Locarno, la sfida è stata raccolta

La settantesima edizione del festival del cinema si è rivelata un successo, e in futuro la kermesse sarà sempre più spesso una piattaforma dinamica per generi artistici diversi e multimediali
/ 21.08.2017
di Nicola Falcinella

Senza scandali e polemiche, una buona edizione che ha consacrato un regista dalle idee chiare e poco glamour come il cinese Wang Bing, Pardo d’oro con Mrs. Fang. Il 70esimo Locarno Festival si è chiuso con un bilancio decisamente positivo, anche se si trova davanti a nuove sfide e forse cambiamenti, come ha lasciato intendere in chiusura il presidente Marco Solari. L’insistenza sull’aggettivo «libero» in ogni occasione pubblica da parte della prima carica del festival significa qualcosa, la difesa strenua di un progetto che funziona bene e solletica diversi appetiti e interessi. Una manifestazione settantenne che si è svecchiata molto nell’immagine negli ultimi anni, al contrario di Cannes e Venezia che sembrano giganti un po’ immobili. Locarno ha cambiato denominazione senza grandi scossoni, ma forse la mancanza delle parole film o cinema nel nome si farà sentire. Nel complesso un 70esimo che ha soddisfatto quasi tutti e guarda già al futuro e a una maggiore «digitalizzazione», come ha affermato sempre Solari. Il programma è stato all’altezza: un buon concorso; una Piazza Grande senza grandi alti o troppi bassi, del resto le pellicole che accontentano tutti sono rare; sezioni parallele interessanti; la retrospettiva Jacques Tourneur si è confermata fiore all’occhiello della rassegna e ha rimesso in evidenza un cineasta importante della storia del cinema; tra i grandi personaggi presenti resterà la determinazione dell’attrice iraniana Golshifteh Farahani con le parole a sostegno delle sue connazionali.

La giuria ha limitato i premi a cinque film su 18, compiendo scelte precise nelle quali si sente l’influenza del presidente Olivier Assayas (e dell’altro regista con un passato da critico, il portoghese Miguel Gomes), molto cinefile e francofile, con due riconoscimenti alla Francia e due a coproduzioni francesi.

Completamente ignorati dal verdetto i quattro film statunitensi, un peccato trattandosi di lavori interessanti nella varietà di toni e rappresentativi di un cinema indipendente ancora vivo: solo Lucky di John Carrol Lynch ha ottenuto il premio della giuria ecumenica.

Niente premi né per il cinema svizzero né per quello italiano, ma in entrambi i casi era prevedibile. Il cinema ticinese ha avuto anche l’onore della Piazza Grande nella serata di chiusura con il documentario Gotthard – One Life One Soul di Kevin Merz, che ripercorre in modo non nostalgico o celebrativo quasi 30 anni del gruppo rock. Il sogno di un gruppo di giovani musicisti, l’amicizia, la costruzione della band prima di arrivare al successo, le scelte, anche quelle difficili, e le crisi. Il film prodotto da Amka Films usa immagini di repertorio e interviste facendo uscire le personalità dei componenti.

Il pronosticatissimo Mrs. Fang merita senza dubbio il premio, è un documentario bello e rispettoso, che racconta l’attesa della morte mentre la vita continua. Non è un prodotto che possa far fortuna al botteghino, ristretto a un circuito di nicchia fin dal tema: gli ultimi giorni di vita di un’anziana malata che abita in un villaggio rurale. Ancora poco noto al grande pubblico, Wang Bing vanta un’intensa produzione e parecchi riconoscimenti internazionali, fin da Il distretto di Tiexi (2002), selezionato più volte a Locarno, è stato in concorso alla Mostra di Venezia nel 2010 con Le fossé.

Quasi scontato anche il Pardo per la miglior interpretazione femminile a Isabelle Huppert per Madame Hyde di Serge Bozon. Un riconoscimento per la straordinaria attrice, già Excellence Award a Locarno nel 2011, che possiede una gamma infinita di variazioni e impersona un’altra donna misteriosa che conduce le danze di una riuscita commedia nera, strana e imprevedibile.

Il Premio speciale della giuria è andato a As boas maneiras dei brasiliani Juliana Rojas e Marco Dutra, una delle rivelazioni della gara, mentre 9 doigts del francese F.J. Ossang si è aggiudicato il Pardo per la miglior regia.

Il Pardo per la miglior interpretazione maschile è stato assegnato a Elliott Crosset Hove per l’islandese Winter Brothers di Hlynur Palmason, un dramma tra fratelli ventenni che ha conquistato anche i giovani e gli esercenti riportando i premi Cinema e gioventù ed Europa Cinema Label.

Il pubblico della Piazza Grande ha premiato la commedia americana The Big Sick di Michael Showalter, mentre Drei Zinnen – Tre Cime del tedesco Jan Zabeil ha ottenuto il premio Variety.

La Settimana della critica è meritatamente andanta al documentario sloveno The Family – Družina di Rok Biček, che con l’esordio Class Enemy vinse a Castellinaria nel 2013; il Premio miglior opera prima è stato assegnato al georgiano Scary Mother di Ana Urushadze; nei Cineasti del presente Pardo al bulgaro 3/4 di Ilian Metev; per i Pardi di domani premi a Rewind Forward di Justin Stoneham per il concorso svizzero e Antonio e Catarina della portoghese Cristina Hanes tra i cortometraggi internazionali. Le giurie parallele hanno invece deciso così: premio Don Chisciotte al palestinese Wajib di Annemarie Jacir, premio Fipresci della critica all’altro cinese Dragonfly Eyes e Boccalino d’oro al turco Meteorlar di Gurcan Kelter con miglior attore a Nicola Nocella per Easy di Andrea Magnani.