Bibliografia
Jennifer Guerra, Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà, Edizioni Tlon, pp. 152



L’ossessione del nostro corpo

La giovane Jennifer Guerra si china su alcuni aspetti complicati legati all’essere donne
/ 28.09.2020
di Laura Marzi

Le bambine sembrano femministe per istinto: dichiarano la superiorità del genere femminile e sono tendenzialmente separatiste, poi interviene lo sviluppo sessuale, la competizione, la famigerata invidia fra donne e tutto quasi irrimediabilmente cambia. Non sempre, però.

Jennifer Guerra, autrice de Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà edizioni Tlon, ha 25 anni e ha scritto un manuale che dovrebbe stare sul comodino delle ragazze, e delle donne perché no. Si tratta di un testo informativo con una bibliografia completa, che spazia da alcuni capisaldi quale il Manifesto di Rivolta Femminile, comprendendo anche testi contemporanei e meno conosciuti di economiste e scienziate, come Mariana Mazzucato e Gayle Sulik.

È sotto gli occhi di tutti che la questione di genere stia diventando un tema «cool» ed è indubbiamente un bene. Esiste, però, un’urgenza politica e sociale nelle lotte femministe che non è stata ancora risolta e che riguarda aspetti molteplici e diversi della nostra vita.

Jennifer Guerra ne propone un quadro esaustivo che compone con un linguaggio chiaro e mai superficiale. A partire dal sempre verde tema dell’«habitual body monitoring», Guerra descrive come la pubblicità sfrutti l’ossessione per l’aspetto, che il patriarcato ci ha inculcato e quanto sia invalidante per la vita delle donne, tutte. Ognuna conosce l’impulso potentissimo di controllare il corpo delle altre che passano e di confrontarlo col proprio, per effettuare paragoni rassicuranti o al contrario autolesionisti.

Per questa spinta che abbiamo di monitorare il nostro come il corpo delle altre donne, la pubblicità sceglie di utilizzare immagini di forme femminili: non lo fa solo perché i maschi fissando le curve perfette della modella si fissano anche nella mente la marca di quel dato silicone. Infatti, il corpo femminile è utilizzato anche per vendere prodotti che hanno come bacino di acquirenti le donne, che ugualmente, ma per ragioni diverse, sono portate a concentrarsi sulla ragazza bellissima che usa quel tipo di strisce depilatorie.

Il controllo dei difetti del nostro corpo avviene, scrive Guerra, anche durante i rapporti sessuali, ostacolando ovviamente il raggiungimento dell’orgasmo.

A causa delle svariate forme di controllo che il patriarcato impone al corpo delle donne, che stiamo imparando a conoscere e che bisogna continuare a nominare, il sangue mestruale è ancora un vero tabù. E non solo perché le pubblicità si fondano sulla rimozione della specificità di «quei giorni», ma anche perché è crescente, scrive Guerra, il numero delle donne che sceglie di assumere terapie ormonali al solo scopo di eliminare il mestruo dalla loro esistenza, con conseguenze cliniche temibili e su cui le ricerche sono ancora troppo poche, ovviamente.

Si tratta di informazioni, queste, è vero, che si potrebbero trovare effettuando ricerche neanche troppo accurate sul tema: il merito di questo saggio non sta infatti nei dati, che pure sono sempre interessanti quando derivano da fonti autorevoli quali quelle citate da Guerra. È la prospettiva dell’autrice che fa la differenza.

Guerra si interroga su questioni fondanti del femminismo: per esempio il pink washing ormai dilagante che se garantisce il vantaggio di liberare le femministe dal pregiudizio che le descrive streghe, pelose e aggressive, sta però costringendo la lotta politica all’interno di standard estetici e di decoro, del tutto controproducenti: «ha contribuito a diffondere un’idea di femminismo socialmente accettabile».

Un altro rischio che Guerra evidenzia con lucidità e chiarezza è il mito della donna forte che deriva direttamente da quello della donna in carriera degli anni 80, capace di tutto: dare il meglio al lavoro, in famiglia, per curare la propria bellezza… Si tratta di un inganno che non si è affatto estinto, basti pensare alle numerose narrazioni che vengono proposte su donne mitiche, eccezionali, eroiche e rispetto alle quali l’autrice ribadisce il sacrosanto diritto a essere delle persone fragili o delle donne normali.

Un elemento critico riscontrato è la dichiarazione per cui: «il transfemminismo è l’unica lotta che ha senso combattere oggi». In questa sezione del testo Guerra si schiera giustamente contro coloro che negano i diritti delle donne trans, le discriminano, rifiutano la loro inclusione nelle lotte femministe. Sono posizioni pericolose, ingiuste e l’autrice lo ribadisce, ma purtroppo insieme al transfemminismo esistono ancora altre questioni tragiche e urgenti per cui ha senso lottare oggi.

Guerra riporta come in Italia ci siano 1,2 centri antiviolenza ogni 100.000 donne e che il 37% delle donne non dispone di un reddito proprio che renderebbe possibile sottrarsi davvero a una situazione di abuso domestico.

Leggendo questo testo di lotte femministe se ne trovano eccome e l’autrice sa anche far venire la voglia di combatterle.