L’attuale esposizione alla Fondazione Rolla presso l’ex-Kindergarten di Bruzella, in Valle di Muggio, aperta fino a inizio ottobre, offre l’occasione di vedere dal vivo due interessanti autori tedeschi della prima metà del Novecento, Albert Renger-Patzsch e Ruth Hallensleben.
Due campioni ed esponentidella Nuova Oggettivitàe di un approccio versola realtà che cercava dirompere con gli approccipittorialisti del passato
Il primo più noto, la seconda immeritatamente più sconosciuta, accomunati dal fatto di essere campioni ed esponenti della Nuova Oggettività e di un approccio verso la realtà con il mezzo fotografico che voleva rompere con le tradizioni precedenti. La Neue Sachlichkeit metteva da parte i tardi echi del pittorialismo, troppo lontani dallo spirito del tempo, così come alcune sperimentazioni avanguardistiche. Indipendentemente dal soggetto, la ripresa è rigorosa e sobria, estremamente dettagliata nei particolari e scevra di ogni abbellimento. Un modo di procedere che secondo le intenzioni degli autori avrebbe permesso di arrivare all’essenza dell’oggetto dando all’immagine una nuova dignità estetica.
Con il contemporaneo August Sander, protagonista indiscusso del ritratto, Albert Rengen-Patzsch (1897-1966) condivide la centralità nella fotografia tedesca della prima metà del Novecento, segnatamente negli anni della Repubblica di Weimar. Tra le sue molte decine di pubblicazioni, il suo manifesto può essere indicato in Die Welt ist schön del 1928. Il libro contiene cento immagini di un’amplissima gamma di soggetti – alcuni presenti anche in esposizione. Naturalmente, trovandosi nel cuore della Valle della Ruhr, ad Essen per la precisione, frequenti sono le riprese dei soggetti industriali, fabbriche e macchinari.
Vera e propria riscoperta da parte della Fondazione Rolla con una delle poche monografie a lei dedicate, Ruth Hallensleben (1898-1977), da parte sua, non sembra temere il confronto con il più noto collega che tra l’altro apprezzava molto il suo lavoro. L’autrice è capace di produrre immagini di estrema qualità, sembrando al contempo essere più sensibile ai temi domestici, alle riprese di interni. Affiancate le une accanto alle altre, le quaranta fotografie d’epoca dei due autori creano un fitto e stimolante dialogo lungo le pareti dello spazio espositivo. Delle immagini scattate e stampate tra gli anni Venti e Sessanta si scoprono parallelismi formali o tematici, insoliti contrasti e accostamenti ironici.
Ne risulta un processo espositivo che ha l’effetto di offrire alla singola immagine, o coppia di immagini, una rinnovata lettura. Così come originale è la lettura che ne fornisce Urs Stahl, per un ventennio direttore della Fondazione Svizzera della Fotografia, nel consueto libretto che accompagna la ventunesima mostra della Fondazione.
Ma perché queste immagini – risalenti a quasi un secolo fa – sono così importanti e apprezzate, tanto da diventare oggetto di culto e collezionismo? Di fatto esse costituiscono l’inizio, la nascita di un linguaggio fotografico moderno che presenta un singolare parallelismo temporale con la straight photography americana. Questi autori tedeschi e i contemporanei dall’altra sponda dell’Atlantico, tra cui Walker Evans in prima fila, aiutarono il mezzo fotografico a fare un passo decisivo verso un linguaggio proprio, senza guardare altrove nel mondo delle arti, ma indagando sulla propria capacità e sulle propria specificità.
A tutto questo, verso gli anni Ottanta si guarda con rinnovato interesse. I coniugi Bernd e Hilla Becher, fotografi e insegnanti, ne trarranno elementi che trasporteranno al loro stile di produzione seriale di panorami industriali nonché procedure che trasmettono agli allievi della loro scuola di fotografia di Düsseldorf, dalla quale come è noto nasceranno tra i maggiori fotografi presenti sulla scena attuale (Andreas Gursky, Thomas Struth ed altri).
Insomma, un approccio preciso, freddo e oggettivo, oggi attualizzato anche attraverso il colore, capace di esercitare un’importante e perenne influenza su ciò che si intende come fotografia contemporanea.