L’amore può fare davvero male

Le conseguenze dell’amore nel doc Sleepless in New York di Christian Frei
/ 11.02.2019
di Simona Sala

Christian Frei (pluripremiato documentarista svizzero, addirittura nominato all’Oscar per il suo War Photographer del 2001) voleva sapere cosa si provasse dopo essere stati abbandonati dall’amore della propria vita. Ha dunque tappezzato la città di New York con una serie di locandine in cui chiedeva alle vittime dell’abbandono di farsi avanti. Per la realizzazione del film sono state scelte tre persone, la giovane fiorista Alley Scott, il traduttore Michael Hariton e la trasformista Rosey La Rouge: i tre protagonisti in comune probabilmente hanno ben poco, se non un dolore di difficile sopportazione, che sembra pesare come il mondo stesso e la mancanza più assoluta di prospettive. Alley è insonne e piange senza interruzione, contando i giorni dall’abbandono come farebbe un alcolista che ha lasciato il vizio; Michael tutte le sere passa sotto casa dell’amata per vedere se la luce è accesa, mentre Rosey è disorientata e incredula, incapace di dare una nuova direzione alla propria vita.

A questo punto nel documentario entra in gioco la bioantropologa statunitense Helen Fisher, che da anni si occupa e studia i comportamenti psicologici e biologici dell’essere umano nei confronti del sentimento per antonomasia, quella pulsione dalla forza così dirompente da attraversare come un fil rouge la storia e le storie individuali, le arti e i vissuti di chiunque. Helen Fisher infatti, ricordandoci che per i greci l’amore non era che una «follia degli dei», giunge alla conclusione che la natura, dotandoci di un «sistema cerebrale» così potente abbia esagerato. Per dimostrare la sua tesi si appoggia nientemeno che alla scienza: attraverso delle TAC cerebrali riesce infatti a provare come dopo un abbandono amoroso entrino in gioco gli stessi meccanismi biochimici e siano interessate le stesse zone del cervello che caratterizzano l’astinenza dalla droga, in particolare dalla cocaina. 

Amare ed essere riamati può senza dubbio essere la migliore esperienza del mondo, quella in grado di farci andare avanti e di affrontare il futuro con forza. Essere abbandonati, specularmente, può essere la peggiore, perché in campo entra una dipendenza di difficile gestione che, come nel caso della disintossicazione da droga, per essere superata necessita di regole ferree, tra cui quella di cancellare ogni ricordo dell’amata o dell’amato e di portare pazienza. Un giorno questo dolore ti sarà utile, recita il titolo di un libro di Peter Cameron, dopo la visione di questo documentario però, non ne siamo più così certi, poiché, alla fine, è un dolore ingiusto.