L’incredibile Noëlle Roger

Pioniera dell’emancipazione femminile, unica scrittrice svizzera di fantascienza, ne ripercorriamo la parabola artistica e umana
/ 08.08.2022
di Benedicta Froehlich

Il fatto di vivere in un’epoca ipertecnologizzata – in cui molte delle invenzioni e innovazioni previste dai maggiori scrittori di fantascienza del Novecento possono ormai definirsi realtà – ha forse portato molti di noi a dimenticare come il cosiddetto genere «fantastico» possa definirsi ancora «giovane» in termini letterari; in effetti, è solo nel 1818 che si comincia davvero a parlare di letteratura fantastica come categoria a sé stante, grazie al celeberrimo Frankenstein di Mary Shelley. Da allora, contaminazioni riconducibili a tale genere si sono riscontrate in ogni ambito letterario, spesso assurgendo al rango di veri e propri archetipi (chi non ricorda le macchine di Jules Verne?). E poiché fin dagli inizi si è trattato di un genere ad appannaggio prevalentemente maschile (come del resto è ancor oggi), sono in pochi a sapere che, nei primi anni del Novecento, la Svizzera ha potuto vantare una delle rare eccezioni alla regola nella figura della ginevrina Noëlle Roger, destinata a raggiungere una certa notorietà come pioniera del genere fantascientifico, e non solo.

Noëlle, il cui nome all’anagrafe era Hélène Dufour, è stata, tra le altre cose, una figlia d’arte, dal momento che il padre Théophile era molto noto nei circoli letterari per i suoi lavori su Rousseau e sul riformatore Calvino, mentre la madre Fanny discendeva da uno storico di vaglia quale Henri Bordier. Questo permise alla giovane Hélène, nata a Ginevra nel 1874, di coltivare fin dall’infanzia la passione per la pittura e la poesia, per poi decidere di debuttare come scrittrice. Il suo primo romanzo, Larmes d’enfant, venne pubblicato nel 1896, quando l’autrice aveva appena ventidue anni; e fu proprio in quell’occasione che la Dufour coniò il proprio pseudonimo, giocando con i nomi di battesimo di due dei suoi fratelli, Leon (che, letto al contrario, suona come Noëlle), e Roger. Ed è da questa scelta che si dipanerà un’esistenza a dir poco notevole: in tempi in cui l’emancipazione femminile era ancora lontana, Noëlle era infatti destinata a farsi rapidamente un nome di tutto rispetto in ambito artistico e non solo, rivelando una poliedricità di talenti a cui i più celebri colleghi di sesso maschile non hanno mai potuto aspirare.

Dopo una formazione come giornalista a Londra, e alcuni romanzi incentrati su temi legati all’infanzia, la Roger deciderà infatti di buttarsi nel genere fantastico, ma in modo diverso rispetto ai contemporanei: gli spunti da lei sviluppati nei suoi lavori possono infatti considerarsi estremamente moderni e originali anche per l’ambito fantascientifico del tempo – si pensi al romanzo Le Nouvel Adam (1924), incentrato su una sorta di «superuomo», creato artificialmente tramite un trapianto di ghiandole e presentato come un antieroe totalmente dedito alla logica e alla freddezza, secondo la miglior tradizione gotica; e il fatto che, appena due anni dopo, quest’opera abbia beneficiato di un’edizione inglese, dimostra la rilevanza di quella che all’epoca era nota come «fiction speculativa». Negli anni, Noëlle avrebbe pubblicato una decina di libri nel filone della cosiddetta «anticipazione tecnologico-scientifica», tra i quali Celui qui voit (1926), Le Soleil enseveli (1928) e Le Nouveau Lazare (1935); il suo fu sempre uno sguardo molto disilluso e pessimistico sul futuro dell’umanità, secondo lei implicitamente incapace di gestire il progresso tecnico, o di coniugarlo davvero all’emotività.

Purtroppo, non molto si sa della vita privata della Roger, fatta eccezione per il suo matrimonio (nel 1900) con l’antropologo Eugène Pittard, figura rinomata nell’ambiente ginevrino in quanto fondatore del Museo di Etnografia cittadino, nonché una delle menti dietro la Lega delle Nazioni, fondata nel 1920 allo scopo di mantenere la pace nel mondo dopo la Grande Guerra. Quel che è certo è che quest’unione, durata un’intera vita, avrebbe influito molto sull’immaginario di Noëlle – la quale, divenuta assistente del marito, finì per girare il mondo al suo fianco, imparando a conoscere soprattutto i Balcani e l’Oriente, e redigendo vari resoconti di viaggio, tra cui La Route de l’Orient (1914) e En Asie Mineure (1930). E se le terre lontane visitate dalla Roger hanno fatto da sfondo a diversi suoi romanzi (si veda Princesse de Lune, 1929), la stessa cosa sarebbe avvenuta con l’evento destinato a fungere da vero e proprio «spartiacque» del primo 900, ovvero la Grande Guerra. Assecondando il dovere implicito di ogni cittadina, anche la nostra scrittrice seguì gli immancabili corsi da infermiera, così da assistere i soldati ricoverati a Lione, e rimase profondamente scossa dall’esperienza – poi riflessa nella serie dei Carnets (collezione di testimonianze di guerra da lei raccolte e pubblicate a partire dal 1915, tra cui l’apprezzato Les Carnets d’une infirmière) –, ma anche negli scenari apocalittici di romanzi come Le Nouveau Déluge.

Del resto, come detto, la Roger si sarebbe dimostrata autrice quantomeno versatile: oltre ai molti lavori di fiction, avrebbe firmato anche libri per bambini e svariati saggi biografici su figure come Henri Dunant e Madame De Staël. Nel frattempo, fu anche, a più riprese, giornalista e critica d’arte, il tutto senza mai trascurare il suo lavoro di insegnante di letteratura presso le scuole medie femminili – mostrando un’ecletticità che ne fa un caso pressoché unico nel panorama degli autori di nazionalità svizzera: un primato che, peraltro, riveste anche in qualità di unica scrittrice di fantascienza nativa del nostro Paese.

Oggi, Noëlle Roger riposa assieme al marito Eugène presso il Cimetière Des Rois di Ginevra; e, sebbene il suo nome non rivesta più la notorietà di un tempo, rimane un esempio di eccellenza – non solo per via di un lascito artistico assolutamente notevole, ma anche per aver costituito esempio perfetto di realizzazione personale e professionale da parte di una donna che, in tempi assai diversi dai nostri, seppe condurre una vita piena e gratificante, al pari di qualsiasi collega maschile.