Capita di interrogarsi su che cosa governi il mistero dell’interesse suscitato dalla lettura di scrittori che scrivono di scrittura e di altri scrittori. Per esempio nella riuscita recente raccolta di testi saggistici di Michel Houellebecq, Interventi, qualcosa di simile accade nel saggio dedicato a Emmanuel Carrère e al suo D’autres vies que la mienne. Houellebecq racconta la sua esperienza del passo con l’anziana che ha appena perso la compagna nello tsunami, e dice: «È stato proprio nel momento in cui ho letto che, ricordo, sono scoppiato in singhiozzi e ho dovuto posare il libro, incapace per alcuni minuti di proseguirne la lettura».
Il libro dell’autore napoletano è una raccolta di saggi pubblicati negli anni e nei decenni tutti dedicati all’attività dello scrivere e all’esperienza del leggere
L’ultimo libro di Domenico Starnone L’umanità è un tirocinio parla anche di sensazioni simili. E magari non è del tutto casuale il fatto che leggerlo può qua e là richiamare alla memoria, tra mille parentesi, che una specie di vertigine della letteratura nella letteratura è forse anche alla base del sospetto, vero o presunto, attuale o superato che sia, che vede nello stesso Starnone l’identità reale dell’operazione tutta para-letteraria di Elena Ferrante.
Il libro dell’autore napoletano è una raccolta di saggi pubblicati negli anni e nei decenni, tutti dedicati all’attività dello scrivere e all’esperienza del leggere. Al ruolo dell’onestà nella composizione del racconto: «Solo quando si impara a essere disonesti coi fatti, nasce il racconto», perché «il racconto è roba per chiacchieroni che reinventano l’accaduto»; all’importanza della prima persona dell’io narrante, perché la verità, in un racconto, non è separabile da un intento dichiarato: dunque, «adesso vi racconto che».
L’analisi dei classici e dei romanzi di genere (ce n’è molta in queste pagine) ci insegna che in letteratura conviene sempre darsi da fare per cercare gli scarti e le alternative al già detto; come quando, ricordando la scoperta di Cuore, Starnone svela un filone dedicato alla malattia («nel libro trovai, per esempio, un cospicuo numero di persone ammalate»), uno legato al sesso e alle figure femminili e infine il rinvio a una costante ossessione nei confronti della madre. Per indovinata strategia editoriale inoltre, il libro esce il 15 ottobre 1886 all’apertura delle scuole e la vicenda dello scolaro Enrico è fatta iniziare da De Amicis il 17; così che ogni generazione di piccoli lettori e le comunità scolastiche attorno vissero in questa lettura una sorta di «presa diretta» della propria realtà e della propria esperienza.
Certo accanto ai contenuti, alle «belle storie raccontate», chi legge è chiamato a considerare una ineludibile forma: quella dei verbi, per esempio, dal passato remoto usato per raccontare le fiabe e le favole, all’imperfetto, che è nei giochi dei bambini e si chiama quindi ludico («Io ero la Bella addormentata, io ero il Principe azzurro»). I bambini, secondo una immagine di Fred Hoyle mediata da Luigi Meneghello, finché non imparano a parlare vivono una sorta di «polla di genialità», dove un «buco nero nella loro testolina» li configura come esseri solo pensanti, al sicuro solo temporaneamente e presto condannati alla suprema contaminazione dell’acquisizione del codice dei grandi. E dei grandi, di quando si cresce, sarà la seconda concreta applicazione dell’imperfetto narrativo, quello del racconto dei sogni («ho sognato che ero nudo in mezzo alla strada e perdevo tutti i denti»).
Tra le funzioni storicamente individuate della letteratura c’è anche quella di mettere in fila le cose dell’esistenza
È forse questa immagine a concretizzare la ricerca dell’incontro tra letteratura e vita che si legge tra le righe di gran parte di questo bel libro: tra le funzioni storicamente individuate della letteratura c’è anche quella di mettere in fila le cose dell’esistenza semplicemente andando alla ricerca delle chiavi della sua narrazione, rispondendo all’impegno «di trovare un ordine narrativo vero per la confusione dell’esperienza immediatamente biografica».