L’ombra spaventosa nei saloni di Brightcliffe

In The Midnight Club Mike Flanagan riesce ancora una volta a combinare il sovrannaturale con una profonda umanità
/ 07.11.2022
di Fabrizio Coli

Si riuniscono a mezzanotte per raccontarsi storie da brivido. Per sapere come vanno a finire occorre vivere ancora un altro giorno, cosa che per i giovani ospiti del Brightcliffe Hospice è tutto fuorché scontata. Ognuno di loro ha una malattia terminale e sa che la fine incombe. Ma c’è un patto che li lega, forse ispirato dalle inquietanti presenze che albergano nella struttura dove passeranno i loro ultimi momenti, forse dalla paura dell’ignoto: il primo ad andarsene dovrà dare un segnale agli altri dall’al di là.

Con The Midnight Club, Mike Flanagan si riconferma uno degli autori horror più personali e riconoscibili dell’ultimo decennio. Il di volta in volta regista, sceneggiatore e/o showrunner statunitense non è l’unico del mazzo, basti pensare a gente come Ryan Murphy, Jordan Peele o Ari Aster. Lui però è quello maggiormente capace di combinare la dimensione del sovrannaturale con una profonda umanità, di usare il terrificante come schermo sul quale proiettare e amplificare angosce e drammi che più naturali non si può: il senso di colpa, l’inadeguatezza, la volontà di espiare, la debolezza, la fragilità e tutte le ferite che si portano dietro.

Al cinema ha firmato film come Doctor Sleep, tratto da Stephen King. Ma è sul piccolo schermo che sta dando il meglio di sé a partire dalla folgorante serie The Haunting of Hill House dal romanzo di Shirley Jackson, pietra miliare della letteratura horror. Atmosfere gotiche calate ai giorni nostri, una passione per le sinistre e imponenti magioni, quasi sempre protagoniste a pari merito degli attori – The Fall of The House of Usher da Edgar Allan Poe è in lavorazione – la sensibilità nella messa in scena dei personaggi, l’uso di volti ricorrenti…. Tanti sono gli elementi che hanno creato il suo stile. Adesso c’è pure un termine specifico, trovata di marketing che però rende l’idea: Flanaverse, l’universo di Mike Flanagan.

Dopo le successive The Haunting of Bly Manor da Giro di vite di Henry James (finora il suo unico passo falso a livello seriale) e l’intensa Midnight Mass, eccolo ora alla quarta serie per Netflix dal 2018. Creata insieme a Leah Fong, anche The Midnight Club – che probabilmente avrà più stagioni – è tratta da opere letterarie preesistenti, quelle di Christopher Pike, autore di fortunati horror-thriller per ragazzi (oggi si dice young adult, pardon). È uno degli scrittori che hanno acceso in Flanagan la passione per l’horror.

Anche stavolta il racconto è corale, toccante, capace sia di spaventare che di commuovere. E se ha per protagonisti degli adolescenti è tanto adulto quanto deve esserlo una storia la cui premessa è la certezza della morte nel fiore della vita. È questa l’ombra più spaventosa che aleggia nei corridoi e nei cavernosi saloni di Brightcliffe, più oscura dei terrificanti spettri che li infestano e del groviglio di segreti (che ruotano intorno a una setta) che l’edificio custodisce. Con questi segreti si dovrà confrontare la giovane Ilonka, l’ultima arrivata, affetta da un cancro alla tiroide. A interpretarla Iman Benson, punta di diamante di un azzeccatissimo cast in cui c’è spazio anche per la veterana Heather Langenkamp della saga di Nightmare nel ruolo dell’enigmatica dottoressa che gestisce l’hospice. Mentre attorno a Ilonka e ai suoi compagni – come l’arrabbiata e fragile Anya, la bravissima Ruth Codd – i misteri si infittiscono, le storie raccontate dai ragazzi nel loro rito serale che caratterizza ogni episodio, s’intrecciano fino a confondersi con la vicenda reale.

Storie che sono molto più di un supporto per salti sulla sedia. Qui sono centrali perché tengono letteralmente in vita i protagonisti e raccontano di loro, perché, per dirla col creatore della serie, noi tutti siamo storie e alla fine le storie sono ciò che rimarrà di noi. Un concetto questo caro a molti scrittori – da Gaiman al King dell’ultimo Fairy Tale – che Flanagan cavalca con ormai indiscutibile maestria.