Dove e quando
Monet. A cura di Marianne Mathieu. Palazzo Reale, Milano. Fino al 30 gennaio 2022. Catalogo Skira, euro 32.

Claude Monet (1840 -1926), Camille sulla spiaggia, 1870 Olio su tela, 30x15 cm Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5038 (© Musée Marmottan Monet, Académie des beaux -arts, Paris)


L’esprit di Parigi a Milano

A Palazzo Reale si celebra Monet con l’esposizione di una cinquantina di opere dal Musée Marmottan
/ 29.11.2021
di Gianluigi Bellei

Immagino che abbiate già visto il Musée Marmottan Monet di Parigi. In caso contrario vi esorto a farlo. Anzi, visto che sono in vena di consigli vi propongo un itinerario da non perdere. Prima di tutto un salto a Villa Montmorency. Non è una vera e propria unica villa ma un agglomerato di case lussuose nel 16 arrondissement circoscritto fra rue Poussin, rue Raffet e Boulevard de Montmorency. E vi abitano le persone più ricche della città. Naturalmente se non ne conoscete qualcuna non ci potrete entrare perché qui è tutto blindato con tanto di security al cancello. Parigi è stupenda: è la città dei contrasti e a questo punto potete spostarvi nel 18e e precisamente a Barbès. Nella Goutte d’Or troverete un mondo colorato e vario. Per immergervi nell’ambiente frequentate il mercato di rue Dejean dai profumi e sapori esotici. Qui vivono fra i più poveri della metropoli. Anni fa ci abitava un mio amico anarchico di Firenze. Aveva trovato un monolocale a pian terreno a poco prezzo. Al centro della sala una putrella di ferro sosteneva il soffitto, un po’ pericolante. Mi invitava a cena dopo il lavoro e, debbo dire la verità, girare fra queste strade al buio, metteva un po’ di timore.

Detto questo potete fantasticare alla ricerca della bellezza. Direi immaginando una Venere callipigia in carne e ossa (per le donne oserei un Torso del Belvedere) e poi un salto al Musée de l’Orangerie. Qui in due sale ovali con luce zenitale trovate le Nymphéas di Claude Monet. Otto grandi dipinti definiti da André Masson nel 1952 la «Sistina dell’Impressionismo». 200 mq di dipinto. Monet le dona allo Stato in seguito all’armistizio dell’11 novembre 1918 come installazione di pace. Questo ciclo impegna l’artista per tre decenni, dalla fine del 1890 alla morte nel 1926. La donazione avviene nel 1922 e le sale sono inaugurate un anno dopo la sua morte.

Una vera estasi!

Dopo esservi ripresi potete passare a visitare il Musée d’Orsay che detiene una novantina di opere di Monet tra le quali La rue Montorgueil durante la festa del 30 giugno 1878 e La série des cathédrales de Rouen.

Infine, un po’ discosto, recatevi al Musée Marmottan Monet che possiede oltre 100 tele del maestro lasciate in eredità dal figlio Michel Monet.

La storia di questo lascito ha dell’incredibile.

Michel è l’unico erede alla morte del pittore, avvenuta nel 1926. Un’eredità considerevole. Basti pensare ai titoli azionari o alla tenuta di Giverny che da sola valeva 400’000 franchi. I dipinti lasciati in eredità sono 389 di Monet e 120 di altri artisti che facevano parte della sua collezione privata. Michel si ritrova così immediatamente ricco, e come molti figli di grandi artisti (pensate ai vari discendenti di Picasso), vive alla grande senza mai lavorare. Vizia sua moglie Gabrielle con doni esagerati: un anello di diamanti da 12 carati o una spilla con diamanti da 13 carati del valore di un milione di franchi. I due viaggiano fra Africa, Italia, Svizzera. Vivono con una coppia di domestici. Ogni tanto il figlio vende un’opera del padre. Difficile stabilire l’importo delle singole transazioni.

Emil Bührle all’inizio degli anni Cinquanta acquista, tra gli altri, un pannello delle ninfee per 2 milioni e mezzo di franchi e un altro per 2 milioni di franchi. Nel 1957 Alfred Barr sceglie per il MoMa di New York un pannello di 6 metri venduto dalla galleria Knoedler per 1 milione e 400’000 mila franchi. Nel 1952 Michel vende diverse Ninfee alla Società di Belle arti di Winterthur e a Emile Bührle per circa 8 milioni e 300’000 franchi. Naturalmente al fisco il figlio dichiara di essere nullatenente.

Marianne Mathieu scrive che l’amministrazione finanziaria dello Stato stima che i redditi di Michel, «basandosi su alcuni segni esteriori di ricchezza», ammontassero a circa 1 milione e 956’000 franchi per l’anno 1951 e 2 milioni e 85’000 franchi per quello successivo. Si apre così un lungo contenzioso perché, come sostiene il suo notaio, i capitali non produttivi come le collezioni d’arte già gravate dall’imposta di successione non possono essere tassati come redditi.

Oltre a tutto questo vi è il problema della vicenda delle ninfee dell’Orangerie. Queste sono state donate dall’artista allo Stato francese con la clausola che accanto a loro non vi sia- no altri dipinti, che la disposizione dei pannelli non venga modificata né essi vengano coperti, pena la revoca della donazione. Come di sa all’Orangerie periodicamente vengono fatte delle esposizioni temporanee. Dal 1932 al 1939 sono in programma 34 manifestazioni e diverse di particolare rilievo. In alcuni casi la direzione chiede a Michel il permesso di poter coprire temporaneamente le opere di Monet. Michel si oppone categoricamente: spera così di entrare in possesso delle tele.

La vicenda è troppo lunga da raccontare per esteso e ha, a volte, degli aspetti esilaranti come una lettera perduta e altre amenità. In ogni caso, visto che Michel è senza eredi e data la sua non tenera età, deve decidere a chi lasciare i suoi beni. Dato che ha continui litigi con lo Stato decide di fare testamento a favore di un ente privato: il Musée Marmottan, appunto, che appartiene all’Académie des Beaux-Arts. Nel 1966 Michel muore e così le opere vanno al museo, che aggiunge al nome del vecchio proprietario anche quello dell’artista.

In questi mesi a Palazzo Reale di Milano si tiene un’esposizione con una cinquantina di opere di Monet provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, appunto. Come sappiamo Palazzo Reale, scandalosamente, non organizza personalmente le proprie esposizioni ma le appalta a cosiddette società di servizi. A volte, se serie, riescono bene e sono di carattere scientifico. Altre, e sono la maggioranza, sono solo specchietti per le allodole; non aggiungono o tolgono nulla a quanto già si sappia e si possa vedere in qualche museo.

Ma la ville lumière è così lontana?

Comunque la mostra si inserisce nel progetto «Musei del mondo a Palazzo Reale» che speriamo possa svilupparsi con collaborazioni maggiormente discoste da noi.

Una curiosità va comunque notata: il legame fra Palazzo Reale e Paul Marmottan, fondatore dell’omonimo museo costituito alla sua morte per volontà testamentaria dall’Acàdemie des Beaux-Arts. Marmottan è uno studioso d’arte dell’Ottocento, curioso, viaggiatore. In diverse occasioni passa da Milano dove allora, verso la fine dell’Ottocento, Palazzo Reale era di proprietà della famiglia Savoia. Negli anni gli arredi del palazzo vengono dismessi e in una di queste occasioni Marmottan acquista due medaglioni in bronzo raffiguranti l’imperatrice Joséphine e l’imperatore Napoleone I.