L’emigrazione ticinese oltremare

Editoria – È stato da poco pubblicato «Cielo e terra», il nuovo lavoro dello storico Giorgio Cheda
/ 15.05.2017
di Piergiorgio Baroni

L’emigrazione ticinese oltremare, dalla seconda metà dell’Ottocento, ha segnato fortemente i destini del nostro cantone. Oltre quarantamila ticinesi, sull’arco di un secolo (1850-1950), sono andati in California, in Sudamerica e in Australia. Il maggior contingente? Quello delle valli superiori (27mila in California), ai quali vanno aggiunti 12mila sottocenerini, emigrati in Argentina e nazioni limitrofe dell’area sudamericana, più un migliaio di nostri conterranei che avevano scelto la lontanissima Australia. Il «motore» di questa emigrazione epocale non è stato soltanto il Gold Rush, la corsa all’oro, e l’espulsione dall’Italia di diverse migliaia di ticinesi, decretata dal governo austriaco all’epoca insediato nella Pianura Padana. Anche l’endemica povertà economica delle valli aveva fatto sì che le migliori forze lavorative venissero sottratte ai lavori «rupestri» per tentare l’avventura oltreoceano.

Il professor Giorgio Cheda ha investito tempo ed energie per documentare (attraverso le lettere scritte dagli emigrati e quelle dei «rimasti» nelle valli) fatti e situazioni, inseriti nel contesto dall’emigrazione europea verso il Nuovo e il Nuovissimo continente. La recente pubblicazione dal titolo Cielo e terra (edizioni Oltremare) è la somma di una serie di libri che Cheda, con grande metodo e passione, ha dedicato al tema migratorio. Seguendo, attraverso gli scritti dei protagonisti, i percorsi che potevano durare mesi di navigazione, sui mari del globo terracqueo, prima di giungere a destinazione.

Gli emigrati, in massima parte, grazie alle scuole cappellaniche e pubbliche, erano in grado di descrivere il vissuto, le fatiche dell’adattamento alla nuova situazione. Ma anche i momenti di incontro con altri emigrati, sogni e progetti per un futuro meno carico di difficoltà economiche. Il loro rapporto con i «rimasti» in valle era anche di sostegno, privato e pubblico, per il finanziamento di case, chiese, cappelle, asili e quanto poteva servire alla comunità dalla quale erano partiti. «Da ragazzo mi aveva sempre incuriosito il solido baule arrivato, con mio padre, dalla California (...) un vero e proprio gioiello, se paragonato alle bisacce di chi partiva». Una frase emblematica di Giorgio Cheda, che mette in evidenza lo stimolo alla conoscenza, al «guardare oltre» che lo ha fisicamente portato, in California e Australia, a ricercare testimonianze sul posto, a rovistare nelle cancellerie, ad ascoltare gli emigrati di seconda e terza generazione.

Cielo e terra è germogliato con la ristampa della Storia della Vallemaggia di don Martino Signorelli. «Un’opera – scrive Cheda – esuberante di informazioni riguardanti la millenaria tradizione cristiana che ha sollecitato una riflessione sull’evoluzione delle mentalità collettive e delle pratiche culturali di una minuscola comunità». Il cielo e la terra «sono i due poli dell’avventura umana, indispensabili per analizzare le concezioni religiose e le strutture materiali di ogni comunità e che riassumono le peripezie di quegli emigrati». Un quadro che esce rafforzato, soprattutto culturalmente. Le autorità politiche e scolastiche del nostro cantone dovrebbero, secondo l’autore, considerarlo in misura maggiore. Anche perché molti dei nostri giovani dovranno emigrare, per capire meglio i tempi che stiamo ora attraversando.