«L’arte è la nostra connessione spirituale»

In tempi di incertezza ci restano punti di riferimento come il nuovo programma dell’OSI. Parla Poschner
/ 29.05.2023
di Enrico Parola

Più che un’idea artistica, la stagione 2023-24 dell’Orchestra della Svizzera Italiana sembra voler sviluppare una riflessione sull’arte e sul senso del far musica oggi.

Emblematiche sono state le parole del direttore principale Markus Poschner (nella foto), qualche giorno fa alla presentazione del nuovo cartellone: «In questo momento storico sembriamo letteralmente intrappolati in un labirinto di insicurezze, incertezze e paure. Ogni giorno minacce visibili come la guerra, l’inflazione, le malattie e i cambiamenti climatici ci tengono saldamente in pugno, anche se pensiamo di essere sopravvissuti – almeno – alla pandemia. Vecchie certezze e orientamenti svaniscono ogni giorno alla velocità delle nuvole nel cielo, le nostre fondamenta di sicurezza e protezione qui in Europa sembrano vacillare sempre più violentemente, e così la nostra fiducia nel mondo e il senso della vita con cui siamo cresciuti sembrano scivolare via come sabbia tra le dita, improvvisamente perduta».

Concetti che possono sembrare centrifughi rispetto a questioni squisitamente musicali, ma prima di illustrare i tre programmi che dirigerà nel corso della prossima stagione, Poschner ha voluto sottolineare l’intima connessione tra la situazione attuale e il valore, il significato di una stagione concertistica, così come di ogni altra manifestazione artistica: «In un mondo intorno a noi che sembra girare sempre più velocemente e diventare sempre più difficile da capire, è però importante realizzare che oggi siamo ancora le stesse persone di ieri, non siamo cambiati affatto: percepiamo intuitivamente una possibilità residua nel misterioso potere dell’unione, dello stare assieme, un’esperienza quasi arcaica e spirituale. E in nessun altro luogo questo misterioso potere può essere sperimentato con maggior intensità ed evidenza che nell’arte. L’arte è la connessione spirituale tra noi esseri umani, è il nostro collante emotivo, indipendentemente dalla nostra provenienza e dalla lingua che parliamo. Oggi più che mai noi umani abbiamo bisogno di questa speciale forma di ispirazione, anche solo per la breve durata di un concerto, di una rappresentazione teatrale o di una visita a un museo».

Sono parole utili a leggere il cartellone 2023.24, che Poschner inaugurerà a fine settembre con i Vier letzte Lieder di Richard Strauss intonati dal soprano Erica Eloff e la prima sinfonia Titano di Mahler: i dieci appuntamenti al LAC e i quattro all’Auditorio Stelio Molo seguono la via maestra del grande sinfonismo romantico e tardo romantico, hanno come pietre miliari gli autori e i capolavori dell’Ottocento e del Novecento storico; vi si può forse leggere la mancanza di un direttore artistico (dovrebbe essere annunciato entro giugno, la commissione interna alla Fondazione dell’OSI sta completando il vaglio delle candidature), ma le scelte compiute e coordinate da Barbara Widmer, che sta gestendo ad interim la direzione artistica, vogliono «semplicemente» proporre al pubblico musica bella; una scelta che incontra il favore del pubblico, sempre numeroso, come conferma anche il trend degli abbonamenti, in costante aumento e arrivati ormai a settecento: un dato considerevole, anche in rapporto ai mille posti di capienza della sala grande del LAC. Perché, parafrasando il pensiero di Poschner, oggi più che mai la gente ha bisogno di bellezza, di fare esperienze artistiche in grado di emozionare e comunicare un senso positivo della realtà; a questo rispondono iniziative come Chi ha paura dell’OSI? Per i più piccoli e i tre Launch with OSI, con la possibilità di seguire la prova e mangiare in teatro.

