Per chiunque segua David Byrne fin dai tempi della sua militanza nell’indimenticabile formazione dei Talking Heads (tra il 1975 e il ’91), l’attività solista dell’eccentrico cantante scozzese ha sempre offerto apprezzate sorprese, soprattutto grazie alla costante capacità di reinventarsi e sperimentare sentieri inesplorati. Così, quando, nel 2018, l’artista ha pubblicato l’ottimo American Utopia, suo decimo album, non si è accontentato di farlo seguire da una tournée tradizionale; in linea con il proprio personaggio, ha preferito dare vita a un’esperienza dal vivo quantomeno singolare, oggi documentata da un elegante e patinato film musicale semplicemente intitolato David Byrne’s American Utopia.
Diretto nientemeno che da Spike Lee e appena pubblicato sotto forma di DVD, il «tour movie» documenta la versione dello show presentata nell’ottobre 2019 all’Hudson Theatre di Broadway, dal format maggiormente affine a quello di un musical incentrato su temi di rilevanza sociale.
La premessa di base dietro entrambe le versioni dello spettacolo – quella del world tour originale del 2018, come la reinterpretazione teatrale del 2019-2020 – è semplice quanto rivoluzionaria: fare del palco una sorta di pista circense, all’interno della quale l’intera band si muove costantemente nello spazio, componendo elaborate coreografie da avanspettacolo senza che i musicisti mantengano alcuna postazione fissa – tanto che, al pari che in una banda militare, perfino i percussionisti portano gli strumenti su di sé. L’intera performance assume così il carattere dinamico e liberatorio di un estemporaneo happening artistico, forse in un tentativo di rievocare l’irriverente genialità degli ausilii teatrali impiegati dai Talking Heads dei tempi d’oro e documentati dal regista Jonathan Demme nell’eccezionale documentario musicale Stop Making Sense (1984).
Come detto, stavolta a fare di questa nuova esibizione un’opera cinematografica è invece Lee; ma bisogna dire che, per quanto intrigante, l’effetto generale della più recente creazione non regge del tutto il confronto con i fasti del passato – principalmente perché, alla lunga, l’impressione che si ricava dall’impianto scenico di American Utopia è quella di uno show a tratti degno di una crociera del Club Mediterranée, in cui i poveri animatori di turno sono costretti a sfiancarsi in innumerevoli e infinite coreografie più o meno riuscite. Ciò è principalmente da imputarsi al fatto che ai tempi di Stop Making Sense, la presenza scenica e fisicità di Byrne erano dichiaratamente intrise d’irriverente ironia, eppure, allo stesso tempo, caratterizzate da grande semplicità – laddove invece i virtuosismi ossessivi di American Utopia finiscono per prendersi un po’ troppo sul serio, con il risultato di dare vita ad attimi di involontaria ilarità.
Tuttavia, i punti di forza dello spettacolo originale del 2018 restano, infine, i medesimi che il DVD offre allo spettatore: su tutti, il carisma e la presenza scenica degli eccellenti Tendayi Kuumba e Chris Giarmo, principali vocalist e figuranti nella numerosa band che accompagna Byrne sul palco; e l’ottimo effetto d’insieme offerto da una scaletta equilibrata, che passa con disinvoltura da classici dell’epoca d’oro dei Talking Heads come This Must Be the Place (Naive Melody) e Burning Down the House al più recente catalogo solista di Byrne.
Purtroppo, come alcuni hanno lamentato, lo stile di regia impiegato da Lee mostra una grave ingenuità di base: nell’insistenza su primi piani e zoomate a fronte palco, trascura l’importanza dell’effetto d’insieme, che nelle intenzioni di Byrne era invece un punto cardine del concept scenico. Il colpo d’occhio di cui lo spettatore del tour originale poteva godere dal proprio posto a sedere era infatti volto a enfatizzare l’effetto coreografico, grazie alla possibilità di percorrere con lo sguardo l’intero palco e apprezzare così la mimica e l’intricato arabesco di movimenti di ogni performer – cosa che invece si perde nelle riprese di questo film, spesso riducendo i vocalist e musicisti a sagome indistinte al limitare dell’inquadratura.
A parte ciò, il DVD è naturalmente impeccabile dal punto di vista tecnico, anche grazie al fatto che il contesto dell’austero teatro newyorchese si rivela particolarmente favorevole alla realizzazione di un’opera di questo genere: anche per questo, l’estetica delle date di Broadway è stata gestita in modo consapevole e attento, così da fare dell’esperienza dal vivo un impeccabile prodotto audiovisivo – il tutto riuscendo comunque a mantenere l’entusiasmo ed «effetto sorpresa» delle più spontanee serate della tournée del 2018, a cui chi scrive ha avuto la fortuna di assistere.
In tal senso, David Byrne’s American Utopia rappresenta un’opera più che riuscita, in quanto nuova, preziosa testimonianza della forza dell’immaginario tuttora fanciullesco del suo creatore, qui immortalato in tutta la sua freschezza – e che, con il senno di poi, presenta un vero e proprio potere salvifico.