Anche i film, in particolare i documentari, possono aiutarci a comprendere meglio il conflitto in Ucraina. Il materiale, per chi volesse approfondire il tema, non manca, dunque può essere utile una piccola guida per capire cosa guardare e dove.
Winter on Fire (2015) di Evgeny Afineevsky (su Netflix), descrive la rivoluzione (altri la definiscono il colpo di Stato) di piazza Maiden a Kiev. Per ben 93 giorni, da novembre 2013 a febbraio 2014, migliaia di manifestanti occuparono il centro della città per protestare contro il premier Janukovyc che, dopo aver promesso in campagna elettorale l’inizio delle trattative per aderire all’Ue, cambiò idea e spostò lo sguardo verso la Russia di Putin. Un racconto molto drammatico che non risparmia nulla allo spettatore anche grazie a uno stile da reporter. La macchina da presa a spalla, usata dall’interno delle manifestazioni e durante gli scontri con la polizia speciale, rende il tutto molto realistico. Il regista intervalla sapientemente la concitazione di quei tragici momenti con le interviste ai protagonisti di quei giorni. Il tutto in un crescendo di tensione e drammaticità. Un documentario dal quale emergono diversi aspetti interessanti come la netta divisione tra l’allora classe dirigente ucraina e i cittadini. E, soprattutto, fa capire a noi occidentali quello che sta dimostrando il popolo ucraino in queste settimane: la grande tenacia, l’attaccamento a una terra e l’orgoglio verso una bandiera riapparsa con l’indipendenza nel 1991, dopo lo sgretolamento dell’URSS.
Un altro tassello importante ce lo offre I testimoni di Putin (2018) di Vitali Mansky, regista ucraino famoso anche per aver realizzato dall’interno della Corea del Nord e in modo clandestino Under the Sun, uno dei pochi documenti su quel misterioso Paese. Disponibile sulla piattaforma PlaySuisse I testimoni di Putin filma il passaggio di consegne tra Eltsin e Putin. Il punto di vista è molto particolare e ci fa entrare nella stanza dei bottoni russi, infatti, Mansky all’epoca era il regista di regime ed era stato incaricato di filmare la campagna elettorale del nuovo presidente. Grazie a questo materiale d’archivio, a distanza di anni, ha costruito un documentario molto critico verso il nuovo Zar. Il suo pensiero è esplicitato dal commento fuori campo che ricorda quelle settimane e ne mette in luce alcuni aspetti premonitori. Soprattutto quando lo stesso Putin si confronta con il regista e gli spiega alcuni suoi pensieri, anticipatori di una politica drammaticamente attuale.
Per esempio, in una chiacchierata informale, Putin rimprovera a Mansky di non capire la sua decisione di tornare al vecchio inno sovietico. Per l’allora nuovo presidente russo questo aspetto era fondamentale per ricostruire la fiducia nello Stato in una società ancora nostalgica della stabilità dell’ultimo periodo sovietico.
Sulla stessa linea anche il documentario (su Arte) Putin e la nostalgia dell’URSS, un reportage realizzato nel 2021 nel quale si dà spazio alla festa del 9 maggio (la data della vittoria nella Seconda guerra mondiale) come quelle effettuate nel Parco dei Patrioti, nella periferia di Mosca. I numerosi cittadini che vi partecipano celebrano con fierezza e nostalgia l’epoca sovietica, mentre a pochi chilometri di distanza l’inaugurazione di un sito che ricorda le vittime dello stalinismo viene snobbata.
Su PlaySuisse troviamo un altro documentario di tutto rispetto: Le combattenti del Donbass, reportage realizzato per Temps Présent. In questo caso si seguono alcune donne ucraine impegnate a combattere contro i separatisti filorussi. Già tre anni or sono si potevano intuire tutti gli elementi scatenanti di questo conflitto e soprattutto, come si diceva all’inizio, si comprende ancora una volta la volontà di un popolo che non si vuole arrendere e usa tutte le forze a disposizione per difendere il proprio territorio.