Dove e quando

Museo Vela, Ligornetto, ma-ve 10.00-17.00; sa-do 10.00-18.00.

www.museo-vela.ch


Le molte vite di Residenza Vela

Casa museo/9  ◆  Partiti dalla meravigliosa casa di Monet a Giverny concludiamo la serie con un esempio di casa nostra
/ 27.03.2023
di Gianluigi Bellei

Precisiamo subito che la casa di Vincenzo Vela a Ligornetto non è una vera e propria Casa museo dato che ne è stata stravolta la struttura interna dopo la donazione di Spartaco Vela alla Confederazione nel 1896. Si tratta di un museo. È la fine che rischiano di fare molte Case museo che perdono progressivamente il loro carattere intimista.

Vincenzo Vela (1820-1891) è uno dei partecipanti al Realismo italiano. Il Realismo nasce in Francia nei decenni centrali dell’Ottocento. Le sue correnti sono molteplici e partono dal naturalismo dei pittori di Barbizon fino ai Macchiaioli in Italia per arrivare alla rivoluzione di Gustave Courbet. Il termine réalisme viene utilizzato ufficialmente nel 1855 quando Courbet apre il Pavillon du Réalisme per contestare l’esposizione universale. L’anno seguente Edmond Duranty fonda la rivista omonima e nel 1857 Champfleury pubblica il libro Le Réalisme. L’arte, per loro, dovrebbe offrire «una rappresentazione fedele del mondo reale». Dalla pittura di paesaggio si passa a quella sociale con Paul Delaroche o al filone dei mendicanti con artisti come Octave Tassaert e Nicolas Suc. La scultura si fa subito provocatoria come nella Femme piquée par un serpent di Auguste Clésinger del 1847 che oggi si può ammirare al Musée d’Orsay o nel Satyre et Bacchante di James Pradier del 1834 al Louvre, ambedue a Parigi.

In Italia fa discutere nel 1840 Lorenzo Bartolini, docente di scultura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, il quale durante una sua lezione fa posare un gobbo. Accusato di aver infranto i canoni del bello ribatte: «Io non ho mai inteso di prendere un gobbo per modello di proporzioni né di regolare bellezza, ma ho voluto assuefare lo scolaro a rendersi padrone di quello che vede, senza sistemi e senza il pregiudizio dell’idealismo». Ed è proprio Bartolini che affascina il giovane Vela. Almeno in una prima fase. Nel Dizionario degli artisti italiani viventi del 1906 Angelo De Gubernatis scrive che «nato in un Cantone svizzero che fu staccato all’Italia, egli si sentiva italiano». Infatti scoppiata la rivoluzione contro l’Austria torna a Milano e «non potendo combattere col fucile, gettava in faccia ai tiranni un’opera nuova, che era nella mutezza del marmo, un’imprecazione al dispotismo e un fiero inno alla libertà. Quell’opera era Spartaco nell’atto che spezza le catene». Tullio Massarani in L’Arte a Parigi del 1879 precisa: «Condensò negli sdegni generosi sul suo Spartaco gli sdegni d’una generazione; e diede alle divine speranze, che mareggiavano allora negli animi, l’ali e il sorriso di quell’altra Speranza divina, la quale non sembra già consolare una tomba, ma evocarne fuori lo spirito di una seconda vita».

Tra le sue opere il Napoleone morente, Vittime del lavoro e il monumento a Gioacchino Murat del 1864 alla Certosa di Bologna dove è sepolta la figlia Letizia.

Dopo i primi successi ottenuti a Milano i fratelli Vincenzo e Lorenzo ristrutturano la casa paterna a Ligornetto. A partire dal 1848 Vela acquista, sempre a Ligornetto, due appezzamenti di terreno per 20’000 metri quadrati a poco prezzo. Poi all’inizio degli anni Sessanta, oramai famoso, decide di costruirvi la sua residenza. Sceglie l’architetto Cipriano Ajmetti, personaggio marginale e, anzi, forse nemmeno architetto. Nel 1859 Ajmetti è ricordato per la medaglia ricevuta per l’Indipendenza e l’Unità d’Italia.

Il primo progetto del 1862 prevede un edificio a due piani con al centro una facciata con un ingresso a tre campate ad arco. All’interno un cortile rettangolare con lo studio che si affaccia ai lati dello scalone del cortile stesso. Il secondo progetto prevede il piano terra unicamente di rappresentanza: un’entrata per le carrozze e una sala ottagonale centrale, detta dei Modelli. Poi la cucina e la sala da pranzo. Il portone esterno è decorato da due statue di Dante e Giotto e medaglioni di Michelangelo e Raffaello.

L’architetto ticinese Isidoro Spinelli segue i lavori di costruzione che durano quattro anni, fino al 1866. I Vela entrano in possesso della nuova casa un anno prima, data dalla quale iniziano ad arrivare i gessi dallo studio torinese per essere posizionati nel salone centrale. Operazione completata solo nel 1868, quando l’atelier viene aperto al pubblico.

Un altro amico genovese di Vela, l’architetto Augusto Guidini, si occupa di realizzare la portineria nel 1881. Una casetta da giardiniere in legno, tipo chalet svizzero, contrapposta all’aulicità della casa principale. A Guidini si deve poi il progetto della tomba dello scultore e la sua prima biografia.

Dopo la morte di Vincenzo e Lorenzo, il figlio Spartaco dona alla Confederazione la casa. Nel 1913 iniziano i lavori di ristrutturazione per ridisegnare i percorsi di visita. Poi tra il 1916 e il 1919 avviene una vera e propria rivoluzione architettonica interna e l’intera casa diventa un omaggio all’artista e al suo lavoro.

Nel 2001 l’architetto Mario Botta l’ha nuovamente ristrutturata e posto le statue della sala ottagonale centrale su delle putrelle moderne dipinte di bianco con uno sfondo color antracite. Qui troviamo una spettacolare sequenza di gessi tra i quali la statua equestre di Carlo II duca di Brunswick, quella di Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Cavour.

Il piano superiore è adibito ad esposizioni temporanee. L’ampio giardino attorno comprende un corso d’acqua, uno stagno e una curatissima varietà di piante, fra le quali palme, castagni, una quercia, e vari fiori.