L’avventura che fece di Hugo Pratt un artista

Il regista ticinese Stefano Knuchel continua la sua trilogia dedicata al padre di Corto Maltese
/ 11.04.2022
di Fabrizio Coli

Spira un vento che sospinge lontano e che gonfia le vele dell’anima. C’è un personaggio, che non è ancora nato ma che è destinato a segnare la letteratura disegnata. Un emblema dell’avventura stessa, che coniugherà in maniera unica con una malinconia sospesa e mille suggestioni d’Oltremare, giocando un ruolo nel trasformare il fumetto in forma d’arte riconosciuta. Poi c’è un autore che ancora a tutti gli effetti autore deve diventare e che compirà il suo destino vivendo la propria vita con quella stessa brama, respirando la stessa aria che gonfierà i polmoni della sua creatura più celebre. Corto Maltese è il personaggio, Hugo Pratt è suo padre. Prima che i due si incontrino davvero, ci sono un momento e un luogo che renderanno questa nascita possibile. Siamo in Argentina fra il 1950 e il 1962.

Dopo Hugo en Afrique (2009), il regista ticinese Stefano Knuchel continua la sua esplorazione dell’arcipelago del grande autore italiano di storie disegnate, amato in tutto il mondo, con Hugo in Argentina, nelle nostre sale dal 14 aprile. Un documentario dall’indole girovaga, proprio come l’iconico marinaio con l’orecchino e come Pratt stesso. Presentato a Venezia alle giornate degli autori, di prima in prima è approdato al Festival cinematografico di Mar del Plata, poi a Soletta, poche settimane fa al locarnese L’immagine e la parola, o ancora ad Angouleme in Francia e a Montreal. È un lavoro di passione, con tutti i crismi dell’internazionalità.

Knuchel ha scoperto Pratt da bambino, negli anni Settanta, rimanendone folgorato. Poi c’è stato un libro, Il desiderio di essere inutile, frutto di lunghe conversazioni fra Pratt e il suo biografo Dominique Petitfaux, a gettare altra legna sul fuoco. Se la prima parte di questa trilogia era incentrata sul passaggio dall’infanzia all’età adulta, questo Hugo in Argentina mette quindi a fuoco il momento in cui Pratt diventa veramente un artista. A Buenos Aires, all’epoca poco più che ventenne, Pratt ci va come molti per lavorare, come disegnatore nel suo caso. In Argentina farà incontri fondamentali, a cominciare da quello con lo sceneggiatore Hector Oesterheld con cui collaborerà in serie come Sergente Kirk. In Argentina – è lo stesso Pratt a dirlo – vivrà l’avventura che poi Corto Maltese continuerà al posto suo, immerso in un crogiolo di atmosfere ed emozioni, dentro una sorta di zona franca fatta di notti nei bassifondi, di incontri con gente di ogni genere, in un caleidoscopio di donne, musica e vitalità che infiamma il cuore. In Argentina conoscerà la sua prima moglie, Gucky Wogerer dalla quale avrà due figli, Lucas e Marina. Qui vivrà la passione per la giovane disegnatrice Gisele Dester che il documentario, fra i suoi molti pregi, riesce persino a ritrovare dopo tanti anni. Qui Oesterheld, il fondatore delle edizioni Frontera, il creatore de L’Eternauta che verrà barbaramente ucciso insieme alle sue figlie negli anni della dittatura, insegnerà a Pratt come il fumetto possa raccontare la complessità della vita, delle persone, dei sentimenti.

Dice tutto questo e molto altro Hugo in Argentina. E lo fa in una maniera estremamente suggestiva, evitando sempre di trasformarsi in un mero elenco di informazioni. Il materiale maneggiato da Knuchel è corposo. Molto viene dalle registrazioni delle conversazioni tra Petitfaux e Pratt. Poi ci sono foto e video d’archivio uniti all’enorme lavoro di ricerca compiuto dal regista, che in Argentina è andato sulle tracce delle persone e dei luoghi entrati nella vita di Pratt. Incontriamo chi l’ha conosciuto, chi lo ha amato. Siamo immersi nelle sue atmosfere e cullati dalla sua voce. Una voce che si sdoppia e dialoga con se stessa, perché oltre a quella originale, c’è anche quella di Giancarlo Giannini che in francese rielabora le parole di Pratt. Corto Maltese arriverà nell’ultima parte della trilogia, alla quale Knuchel sta già lavorando e il viaggio si concluderà tra Venezia e la Svizzera dove Hugo Pratt è scomparso nel 1995. Ma intanto, avvolti nell’eleganza delle immagini e della regia, nell’evocatività della musica firmata da Zeno Gabaglio, immersi in un gioco di voci senza corpo, di ambienti una volta pieni di vita ora vuoti, ci caliamo in un sogno dove la forma della narrazione sposa il contenuto e i ricordi sono insieme promesse e nostalgia di ciò che sarà.