Una delle particolarità del Festival Internazionale del Teatro e della scena contemporanea (FIT) è quella di prendere per mano lo spettatore e condurlo lungo un percorso spesso sorprendente e coerente con il tema portante. Emerge anche dalla 30esima edizione in scena a Lugano dedicata all’amore (e ad altre cose). La buona riuscita di uno spettacolo è soprattutto legata a un’immediata captazione da parte del pubblico dell’idea su cui dovrà poggiare la sua architettura. Ne avvertiamo la forza, una base solida da cui partono riflessioni e confronti capaci di spronare un artista a costruire una visione, un racconto teatrale affascinante.
Ne abbiamo avuto la riprova seguendo la programmazione del FIT messa in campo da Paola Tripoli con la sua squadra. Già a partire da quell’idea d’amore raccontata da Leonardo Lidi nella sua Fedra da cui si proietta l’immagine di sentimenti declinati su più piani d’ascolto. Un’illusione della ragione, un orizzonte carnale dell’esistenza da cui passano concetti, passioni, fragilità, equilibri e finzione. Dalla poesia e dalla fisicità di Marc Oosterhof con Lab Rats, uno studio delicato per due corpi, entità alla ricerca di una comunicazione subliminale nella prigione di una scatola di vetro. Ai silenzi e le inquietudini di Francesca Sproccati in Out of Me, Inside You in una dimensione contemplativa di abbandono fra video e suoni. Per arrivare agli sviluppi narrativi di Michikazu Matsune, raffinato artista giapponese in scena con Mitsouko & Mitsuko per cui l’amore passa attraverso storie di donne in unione da straordinari intrecci generati da un profumo. Cerchi concentrici che sembrano perdersi lungo la loro tangente ma che tornano al punto di partenza dopo aver attraversato la Storia e la Società del XX secolo in una trama di rimandi e legami iconici e letterari.
Un viaggio appassionante, a tratti destabilizzante, pieno di quella semplicità che rende straordinariamente forte l’idea originaria. Come Double Bill, doppio biglietto, due spettacoli-performance dove l’idea consiste nella scommessa della drammaturga e regista argentina Lola Arias di far confessare la propria passione segreta a Pedro Penim e Felipe Pereira. Prende così forma Doing It, il viaggio di Penim, uno dei direttori artistici del teatro del collettivo Teatro Praga. La sua un’innocente dipendenza, quasi un’ossessione che consiste nella ricerca di isole remote, dimenticate o abbandonate dalla civiltà: una sorta di atlante fra conferenza e oscura voglia di evasione. Il coreografo e danzatore Pereira, con Floral Arrangement conduce in un botanico viaggio autobiografico dall’assordante kitsch del culto di Fatima nel passaggio dalla fede all’ateismo aggiunto al risveglio sessuale. Come se tutto fosse già stato scritto.
Lo spettatore preso per mano
Spunti e riflessioni dal FIT
/ 11.10.2021
di Giorgio Thoeni
di Giorgio Thoeni