Le visioni di Anita

Un’avventura lunga un secolo: l’incredibile percorso dell’orgogliosa e indipendente Anita Spinelli, donna e artista fuori dagli schemi
/ 23.11.2020
di Benedicta Froelich

Il fatto che, in termini geografici, il Ticino possa definirsi come un territorio dall’estensione piuttosto modesta non ha impedito, nel corso degli anni, l’avvento di artisti anche molto influenti, spesso riconducibili alla scuola lombarda; ma quello della longeva Anita Spinelli, una delle pochissime donne che la pittura ticinese possa vantare, è senz’altro un caso particolare. L’anima fortemente indipendente, e allo stesso tempo sognante e perfino «eterea» della Spinelli – per molti versi in contrasto con i turbolenti moti della società del ’900, secolo da lei attraversato nella sua interezza – le avrebbe infatti permesso di lasciare un segno sull’arte figurativa ben oltre i nostri confini.

Nata con il nome di Anita Corti a Balerna nel 1908 e influenzata dall’esempio del padre – il quale, seppur appartenente all’ambito commerciale, fungeva da mecenate di diversi artisti ed era egli stesso un capace disegnatore – Anita crebbe in un ambiente contraddistinto dalla passione per il bello, ed ebbe così l’opportunità di frequentare la Scuola di Arti e Mestieri di Lugano e, in seguito, di trovare un mentore in Guido Gonzato, uno dei pittori sostenuti dalla famiglia. Fu così che giunse a sfidare le oppressive convenzioni sociali di un Ticino all’epoca ancora rurale e ben poco incline all’emancipazione femminile, ottenendo infine dai genitori il permesso di frequentare il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti di Brera  – dove fu l’unica studentessa ticinese, nonché una delle pochissime donne a diplomarsi in quel periodo (era il 1933).

L’esperienza milanese, durata ben otto anni (vissuti da pendolare tra Milano e Balerna) si sarebbe rivelata fondamentale per Anita, la quale, oltre a beneficiare degli insegnamenti di Aldo Carpi e Giuseppe Guidi, sviluppò rapidamente una propria, personalissima concezione dell’arte pittorica: uno stile in cui è chiaramente visibile l’influsso della corrente novecentesca italiana (riferimenti principali: Sironi e Carrà), e dove la fluidità e pastosa espressività dei colori, via via più soffusi e trasparenti, si fondono con un tratto «allungato» e dinamico, inconfondibile quanto moderno.

Nel frattempo, però, la giovane artista si era sposata con Paolo Spinelli, da cui avrebbe avuto due figlie, e si era stabilita a Pignora, frazione del comune di Novazzano. Eppure, nonostante le responsabilità della vita di famiglia, non volle mai rinunciare a quell’intima e profonda forma di libertà personale che trovava principale espressione proprio nell’impulso pittorico: grazie alla generosità e al supporto del marito, Anita poté infatti dedicare tutte le sue energie a sviluppare e ampliare la propria ricerca artistica, e, nonostante il trauma della fine del periodo milanese – dovuto all’ascesa del fascismo e alla chiusura delle frontiere durante l’intero periodo bellico – ebbe comunque l’opportunità di andare oltre i ristretti confini dell’esilio a Pignora e di scendere a patti con la propria estraneità verso il mondo contadino, che ancora la faceva da padrone nel Mendrisiotto.

Il tutto grazie a una particolare sensibilità personale, che l’avrebbe sovente portata a ritrarre le sfumature della condizione femminile per come lei la percepiva e idealizzava – nell’immagine di una donna indipendente e consapevole delle proprie potenzialità, proprio come la stessa Anita si sforzò di essere nell’arco di tutta la sua lunga vita: conservando sempre una forte curiosità, nonché una vera e propria fame di nuove esperienze e il desiderio di sperimentare liberamente tutto quanto l’esistenza poteva offrire. Il contrasto stridente tra la «reclusione» ticinese e gli stimoli della grande città la spinse infine a tornare alle origini, e a ritrarre soggetti legati al lavoro nei campi e alle persone che si muovevano intorno alla masseria di Pignora; e sarà proprio grazie al maestro di un tempo, Gonzato, che Anita imparerà infine a considerare il Mendrisiotto come proprio luogo dell’anima, e ad abbracciarlo in quanto fonte d’ispirazione.

Grazie a questa importantissima «resa», la Spinelli ebbe anche l’opportunità di entrare a far parte del gruppo di artisti svizzeri noto con il nome di I Solidali – dove, in quanto unica donna, si sarebbe a tratti trovata a vivere una forma di silenziosa, ma non per questo meno sofferta, solitudine; un sentimento che la condusse infine a trascorrere gran parte degli anni successivi alla guerra viaggiando da un capo all’altro dell’Europa e del mondo – dall’Africa alla Cina, fino ai lunghi soggiorni negli Stati Uniti, che le permisero di ampliare i propri orizzonti, non solo artistici. Tempo dopo, in collaborazione con il Dr. Franco Regli del CHUV di Losanna, sarebbe venuto anche l’importante progetto, a cavallo tra arte e medicina, incentrato sulla rappresentazione grafica delle patologie neurologiche. Di fatto, Anita non si concesse mai un solo attimo di riposo, continuando a dipingere diligentemente fino all’età di 102 anni.

Oggi, proprio a Novazzano, dove la Spinelli scelse di mantenere per tutta la vita il proprio atelier, risiede «la Quadreria», come lei stessa era solita chiamarla: l’amato spazio espositivo e di lavoro in cui, tra il 1970 e il 2010 (anno della scomparsa), l’artista conservò la propria opera, e dove, dal 2002, la sua memoria e lascito pittorico vengono custoditi con cura all’interno del loro contesto originario. Ed è proprio tramite la collezione permanente e le varie mostre tematiche che la Quadreria si impegna a perpetuare il ricordo di una vita il cui influsso sull’arte (non solo ticinese) rimane a tutt’oggi imprescindibile.

Del resto, come la stessa Anita affermava, «fare arte, per me, è essere viva tra i viventi»: un sentimento che riassume appieno la sua totale e innata dedizione verso il proprio lavoro. La medesima dedizione che ancora si riflette nella bellezza delle tele della Spinelli – sempre suggestive, spesso innovative e a volte perfino provocanti; a tutt’oggi un’ispirazione per molti artisti fuori dagli schemi, svizzeri e non.