Bibliografia

Grace Paley, Volevo scrivere una poesia, invece ho fatto una torta, Sur, Roma, 2022.


L’inconfondibile voce di Grace Paley

Scrittrice fuoriclasse di racconti brevi, ritroviamo la sua cifra in una raccolta di poesie, quasi tutte inedite
/ 19.12.2022
di Laura Marzi

Volevo scrivere una poesia, invece ho fatto una torta è il titolo della silloge di Grace Paley, edita da Sur, tradotta da Paolo Cognetti e Isabella Zani, con testo in lingua originale a fronte. Grace Paley, scrittrice nata a New York da due ebrei russi fuggiti negli Stati Uniti, è conosciuta al mondo per i suoi racconti, che le valsero la candidatura al Premio Pulitzer e al National Book Award. Quando, come scrive Cognetti nella prefazione al testo, il suo editore le chiese di cimentarsi nella forma lunga del romanzo, che da sempre ha più successo di pubblico, decise bene di dedicarsi invece alla poesia.

La raccolta comprende i testi che Paley scrisse quando aveva tra i settanta e gli ottant’anni, dopo aver lasciato New York per trasferirsi nel Vermont dove, per la prima volta, affianca ai soggetti che le sono cari: donne, ebrei, emarginati e immigrati, anche la natura e gli animali.

Grace Paley ha sempre avuto, come ricorda Cognetti, una concezione della letteratura schietta, da narratrice pura. Le storie che conosceva, quelle che le venivano raccontate dalle amiche e dalle compagne, quelle della sua famiglia e le sue, diventavano via via materia dei racconti, senza che mai la necessità di pubblicare prevalesse su quella di essere una cittadina e di essere viva. Non mancano nella raccolta riferimenti alla sua vita familiare: «il padre chiede il sale / tre donne si alzano la madre / la nonna la zia c’è / solo una saliera che / ci vuoi fare». La condizione femminile ritorna in un’altra poesia intitolata C’è differenza tra uomini e donne, in cui ai pochi versi che indicano ciò a cui il genere maschile è normalmente intento: «Ah la tratta degli schiavi / il traffico d’armi / la morte in alto mare / i massacri nei villaggi», che tornano come un ritornello, fanno da contraltare ben trenta versi in cui Paley descrive ciò che definisce la vita delle donne. Troviamo allora la necessità della sopravvivenza, il cibo, il mercato e soprattutto la fatica dei corpi che trascinano avanti la propria esistenza e garantiscono anche quella degli altri. E seppure non si possa negare che tanti sono stati i passi avanti fatti negli ultimi anni, resta vero che a occuparsi principalmente della vita che si svolge nelle cucine degli ospedali e nelle scuole, come ricorda la filosofa Adriana Cavarero, sono ancora principalmente le donne.

Alla madre è dedicato un testo commovente che si intitola Lettera: «Mamma il fatto che non scrivo molte poesie / per te non vuol dire che non ti abbia pensata / ogni giorno di questi ultimi cinquant’anni […] Però è vero per un paio di decenni indaffarati quando / i bambini erano piccoli e chiassosi quando la guerra / e l’intenso amore sessuale interferivano è possibile / che ti abbia pensata meno spesso ma anche allora / d’un tratto la sera mi capitava di vederti».

Come si evince dalle citazioni, lo stile poetico di Paley è ancorato alla realtà e forse, proprio per dare ragione di questa immediatezza e forza, la raccolta prende il titolo dai primi versi dalla poesia: La sporadica alternativa della poetessa. In questo testo Paley racconta dell’incertezza incurabile di chi scrive, che si pone nell’inevitabile attesa di sapere se ciò che ha composto piace, mentre la gratificazione per aver fatto un dolce goloso è immediata: «questa torta piacerà a tutti […] /non voglio / aspettare una settimana un anno una / generazione perché si presenti / il cliente giusto».

A connotare tutte le poesie di questa silloge è una stessa atmosfera di vividezza, un latente senso dell’umorismo che sottende anche ai testi più polemici, che dicono di un’accesa critica politica come Volantino, in cui viene descritta la propensione inarrestabile alla guerra da parte delle nazioni. Del resto, la lotta politica ha caratterizzato la sua vita: prima del trasferimento in Vermont, avvenuto solo in età matura, Paley ha vissuto nel Bronx e poi nel Greenwich Village, partecipando a diverse battaglie politiche e atti dimostrativi: l’autrice negli anni del maccartismo era schedata come «comunista».

In questi testi, però, non c’è mai traccia di acredine o di risentimento. Come insegnava De Beauvoir nella prima parte del suo corposo volume Il secondo sesso, Paley sa che la rivendicazione non è preferibile e neanche poetica. Ritroviamo allora, in questi versi, lo stesso sguardo chirurgico e minuto, la stessa capacità di far reagire insieme l’universale e il particolare, con un’attitudine indefessa alla comprensione, che rendono i suoi racconti, e anche le sue poesie, una lettura imperdibile: «questi paesi / vanno soppressi per il loro stesso / bene […] è un peccato che diano così di matto ma guarda / quanto ti innervosisci tu quando cambia il tempo».