Manipolatori manipolati? Un dilemma

The Social Dilemma, il nuovo lavoro di Orlowsky
/ 14.12.2020
di Alessandro Panelli

The Social Dilemma è un docudrama scritto e diretto da Jeff Orlowski (Emmy nel 2012 per Chasing Ice), presentato nel 2020 al Sundance e disponibile su Netflix da settembre.

Il documentario punta i riflettori sulla dipendenza che social media quali Facebook, Twitter, Instagram, Youtube ecc. possono esercitare sull’utente attraverso aggressive manovre di marketing, quali la promozione di contenuti personalizzati per ogni utilizzatore e la diffusione di fake news.

A supporto di questa tesi vengono intervistati personaggi delle multinazionali tecnologiche. Fra le varie figure spiccano quella di Tristan Harris, ex designer di Google e co-fondatore del Center for Human Technology, Alza Raskin, leader creativo di FireFox, Justin Rosenstein, dipendente FB che lavorò alla creazione del famigerato «Like», Shoshana Zuboff, insegnante ad Harvard, filosofa e socio-psicologa e lo scrittore e scienziato Jaron Zepel Lanier. Parallelamente alle interviste, per una visione più fluida e accessibile al grande pubblico, si dipana una sotto-trama dal tono drammatico intenzionata a rappresentare, dal punto di vista di un giovane (interpretato da Skyler Gisondo, comparso in saghe quali Una notte al museo e The Amazing Spider-Man), l’invasione dei social media nella nostra quotidianità.

Nonostante il documentario sia complessivamente piacevole grazie a questa micro-fiction, nella quale il computer stesso viene addirittura «antropomorfizzato», The Social Dilemma tende a sfociare in clichés irritanti al punto da sembrare una banale opera di sensibilizzazione rivolta ai genitori.

D’altro canto, se lo scopo è quello di responsabilizzare, il documentario ci riesce in pieno. Pur affrontando argomenti noti, essi analizzano il comportamento umano di fronte alla tecnologia in modo molto efficace. Harris e gli altri esperti evocano le debolezze che portano all’uso compulsivo delle App che caratterizza la società odierna, ormai manipolata e bombardata 24/7 dalla (dis)informazione e dove all’utente, grazie agli algoritmi, si mostra solo ciò che gli può interessare, che può comprare, e che farà guadagnare cifre immense ai «giganti-manipolatori» il cui potere cresce proporzionalmente al numero di dati in loro possesso.

Lanier rappresenta bene il concetto con Wikipedia, che definisce «uno dei pochi siti (...) dove l’informazione resta invariata da utente a utente; (...) se Wikipedia iniziasse a dare informazioni personalizzate (...) a che livello di disinformazione si arriverebbe… questo è (...) quello che succede nei social media». Siamo arrivati al punto in cui l’utente è diventato lui stesso lo strumento generatore di profitto per i grandi manipolatori. E, spesso ignaro di ciò, è sopraffatto dalla disinformazione, che crea polarizzazione e divisione con conseguenze inimmaginabili.