Concetti ideali che però si intrecciano, anzi si declinano molto concretamente con una realtà finanziaria non certo ideale: «Siamo stati chiamati a gestire un significativo deficit nel finanziamento strutturale, che abbiamo affrontato innanzitutto con un contenimento dei costi che alla lunga non sarebbe sostenibile senza intaccare il livello qualitativo dell’orchestra e della stagione, pensando ai solisti e ai direttori presenti» ha rimarcato il direttore amministrativo ad interim Samuel Flury, sottolineando i 74 concerti con 47 diversi programmi e le 43mila presenze del pubblico dello scorso anno, che hanno fatto segnare un riempimento del 90%, percentuale altissima rispetto alle medie fatte registrare post pandemia dalla maggior parte delle istituzioni musicali. «I maggiori introiti vengono non solo dal pubblico: sono tante le istituzioni private che riconoscono e sostengono la bontà del nostro progetto, con la RSI stiamo definendo il rinnovo della partnership, e ci aspettiamo anche un supporto dalle istituzioni pubbliche».

Tornando alla nuova stagione, sarà Poschner a offrire due delle poche rarità presenti in cartellone: nel secondo programma che affronterà, a novembre, accosterà alla seconda sinfonia di Bruckner Anahit di Giacinto Scelsi, che in Svizzera studiò le teorie compositive di Skrjabin con un allievo del russo, e la Fantasia scozzese per viola e orchestra di Walter Braunfels, tedesco di Colonia attivo nella prima metà del Novecento. Poschner tornerà in aprile con la quarta sinfonia di Brahms, l’ouverture Egmont di Beethoven e il secondo concerto per pianoforte di Rachmaninov, interpretato dalla giovane e talentuosa Anna Vinnitskaya. Due saranno gli appuntamenti col direttore ospite principale, Krzysztof Urbański. A ottobre accosterà il Concerto per violoncello di Elgar (solista Daniel Müller-Schott) alle fantasmagorie timbriche di Sheherazade con cui Rimskij-Korsakov mise in note Le mille e una notte. Anche il maestro polacco regalerà un titolo a sorpresa accanto alla settima sinfonia di Dvorak, Aconcagua per bandoneon (imbracciato da Ksenija Sedorova) e orchestra di Piazzolla, che portò il Tango dai fumosi bourdel di Buenos Aires imponendolo come genere musicale di valenza internazionale.

Altro brano non popolare è la quinta sinfonia di Vaughan Williams, diretta da Robert Trevino, mentre classicissimi sono tutti gli altri programmi, ad iniziare da quello impaginato dalla trentaquattrenne lituana Giedre Slekyte: quarta sinfonia di Schumann e Concerto per violino di Lalo, solista Alexandra Soumm, virtuosa che aveva già conquistato il pubblico nel 2014, appena venticinquenne, con un intenso Sibelius, per poi schierarsi dopo l’intervallo nelle file dei violini e suonare Ciajkovskij assieme all’orchestra (sul podio c’era Poschner).

Due tra le più amate sinfonie di Beethoven verranno dirette da Jurai Valchua (Eroica) e David Zinman (Pastorale, preceduta dal Concerto per violoncello di Schumann interpretato da Truls Mork). Con la sinfonia K 550 di Mozart completa il cartellone dei concerti al LAC Julian Rachlin, violinista ormai sempre più lanciato nella carriera direttoriale. Tutti solisti-direttori sono gli ospiti dei quattro concerti all’Auditorio Stelio Molo, con l’oboista Alexei Ogrintchouk impegnato tra Mozart e Beethoven (Ottetto a seconda sinfonia), il violoncellista Maximilian Hornung con Mendelssohn (Le Ebridi) e Haydn (secondo concerto e sinfonia n. 104), il flautista Maurice Steger nel barocco di Telemann e Vivaldi, il violinista Sergej Krylov nella suite dalla Carmen di Bizet orchestrata da Scedrin e nel Concerto di Bruch.