Nel 2007 il pubblico ha preso coscienza della centralità degli autori nell’offerta televisiva. Lo sciopero, indetto dalla Writers Guild of America, mise a terra il palinsesto di tutte le reti, privandole della materia prima per i loro programmi di successo. Ora si riparla di sciopero, e le reti americane sono forse più disposte a trattare, memori di quanto avvenne l’altra volta.
Gli autori sono una categoria assai bistrattata, se non francamente ignorata; fino al punto in cui, di fronte a produzioni che sulla base di un buon concetto non riescono però a «volare» per mancanza della vera materia prima (i contenuti), ci si deve rendere conto che un programma è ben di più di un'idea, di un conduttore e degli attori.
Senza autori si finisce per attingere a qualche casualità, cioè all’intuizione (o al delirio) di qualche presentatore o all’intervento del produttore; ma soprattutto si tenta di ovviare a questa mancanza – sempre che la si percepisca come tale – facendo appello al pubblico, con quel mantra dell’«ascolto» che conduce a far fare il programma al pubblico (microfoni messi davanti ai bimbi e a chiunque voglia dire qualcosa, linee aperte alle telefonate, appelli a dare idee, e via elencando; il tutto con l’alibi dell'ascolto e della trasparenza), filo conduttore e populistica giustificazione che tenta di redimere certi programmi dalla loro pochezza autorale.
Succede un po’ in tv quanto avviene nella politica di oggi, in cui il vuoto pneumatico a livello di visioni viene riempito con le istanze della società civile, riprese e squadernate come programma politico, senza il minimo di rilettura e di organizzazione; si ascolta, a difetto di avere qualcosa da dire che valga la pena di essere ascoltato.
Le reti devono produrre contenuti di qualità, che meritino l’ascolto del pubblico, che lo stimolino e che lo formino, che lo sorprendano e che lo divertano. Di qui l’esigenza di avere sempre autori capaci di inventare, anche raccogliendo stimoli dall’esterno, ma digerendoli e facendone narrazione e drammaturgia. In questo senso, è notevole quanto quotidianamente propone la striscia Che succ3de? (access prime time, Rai3), in cui accanto alle doti della conduttrice si accampa il lavoro attento degli autori che riescono a ibridare l’appello al pubblico (il panel) e l’attenzione all’attualità e a temi anche etici di grande rilevanza. Un contenitore articolato e stratificato, in cui tutto si dipana con ottimo ritmo e in un contesto ironico e divertito. Dove sarebbe questo programma senza gli autori? E dove sono certi programmi(ni) in cui degli autori si ritiene di poter fare a meno?