Bibliografia
Jonathan Bazzi, Febbre, Roma, Fandango, 2019, pp. 302



L’io svelato

Tra i finalisti del Premio Strega quest’anno c’era anche Febbre, libro autobiografico di Jonathan Bazzi che tocca il tema della sieropositività
/ 07.09.2020
di Laura Marzi

In questo 2020 così tragico e anomalo alcuni pilastri hanno resistito: i picnic al mare a Ferragosto, le ferie estive e il Premio Strega, assegnato a Sandro Veronesi col suo romanzo Il Colibrì. Il più importante riconoscimento letterario italiano però non è rimasto indenne dall’eccezionalità dei tempi e ha visto in finale al posto della consueta cinquina, una sestina. Sono stati infatti sei i finalisti che hanno raggiunto la fase decisiva della competizione. La ragione di questa «stranezza» è scritta nel regolamento: nel caso in cui i cinque romanzi finalisti siano tutti pubblicati da case editrici medio-grandi, arriva in finale il primo romanzo escluso edito però da una casa editrice più piccola. Per questo, nella inusuale sestina è approdato il romanzo di esordio di Jonathan Bazzi, per Fandango Edizioni, dal titolo Febbre.

Si tratta di un testo del tutto autobiografico: le prime pagine raccontano della febbre che affligge Jonathan per settimane, spossandolo e rendendogli impossibile fare qualsiasi cosa. I controlli in poco tempo gli restituiscono una diagnosi di sieropositività. Jonathan non reagisce disperandosi, segue il protocollo che prevede un tempo e delle analisi specifiche per comprendere quale tipo di terapia sia idonea per lui. Attende che le medicine comincino a fare effetto, ma non succede. Il suo malessere, l’incapacità di uscire dal letto o di alzarsi dal divano persistono. È molto interessante in questa sezione del romanzo leggere di come Jonathan abbia pensato a lungo che la diagnosi dell’HIV non fosse corretta e soprattutto non fosse sufficiente. Il suo malessere peggiora: ci deve essere qualcos’altro che i medici non cercano, solo perché si sono convinti di avere già trovato la vera causa.

Jonathan scoprirà dopo essersi sottoposto a tutti i controlli possibili che a essere annidato nel suo corpo non era né un tumore al cervello né la SLA, ma un terrore sacrosanto e profondo.

Dal momento in cui accetta di seguire la terapia psichiatrica le cose iniziano a migliorare, comincia tutto con dei biscotti agli anacardi che Benedetta Parodi prepara in TV e che Jonathan vuole replicare. Esce a fare la spesa, dispone gli ingredienti sul ripiano della cucina e, per la prima volta dopo mesi, fa. Poi arriva un’offerta importante: la possibilità di lavorare a una rivista online, di guadagnarsi da vivere scrivendo. All’inizio domina l’incertezza di non avere la forza di uscire di casa tutte le mattine per andare in redazione, ma le cose cambiano.

Il punto di vista di Bazzi sulla sieropositività è molto interessante non solo perché scrive a partire dalla sua esperienza personale, ma perché nella sua scelta di condividere la sua storia, la sua intimità, la condizione inalienabile di persona malata, c’è una visione. La malattia costituisce una parte dell’identità ed è come se Bazzi si dicesse che nella ricerca spasmodica di essere qualcosa o qualcuno, negare e nascondere un dato incontrovertibile come quello della sieropositività sarebbe incomprensibile e ingiusto.

Lo svelamento, del resto, costituisce la cifra fondamentale di questo testo. Il romanzo non si esaurisce nel racconto della scoperta della malattia e del tempo successivo ad essa: alla narrazione di questo passato più recente si affianca quella di una vita intera. Incontriamo Jonathan bambino una notte in cui cercano di scassinare la loro casa e sua madre chiama aiuto. È l’unico ricordo che ha del tempo in cui i genitori sono stati insieme, quello di un pericolo imminente.

Si tratta di un sentimento che lo perseguiterà: vivendo a casa di nonna Lidia a generare angoscia sarà la figura del nonno e poi una volta tornato a stare con la madre, ci penserà Alex, il nuovo compagno di Tina, a esercitare questo ruolo. Il pericolo col passare degli anni diventano le prese in giro dei compagni, il silenzio assordante di quando viene interrogato in classe, ma non riesce a rispondere, bloccato dalla balbuzie.

Il personaggio di Jonathan non soccombe alla sofferenza e impara, molto grazie allo yoga, a fronteggiare le difficoltà e le paure. Per quanto riguarda l’autore Jonathan Bazzi, stupisce la sua abilità analitica, lo scandaglio che fa della sua stessa vita, la capacità di costruire delle figure letterarie vive e complesse: non è affatto scontato che una persona diventi un personaggio, bisogna saperlo far accadere.

La sfida per Bazzi, come per tutti gli esordienti che iniziano la loro carriera letteraria con un testo del tutto autobiografico, è il passaggio successivo: l’invenzione di una storia. Dalla sua, a sostenerlo, l’abilità nella scrittura e la maledizione di un destino avventuroso.