La sera di mercoledì 22 febbraio i media hanno diffuso con grande enfasi la notizia della scoperta, comunicata dalla NASA, di sette nuovi pianeti ruotanti attorno a una stella nana: insomma, una sorta di nuovo sistema solare. Molti telegiornali di prima serata hanno riservato la posizione di apertura a questa scoperta scientifica, spesso definita sensazionale, che dilata ulteriormente le dimensioni dell’universo e ulteriormente riduce quelle del pianetino su cui ci troviamo a vivere.
Ciò dovrebbe indurci a riflettere sulla pochezza, o almeno sulla relatività, delle questioni a cui noi umani ci appassioniamo e per le quali ci battiamo, sovente fino a scannarci, sulla nostra terra, questa «aiuola» – per dirla con le parole di Dante (Paradiso, XXII, v. 151) – «che ci fa tanto feroci» e della quale già Publio Cornelio Scipione Emiliano, riferendo del sogno da lui fatto in quella parte del De republica che fin dall’antichità è stata tramandata sotto il titolo di Somnium Scipionis, affermava: «la terra mi apparve così piccola che io provai pena per il nostro impero [ossia per l’impero romano, ndr], con il quale noi arriviamo a toccare, si può dire, un punto di essa» (Cicerone, La repubblica, VI, 17, trad. di Francesca Nenci). Senonché, la maggior parte delle notizie successive a quella d’apertura si riferivano a conflitti o a competizioni per il potere a livello internazionale, nazionale, regionale, municipale o addirittura di quartiere o di partito o di gruppi o gruppuscoli delle più varie associazioni. E la sera successiva, la «sensazionale» scoperta scientifica era ormai relegata alla chiusura dei notiziari.
Che lezione trarre da tutto ciò, se non che ciò che veramente ci importa non è l’infinitamente grande, ma l’infinitamente piccolo; non il macrocosmo, ma il nostro orticello?