«Ros e Freek, nati nel Karoo, sulla spiaggia di Strandfontein – la prima volta che hanno visto il mare. Che effetto gli abbia fatto non lo saprò mai».
La casa editrice Contrasto ha, tra le altre, una collana di particolare valore che si chiama «In Parole». Ne è letteralmente evidente il pregio grafico e fotografico: carta scelta, bordo colorato che si estende sulla copertina e riprende il colore del titolo, che per parte sua troneggia su fascia bianca centrale; fogli di guardia di quello stesso colore; grafica misurata e discreta; soprattutto molte fotografie, sbordate, a tutta pagina, raggruppate in colonne. Insomma, difficilmente si troveranno questi libri abbandonati a fianco dei cassonetti negli ecocentri, più probabilmente abiteranno qualche salotto design, che contribuiranno ad arredare con quel loro elegante vestito.
Spesso (quasi sempre) la collana propone una sua prospettiva monografica dedicata al rapporto tra fotografia da una parte e letteratura, arti e scienze dall’altra. I nomi sono subito indicativi: Sciascia, Wim Wenders, James Ellroy, Jack London, Pasolini, Saviano, Salgado, Edoardo Boncinelli. Ogni tanto le scelte sono magari eccessivamente civettuole; spicca per esempio l’abbondante attenzione dedicata alla fotografa-bambinaia Vivian Maier. Di lei, l’utente del sito web può comprare, oltre a quattro o cinque titoli, anche una borsa in cotone
Per il resto, le scelte sono spessissimo di valore. Come nel caso di questo Prima di scrivere. Fotografie di un ragazzo, dedicato all’attività fotografica che John M. Coetzee praticò prima di diventare lo scrittore che conosciamo e con profitto apprezziamo. Spesso, di queste avventure fotografiche un po’ leggendarie (tutti sanno che è il caso, ancora, di Vivian Maier) della leggenda fa parte anche il ritrovamento che si vuole casuale di un prezioso tesoro: qui il trasloco da Città del Capo all’Australia dello scrittore, che fa emergere quasi d’incanto e con immagine forte abbondante materiale fotografico (macchinari, rullini e le foto stesse) che altrimenti sarebbe andato perduto e che invece sostanzia questo stesso libro.
I soggetti risalgono alla metà degli anni Cinquanta (Coetzee è nato nel 1940) e riguardano principalmente ambienti della scuola e dell’amicizia stretta. I risultati tecnici non sono sempre all’altezza: il giovane fotografo ricorre prima a una microcamera-spia (di quelle che si vedono nei film di James Bond) e poi a una Wega, un’imitazione della Leica II prodotta per poco tempo in Italia, a Pordenone.
Tre sono le tesi che accompagnano il lettore di questo libro: che la fotografia sarebbe poi stata un soggetto massicciamente presente nell’opera letteraria del più maturo John; che l’arte espressiva giovanile fosse stata una specie di preparazione a quella più avanzata; che gran parte delle vicende e delle persone ritratte in quegli antichi scatti si sarebbero poi ritrovate pari pari nei romanzi. La tesi centrale è decisamente la più affascinante e forse anche concreta; ed è in quella linea che le didascalie che accompagnano le fotografie sono spesso citazioni dalle opere, con rinvii in una direzione o nell’altra.
A chiudere questo viavai tra arti, la serie porta fotografie dello stesso armamentario di produzione e sviluppo, delle librerie e del materiale scrittorio, un tavolo, una lampada, un righello, penne e boccette di inchiostro. Tutt’altro che inutile la rassegna dei libri della biblioteca nella cameretta del giovane Coetzee; l’elenco è derivato direttamente dalla foto ingrandita e chi vorrà ci potrà trovare qualche destino culturale e letterario. Da quelle letture dedurrà, se vorrà, le scelte dello scrittore che seguì il fotografo.
Da un certo punto in poi, le fotografie abbandoneranno tecniche e qualche scaltra malizia da intenditore e prenderanno la forma dei soggetti di servizio che a tutti noi capita di produrre, «feste di compleanno, eventi familiari, istantanee di vacanze». Poi, «la sua creatività iniziale con il mezzo fotografico si trasferisce nei romanzi».