abbiamo avuto più tempo per preparare il film. Inoltre la troupe è più calma e rilassata rispetto al solito, ci sono meno frenesia e meno pressione».

Al centro della storia c’è un personaggio di fantasia, Hanna Leitner, una giovane moglie e madre che scappa da Vienna, dal suo mondo borghese e dal marito, per arrivare ad Ascona. Nella natura e nella comunità di Monte Verità ritroverà sé stessa e scoprirà la passione per la fotografia, trovandosi di fronte a un nuovo dilemma. Il film è una coproduzione tra Svizzera, Germania e Austria e conta su un budget di sei milioni di franchi. Insieme a 40 & Climbing, terzo lungometraggio della ticinese basata a Londra, Bindu de Stoppani – con nel cast Euridice Axen, Elena di Cioccio e Anna Ferzetti – che si sta girando in val di Blenio e val Bedretto richiamando l’interesse della stampa specializzata internazionale, fa del Ticino un centro di produzione importante nel momento di ripresa dell’attività dopo l’interruzione per il coronavirus.

«Siamo molto contenti e orgogliosi per questi progetti – dichiara Nadia Dresti, direttrice della Ticino Film Commission, la quale sostiene le produzioni – che sono tra i maggiori da quando esiste la nostra Film Commission». La protagonista di Monte Verità Maresi Riegner non è molto nota fuori dall’Austria, ma ha all’attivo diversi lavori come Egon Schiele (2016), nel quale interpretava la sorella dell’artista, Gerti. In un cast di primo piano ci sono volti noti quali Max Hubacher, già protagonista di Der Hauptmann (2017), che interpreta il dottor Otto Gross, e Joel Basman, trentenne zurighese con un’intensa carriera anche internazionale, nelle vesti dello scrittore Hermann Hesse.

«L’idea del film è nata circa sei anni fa – racconta Jäger, che parla un ottimo italiano – quando una scrittrice che conoscevo mi ha presentato una storia. Sapeva che ero interessato a un soggetto sulla storia del Monte Verità, un’esperienza che avevo conosciuto da giovane e mi aveva sempre colpito, per le sue tante implicazioni e per il rapporto dei suoi ospiti con la natura».

«La scrittura ha avuto un lungo sviluppo – prosegue Jäger, regista di diversi lungometraggi quali Der grosse Sommer o Horizon Beautiful – all’inizio la storia aveva una struttura molto classica, ma è cambiata e ora ha un impianto moderno e ci sono tante donne protagoniste. L’unico personaggio inventato è la protagonista Hanna, gli altri sono tutti realmente esistiti, come Hesse o Isadora Duncan. Ci siamo immaginati questa donna, madre di due figlie e ammalata, che scappa da Vienna e dal marito, arrivando ad Ascona. Il marito le dice che non sarà mai una fotografa perché è una donna, pur essendo anch’egli un fotografo. La donna incontra il dottor Gross, si stabilisce al Monte Verità e diventa la fotografa del gruppo. Dovrà poi decidere che fare e si troverà davanti a un dilemma molto attuale».

«Ci siamo documentati molto grazie agli archivi della Fondazione, abbiamo visto circa 600 vecchie foto, siamo stati più volte al Monte Verità per farci ispirare dal luogo – aggiunge ancora il regista – Ida Hofmann è stata un’eroina dell’emancipazione delle donne, ha portato avanti un pensiero di libertà per il quale puoi essere chiunque liberamente. Qui erano in anticipo sui tempi, avevano già capito che ci deve essere un’armonia tra natura ed esseri umani».

La troupe gira per tre settimane in diverse zone del Locarnese, principalmente ad Aurigeno dove, oltre alla Casa centrale, sono state ricostruite tre «capanne aria-luce» sul modello originale. «La produzione crea un indotto importante per la regione, con settantacinque persone che alloggiano in zona per queste settimane, e venti ticinesi occupati a vario titolo. Il set è anche un esempio di sostenibilità e mobilità lenta grazie alla collaborazione del Dipartimento del territorio, dei comuni di Maggia, Losone e Ascona, dell’Ente regionale di sviluppo e dell’Ente turistico Lago Maggiore», conclude Nadia Dresti.