Dove e quando

Phil Rolla, Where I came from, Fondazione Rolla, Bruzella. Fino al 30.10.2022. Ogni seconda domenica del mese dalle ore 14.00 alle 18.00 e su appuntamento. www.rolla.info


L’amore per la forma e l’architettura vernacolare

La fotografia di Phil Rolla in mostra a Bruzella, in Valle di Muggio, fino al 30 ottobre
/ 29.08.2022
di Gian Franco Ragno

In questi due anni di pandemia abbiamo avuto tutti il tempo per aprire i cassetti e rivedere alcuni vecchi progetti. È stato così anche per Phil Rolla (1938), collezionista e creatore dell’omonima Fondazione, qui per la prima volta nella veste di fotografo.

Nello spazio espositivo di Bruzella ad accoglierci si sono una trentina di immagini che ci trasportano in una Santa Clara Valley del 1972, poco più a sud di San Francisco, il luogo dove l’autore è nato e cresciuto prima di trasferirsi in Europa e diventare un imprenditore nel campo dell’ingegneria nautica.

Gli scatti sono il frutto di una ricognizione intorno alla casa di famiglia durante uno dei ritorni a casa, e riguardano una serie di camp e edifici abbandonati – fienili, cascinali e magazzini – lasciati da tempo alle intemperie e senza traccia di vita. Luoghi, geografie e mappe simboliche dell’infanzia che sbiadiscono come i ricordi nella mente.

Nonostante l’usura data dagli elementi, si intravvedono negli edifici di legno scuro forme semplici e funzionali, ancora capaci di evocare una stagione di duro lavoro nei campi, qui soprattutto frutteti. Si scorge altresì qualche auto e mezzo agricolo abbandonato nelle vicinanze. Laddove vigeva una forte etica del lavoro, sembra essersi posato un velo di incuria e rinuncia, una sorta di abdicazione.

Nel momento storico in questione questo contesto vive una fase di profondo cambiamento antropologico ed economico: un tempo regione tra le più ricche di frutta al mondo, da lì a poco vedrà l’istallarsi delle industrie dell’elettronica, come IBM, e poi via via le altre imprese che trasformeranno quest’area in una Silicon Valley.

Rolla opera quasi come se fosse impiegato in una intima e personalissima Farm Security Administration, campagna fotografica del mondo rurale del governo americano condotta da una serie di fotografi negli anni della Depressione. Come una sorta di Walker Evans che a metà degli anni Trenta metteva a fuoco il suo punto di vista documentario – privo di sentimentalismi e interventi formali – con la ripresa seriale di chiese rurali dell’Alabama e della Carolina del Sud dalle forme molto simili tra loro (le Negro’s Churches, famose e ricercatissime dai musei di tutto il mondo). Senza la pretesa di proporsi come fotografo professionista, ma con l’incoraggiamento di alcuni di loro, Phil Rolla presenta una serie di immagini che insieme costituiscono un documento.

Ma dato ancora più importante, ristampando questi scatti – ad opera del bravo Simone Casetta – l’autore rintraccia temi che ritroverà, inconsciamente, nella stessa genesi della sua collezione. Tratti delle sue preferenze e delle sue idiosincrasie. Tra questi l’amore per la forma funzionale e l’architettura vernacolare, siano esse d’autore o meno, l’assenza della persona nell’immagine, una tensione verso il progetto seriale e preciso.

Ripercorrendo la sua collezione, pur avendo iniziato con significativi esempi del Minimalismo e delle Neoavanguardie (Donald Judd, Sol LeWitt, Richard Long ma anche i nostri Pierino Selmoni e Flavio Paolucci), parallelamente all’amico varesino Panza di Biumo, si può affermare che nei primi anni Novanta la passione di Phil Rolla si sia concentrata verso una fotografia contemporanea di ricerca, indipendentemente dalle stagioni e dalle tecniche, volendo inseguire il proprio gusto e la qualità intrinseca dell’immagine.

Tutto ciò ha fornito il materiale per le esposizioni che la Fondazione ha messo in campo dal 2010. Citiamo alcune letture di grandi classici (Josef Sudek, Edward Weston, Hiroshi Sugimoto), le riscoperte e gli inediti (Ruth Hallensleben), le collettive e, non da ultimo, il sostegno a progetti di giovani fotografi (Giuseppe Chietera, Fabio Tasca). Insomma, per quanto riguarda il Canton Ticino, un aggiornamento culturale importante nel mondo dell’immagine fotografica.

Altra sorpresa: il consueto libretto che accompagna la mostra contiene un contributo di assoluto rilievo, quello di Robert Adams (1937), fotografo americano, amico dell’autore, protagonista dell’importante esposizione New Topographics del 1975 e ad oggi ancora uno dei maggiori fotografi viventi nell’ambito delle fotografia di paesaggio.

La lettura del grande fotografo è tutta concentrata sull’esperienza che l’autore ha potuto vivere, il camminare nei frutteti «con il suo splendido ritmo di luce e ombra», sottolineando come l’atto fotografico possa costituire una sorta di «riconciliazione», capace di evocare speranze («una porta sembra aprirsi», conclude Adams).

In estrema sintesi potremmo dire che il titolo dell’esposizione, Where I came from, più che ad una semplice ricerca delle radici, indichi – proprio nell’intenzione di individuare un punto di partenza e di origine – una successiva, personale traiettoria capace di dare, nel tempo presente, significato al percorso attuale, e parallelamente, mettere in fila tutta una serie di ricordi, l’evolversi delle proprie scoperte visive e culturali. E queste ultime, nel caso di Phil Rolla, nel vasto mondo delle immagini, sono state molte e felici.