Bibliografia

Tiziano Broggiato, Sorvoli, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2022.


Magmi di visioni

Poesie  ◆  Quelli di Tiziano Broggiato sono versi illuminati che disegnano percorsi a ventaglio
/ 07.08.2023
di Guido Monti

Nella nuova raccolta poetica di Tiziano Broggiato dal titolo Sorvoli, lo scrittore dà appuntamento nel verso a molte figure altre da sé, quasi volesse ricacciarle dal loro oblio, per un ultimo incontro, un’ultima amichevole constatazione: «… / Nella casa dai molti echi, / nei suoi silenziosi piani inclinati / transitano con pantofole di raso, / a giusta distanza dalla realtà, / assecondando un destino ricevuto / nel solco della mano. / Catturarli ora, bisognerebbe…/…». Ma convoca, ed è questo il fil rouge che sottostà a molte altre pagine, anche l’altro da sé; l’uomo che egli fu, con i suoi drammi, i dilemmi mai risolti, le molte sconfitte e le poche speranze centrifugate in una paccottiglia oramai deforme.

Ecco proprio con quest’uomo, il poeta vuol dialogare, con la parte più oscura e altra da sé; lo vuole anche per rendere più lucente e veridica la scrittura, che nello scandaglio, offre al lettore un portato metaforico ma ancor più simbolico e allegorico davvero rilevante, come nella vaticinante poesia dal titolo L’uomo confuso: «A ogni rientro il tappeto della camera / gli appare sempre più scuro. / Ha appena attraversato un’ultima volta, / senza angoscia, la città innominata/ capendo di non esser benvoluto. /… / E chi bussa ora alla porta, in modo preciso, / quasi convenuto? / qualcuno dal passato o la tenebra gnostica / che non vuol saperne di indietreggiare? /…».

La scrittura di Broggiato quindi si dà al lettore, non come ferma fotografia che fu, ma come diapositiva che sarà, dispensatrice di molti mondi proprio perché piena di quel Dna creativo che è dentro a ogni vera rammemorazione. E allora certo, non sapremo mai quanto dell’indice della storia è inscritto nei versi e quanto invece sia tocco dello spirito, ma cosa importa? In Sorvoli tutto parla con tutto e la parola talvolta ha la densità stratificata del reale, con quei suoi magmi di visioni allucinate, talaltra invece è come se fosse contornata da quelle lucine alte di certi affreschi giotteschi, piena quindi di una imminente salvezza. E dicevo poc’anzi, di quanto il poeta si serva, per sostenere il suo travaglio psicologico, i suoi molti abissi esistenziali, della natura la quale allegoricamente appunto, non è più solo un luogo concreto, misurabile, ma spazio dove si sfarinano i continui accadimenti sino al loro esaurirsi quasi in una escatologia della fine: «Mentre la luna si sta accomiatando / dopo una notte così così, / voci che non sono che ronzii / sperduti nel cavo degli anni, affiorano / difficili da riconoscere. / Voci simili a un antico sonoro / che chiamano giù, / nelle bisbiglianti acque del sonno/».

E certo ogni momento d’esperienza, rifluisce nel verso illuminandolo, dandogli concretezza e, come si accennava all’inizio, non vi è mai soliloquio nelle pagine, ma solo e sempre dialogo magari anche sotteso, tra il poeta e le figure migliori della sua vita, portatrici di un fremito ma anche di una resistenza civile, in mezzo alla tanta oscurità che fu e ci è attorno. Certo, si alzano tra le righe, anche le sconfitte relazionali, egualmente incise però in alcuni medaglioni della memoria indimenticabili per la loro nettezza: «… / Non importa se alla fine avrò avuto / ragione o torto: dello spazio vuoto / in cui stavamo, mi manca / l’ora estremamente lenta, dolcemente crudele / in cui l’uno feriva e l’altro subiva / …».

Ecco allora, che le tante direzioni del poeta Broggiato, ridisegnano nei versi un percorso a ventaglio ma anche a ritroso, dove fa capolino quell’altro da sé, cui accennavo, col quale il poeta tenta di parlare più intensamente, nei momenti di snodo della propria identità: fanciullezza e contigua educazione anche religiosa. E qui la pagina diviene quadro visionario, dove la superficie abrasa e sempre in movimento della natura con i suoi rivolgimenti, si fa anfiteatro del tempo dello spirito e delle sue profondità psicologiche, quasi precorrendolo con l’enorme potenza dei suoi elementi. Tutta la materialità vivente ma anche inerte, che si aggira nel libro, è prodromo dei circuiti sofferenti dello spirito, spia dell’invisibile. E il gioco delle aporie come stridore, contraddizione, impossibile composizione, è lampante nel libro, proprio laddove il tempo della fanciullezza, con il suo fulgore, curiosità, timida esuberanza, pudicizia talvolta, si scontra col nero dei rappresentanti di certa educazione morale e religiosa, che torcono i chiari insegnamenti millenari, a bieche pulsioni personali, compromettendo per sempre, talvolta, le vite delle nuove generazioni: «Da sopra il cancello dello Xavier, / come uno sciame di faville, / uno stormo di uccelli si leva in volo. / C’è un rovo incurvato all’ingresso. /… / Pur se tento di convincermi / che tutto quello che avvenne laggiù / non è più che una visione, / sopravvive invitta la triste consapevolezza / di aver condiviso lo scapolare / con un inquisitore dall’aria benevola. / …».

Ecco allora che in Sorvoli, tutto è richiamo alla metastoria dell’epos: «Andromaca, è a te che ho pensato / la notte in cui nella camera d’albergo contigua / ho udito i singhiozzi di un bambino, / profondi e regolari come un respiro nel sonno. / …». Sentiero, fiume, albero, stanze d’albergo, stanze di casa, collegio Xavier appunto, strade di Praga (nella foto), Varsavia, lo stesso pilota Lindbergh, col primo sorvolo transoceanico nel 1927, inciso nella prima parte del libro, non sono che simbolo di qualcosa d’altro, che il lettore dovrà ricercare con tenacia anche forse nella propria interiorità. Tutto ciò che appare nel verso quindi, richiama qualcosa che gli è dietro e non è morto, ma vive solo in altro modo, sotto le ceneri del tempo; come le tante sofferenze della vita mai rimarginate ma anche, miracolo, i repentini stupori che sono sorti attorno a esse per sopravvivere: «… / Quello è mio padre che sta salendo le scale / con un caldo bouquet di sospiri destinato / a mia madre. / In silenzio l’oscurità gli ha cucito addosso / un abito bianco /.».